Il PMLI in prima fila a Roma al fianco degli operai in sciopero
Il grande sit-in della Fiom conquista piazza del Popolo
Svolto un breve corteo di protesta contro i divieti di Alemanno. Fischiata la Camusso

Dal corrispondente della Cellula "Rivoluzione d'Ottobre" di Roma
Migliaia di operai della FIAT e di Fincantieri e della componentistica di tutta Italia, hanno partecipato animosamente allo sciopero generale indetto dalla FIOM per venerdì 21 ottobre. Uno sciopero osteggiato con tutti i mezzi mediatici e polizieschi, resuscitando ancora le immagini della "guerriglia" di sabato 15 ottobre e poi con il divieto di manifestare illegittimo e fascista del neopodestà di Roma Alemanno, riecheggiato dal ministro fascio-leghista Maroni, che ha limitato una manifestazione organizzata da tempo in un semplice sit-in a Piazza del Popolo.
I metalmeccanici però non si sono abbassati alle provocazioni e alle più che ingiuste demonizzazioni, e hanno voluto mostrare come siano sempre in prima linea nelle lotte non solo sindacali ma anche sociali, e perciò partendo da Villa Borghese hanno improvvisato un brevissimo corteo, il quale ha costretto il blocco del traffico all'altezza di piazzale Flaminio fino a quando tutti gli operai non avessero riempito Piazza del Popolo.
Il divieto di manifestare è senza dubbio un fatto gravissimo, ma la risposta della piazza è stata positiva e la condanna di Alemanno univoca. In realtà il fatto che la piazza fosse già piena al momento del primo intervento dal palco ha indotto un maggiore interesse per ognuna delle testimonianze dei lavoratori dei vari stabilimenti, andate avanti per oltre un'ora e mezza. La situazione migliore per poter ricostruire lo stato di crisi che attraversa l'Italia, passando per la voce degli stessi operai, che li sta vedendo pagare in prima linea, con la cassa integrazione, licenziamenti e mutilazioni dei diritti sindacali e politici che vede le condizioni di lavoro regredire di un secolo.
Ad aprire gli interventi una lavoratrice della Irisbus, appartenente al gruppo FIAT, che produce mezzi di trasporto pubblico tra i più innovativi e che sta vedendo chiudere lo stabilimento di Avellino con gli operai senza stipendio che da più di 100 giorni sono in lotta e protestano contro la decisione. Sempre del settore della produzione di Bus c'è stata la testimonianza dell'altra realtà nazionale, la Breda Menarini di Bologna appartenente a Finmeccanica che vede lo stabilimento prossimo alla chiusura. Con la stessa Finmeccanica che ritiene più redditizia la produzione di armi e vede nel grande stabilimento bolognese la possibilità di speculazione in virtù della vicinanza alle strutture della Fiera, quando è evidente l'arretratezza del parco autobus in Italia e sia la Menarini che la Irisbus siano tra i migliori costruttori di veicoli innovativi e puliti per l'ambiente.
Vivissimi gli interventi da tutti gli stabilimenti FIAT, da Termini Imerese che vedrà presto la chiusura senza ancora una soluzione per i lavoratori, da Mirafiori dove la produzione si è dimezzata dal 2006 al 2010 e ancora nell'ultimo anno e mezzo, con due vetture a fine produzione e 40 giorni lavorati dall'inizio dell'anno, che trova riprodotte condizioni di lavoro insostenibili e la sola prospettiva di ancora 2 anni di cassa integrazione, con 15 mila operai senza un futuro chiaro. E ancora le testimonianze da Cassino (Frosinone) che è sempre più dentro la crisi, con due vetture alla fine del ciclo produttivo e una produzione già ridotta alla metà. Da Melfi che ha portato sul palco i tre licenziati da Marchionne per "sabotaggio". Dalla Maserati di Modena che dal 18 ottobre fanno 2 ore al giorno di sciopero contro l'accordo di Pomigliano che li ha raggiunti e che minaccia la chiusura dello stabilimento. La FMA di Pratola Serra (Avellino) che produce motori, che ha visto dal 2008, 600 giorni di cassa integrazione e prospettive ancora meno felici, con Marchionne che ha promesso la costruzione di un nuovo motore 1800 cc (del futuro SUV della FIAT che forse verrà prodotto dal 2015) che non basterebbe a coprire 1/6 dell'efficacia produttiva degli impianti e che di fatto non dà nessuna garanzia per i lavoratori.
Infine, l'intervento di un operaio di Pomigliano d'Arco (Napoli), centro della grande rapina chiamata Fabbrica Italia perpetrata dalla FIAT di Marchionne, che è l'esempio lampante di come si vogliano stravolgere ovunque i rapporti sindacali, cercando di mettere i lavoratori l'uno contro l'altro al prezzo di ricatti e la cancellazione di diritti e sicurezza. Un progetto quello di Pomigliano che vedrà la produzione della nuova Panda, insufficiente a impiegare tutta quanta la forza lavoro che finora produceva la bellezza di 4 vetture Alfa Romeo.
Insieme alla FIAT, sempre unita la voce combattiva degli operai della Fincantieri, degli stabilimenti di Palermo, Trieste e Muggiano che rischia la chiusura. Da Sestri Ponente, con gli operai che dal 1° ottobre hanno scioperato ben 64 ore, da Castellammare di Stabia, affermando la necessità dello sciopero e la lotta contro le posizioni filopadronali della CISL e della UIL. E infine da Marghera e da Ancona si sono alzate le voci simbolo dell'unione e della solidarietà di classe mai affievolitasi tra i lavoratori dei cantieri navali. Che li ha visti a Marghera rifiutare lo spostamento di un carico di lavoro da Ancona per accelerare la chiusura di quest'ultima. E la risposta di Ancona che sembra racchiudere l'esasperazione di tutti gli operai e i lavoratori in lotta, che ha aspramente condannato l'amministratore delegato di Fincantieri, il "Marchionne senza maglioncino", Bono, che dopo 2 anni di trattative ha imposto agli operai un recupero di efficienza di produttività del 20% per poi ricambiare il sacrificio con 2.500 "esuberi" nel nuovo piano industriale presentato a giugno che prevedeva proprio la chiusura di Ancona e che è stato duramente respinto in tutti i cantieri. Importante, infine, il grido lanciato dall'operaio di Ancona alla Camusso di ritirare la firma dall'accordo del 28 giugno.
Dopo gli interventi dei delegati, hanno parlato Landini e la Camusso.
Landini, con un discorso piuttosto sentito dalla piazza, ha rimarcato il bisogno di un vero piano industriale che in Italia manca, con i 20 miliardi promessi che forse non ci saranno mai, dove l'unico investimento più delineato, sembra essere per Pomigliano, appena 700 milioni di euro, fondi che sicuramente verranno rinviati. Ha ricordato l'infame decisione di chiusura di Termini Imerese senza garanzia per i lavoratori che perderanno il posto. E le 700 lettere di licenziamento per i lavoratori della Irisbus. Infine ha parlato di cosa si nasconde dietro il progetto Fabbrica Italia di Marchionne che garantirà solo cassa integrazione, mobilità e licenziamenti, a cui va a braccetto l'emulo Bono che non ha un piano industriale per Fincantieri che eviti il "massacro" dei lavoratori, delle famiglie e di intere zone soprattutto del Sud, ricordando l'urgenza di cancellare l'articolo 8.
Fischiata invece sonoramente la Camusso, prima ancora di prendere la parola. È evidente che gli operai sono esasperati e non possono perdonarle la firma messa sull'accordo del 28 giugno che di fatto ha visto la CGIL cadere sullo stesso piano di CISL e UIL, sul quale in verità Landini ancora non riesce a prendere una posizione chiara; accordo che apre senza mezze misure alla cancellazione del contratto collettivo nazionale, sostituito dalle deroghe e il contratto aziendale, e va a limitare le libertà sindacali e del diritto di sciopero, che fanno solo il gioco della grande borghesia.
A condividere lo sciopero e la lotta degli operai FIOM non poteva mancare il PMLI, che ha preso posizione a fianco agli operai della Irisbus di Avellino proprio sotto il palco, con il consueto corpetto e il tagliente cartellone con il manifesto "Il nuovo Valletta Marchionne ha restaurato le relazioni industriali mussoliniane" molto apprezzato proprio dai lavoratori avellinesi. Infatti al termine della manifestazione una delle lavoratrici ha chiesto se poteva portare a casa il manifesto con il Valletta-Marchionne in veste fascista che naturalmente le è stato offerto.

26 ottobre 2011