Discorso di Dario Granito per il 27° anniversario della scomparsa di Mao
Che i giovani prendano Mao come modello unendosi al PMLI per buttar giù il governo del neoduce Berlusconi

Compagne e compagni, amiche e amici,
in occasione del 27° anniversario della scomparsa, avvenuta il 9 settembre 1976 all'età di 82 anni, commemoriamo oggi Mao con forte e immutata riconoscenza per l'immenso patrimonio rivoluzionario marxista-leninista che ci ha trasmesso, a livello filosofico, ideologico, politico, teorico e pratico, attraverso il suo esempio, il suo pensiero e la sua opera di grande maestro del proletariato internazionale, delle nazioni e dei popoli oppressi. È con la stessa riconoscenza, per mantenerne viva la memoria e per apprendere dai loro insegnamenti che in particolari ricorrenze commemoriamo anche gli altri maestri, quest'anno lo abbiamo fatto rendendo onore a Stalin per il 50° anniversario della sua morte. Nel caso di Mao però il Comitato centrale del PMLI, a nome del quale vi parlo, lo fa di norma anche annualmente per adempiere al solenne impegno assunto dal Comitato centrale del PMLI, il 10 settembre 1977, di commemorarlo negli anni a venire "in quanto - è detto nella motivazione - è per noi un imprescindibile dovere internazionalista proletario, un'esigenza vitale perché è da lui che abbiamo imparato ad essere dei comunisti coerenti e ad edificare un vero Partito comunista, una necessità pratica per conservare nel tempo e tramandare alle nuove generazioni i suoi immortali e universali insegnamenti e per mantenere il Partito lontano dal revisionismo e nel solco tracciato da Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao Zedong".
Nel corso della sua intensa vita Mao è stato straordinario protagonista di grandi eventi che hanno segnato profondamente non solo la storia della Cina ma hanno avuto riflessi, echi, conseguenze e ripercussioni indelebili a livello internazionale, per il movimento operaio, per le lotte di liberazione nazionale, per il movimento studentesco e giovanile, per le donne, per tutti coloro che aspirano al socialismo e lottano, ieri come oggi, per l'emancipazione del proletariato e dell'intera umanità.
Attivista e dirigente delle lotte degli studenti, in particolare nel corso del movimento antimperialista studentesco del 4 maggio 1919 e nel periodo successivo. Combattente nell'esercito rivoluzionario nazionalista nel corso della rivoluzione antifeudale. È stato uno dei 12 delegati che, in rappresentanza di appena qualche decina di membri, parteciparono il 1° luglio 1921 al congresso di fondazione del Partito comunista cinese. Educatore e organizzatore fin da giovane dei lavoratori e promotore di sindacati di minatori, ferrovieri e altre categorie. Instancabile e lungimirante organizzatore dei contadini quali fondamentali alleati della classe operaia, riuniti nelle lotte attraverso la creazione di oltre venti leghe contadine. Promotore nel 1927 del movimento della "Insurre-zione del raccolto d'autunno", a seguito del quale organizza la prima armata rivoluzionaria degli operai e dei contadini, il primo corpo dell'Armata Rossa.
Nell'ottobre del 1934, per sfuggire all'accerchiamento nel corso delle campagne di annientamento dei comunisti condotte dall'esercito reazionario del Guomindang capeggiato da Jiang Jieshi, Mao dirige l'Esercito rosso nella Lunga marcia, epica impresa politico-militare, che attraverso un percorso a piedi di 12.500 chilometri, segnato da quotidiani combattimenti e da sacrifici immensi, porterà a salvaguardare per l'essenziale le forze armate rivoluzionarie e consentirà in seguito di conquistare la vittoria finale della rivoluzione di nuova democrazia e la fondazione il 1° ottobre 1949 della Repubblica popolare cinese.
Negli anni '50 Mao consolida la dittatura del proletariato e dirige lo sviluppo al tempo stesso della rivoluzione e dell'edificazione socialiste. Mentre dopo il XX Congresso del PCUS e il colpo di stato kruscioviano, inizia il suo smascheramento e attacco frontale al revisionismo moderno, in difesa di Stalin e del marxismo-leninismo. In tal modo ha consentito anche ai primi quattro pionieri del PMLI, con il compagno Scuderi alla loro testa, di acquisire le armi ideologiche e la coscienza politica essenziale per porre le basi della fase di preparazione e in seguito della fondazione del Partito marxista-leninista italiano. In questo senso determinanti sono stati gli insegnamenti di Mao forniti a tutti i sinceri marxisti-leninisti ovunque nel mondo, con la Grande rivoluzione culturale proletaria e la teoria della continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato, l'ultimo e più prezioso lascito della sua immensa opera che ha arricchito e sviluppato ulteriormente la teoria rivoluzionaria marxista-leninista.
Mao è stato e rimane un modello di marxista-leninista a cui ispirarsi, anche se ci sentiamo inadeguati e insufficienti di fronte al suo esempio che per tanti aspetti è insuperabile. Ma se siamo animati dall'autentico spirito di servire il popolo con tutto il cuore, dobbiamo e possiamo imparare molto da lui, in modo serio, sistematico, programmato e concreto, basta volerlo. Anche se siamo un poco avanti con l'età, non è mai tardi per farlo, ma sono soprattutto i giovani e giovanissimi, ragazze e ragazzi, che possono trovare nel pensiero e nell'opera di Mao quegli elementi di cui sono alla ricerca per il loro orientamento politico rivoluzionario e l'incoraggiamento a superare le inevitabili difficoltà che incontrano, anche a livello familiare e nell'ambito scolastico, nel portare avanti le loro giuste e legittime scelte rivoluzionarie e marxiste-leniniste.
Mao aveva delle qualità e delle capacità eccezionali, questo è certamente vero, ma soprattutto è stato sempre insaziabile nello studio, mai superficiale nell'analisi della situazione concreta cui applicare le sue conoscenze, sempre proteso alla ricerca della verità nei fatti, partecipe costante della lotta di classe, ed è per questo che è riuscito come dobbiamo fare tutti noi, a trasformare passo dopo passo la sua concezione del mondo e a dare il suo personale incommensurabile contributo, che tutti gli riconosciamo, alla rivoluzione socialista nel suo paese e a livello internazionale.
Che Mao sia divenuto un maestro al pari degli altri maestri del proletariato internazionale è un dato di fatto, ma egli ha sempre mantenuto un atteggiamento modesto e di allievo delle masse, anche se non si è certo tirato indietro quando spettava a lui assolvere il ruolo di maestro e di dirigente rivoluzionario che gli eventi gli assegnavano. Di sé disse con molta semplicità "Io sono un eroe per mancanza di altri"1, la sua opinione era "Bisogna comprendere che i veri eroi sono le masse, mentre noi siamo spesso infantili e ridicoli; se non comprendiamo questo - diceva -, non potremo acquisire neppure le nozioni più elementari"2.
Non dobbiamo allora, adottando il suo stesso atteggiamento, guardare a Mao come fosse un semidio, un'icona da ammirare e onorare in maniera formale, un mito fuori dalla nostra realtà, ma considerarlo colui che può ispirare i nostri pensieri in senso proletario rivoluzionario e di conseguenza guidare le nostre azioni concrete nel corso della lotta di classe. È questo che certamente avrebbe voluto lui stesso, "Noi - ha affermato - non crediamo a niente altro se non alla scienza, ciò significa che non bisogna avere miti. Sia per i cinesi che per gli stranieri, si tratti di vivi o di morti, ciò che è giusto è giusto, ciò che è sbagliato è sbagliato, altrimenti si ha il mito. Bisogna liquidare i miti"3.
Questo suo atteggiamento così disinteressato al servizio delle masse e rigorosamente scientifico anche verso se stesso, ce lo fa amare, stimare e sentire particolarmente vicino anche se purtroppo da tempo non è più fisicamente tra noi, ma continuano a parlarci per lui i suoi scritti e l'esempio della sua vita.
Ovviamente neppure Mao era nato marxista-leninista, lo è divenuto attraverso un percorso piuttosto complesso e relativamente lungo dovut o alla stessa situazione politica e sociale in cui ha vissuto la sua giovinezza. Alcuni aspetti della sua ricerca e scoperta giovanile del marxismo-leninismo, presentano non poche analogie - sia pure tenuto conto delle differenze storiche - con i problemi che anche le ragazze e i ragazzi di oggi debbono affrontare, come abbiamo già sottolineato, per trovare la strada che li porti a lottare come fece Mao, lui per "salvare la Cina" prima con la rivoluzione di "nuova democrazia" e poi con quella socialista, noi per guidare il proletariato sulla via dell'Ottobre e realizzare l'Italia unita, rossa e socialista.
Come è noto Mao era figlio di contadini poveri e come tale visse gli anni della prima infanzia, cominciando a lavorare la terra quando aveva solo sei anni. A otto cominciò ad andare alla scuola elementare, ma continuando a lavorare nei campi fuori dell'orario scolastico. Suo padre era molto esigente e severo con lui e lo picchiava quando non rispondeva ai suoi voleri. La situazione peggiorò quando, avendo accumulato un certo capitale ed acquistato altra terra, egli divenne un contadino medio, assumendo anche un bracciante.
Mao che non condivideva la mentalità da arricchito del padre e la sua concezione dello sfruttamento salariato altrui, solidarizzava col bracciante e contestava le angherie paterne dirette anche contro la madre e i fratelli. Suo padre voleva farne un amministratore della proprietà familiare e appena Mao imparò a scrivere lo obbligò a tenerne nottetempo la contabilità. In seguito, dato che gli interessi di Mao erano ben altri, rivolti alle scienze sociali e alla lotta politica, il padre cercò di ricattarlo ma senza successo, rifiutandosi di finanziargli gli studi.
Quando aveva 10 anni, a scuola Mao si ribellò all'insegnante reazionario che comandava a bacchetta gli alunni e spesso li picchiava. Costui gli ordinò di alzarsi per recitare la lezione, Mao si rifiutò di farlo e con un coraggio non comune, tenuto conto dei tempi, gli disse chiaro e tondo "Se lei mi può sentire bene stando seduto perché dovrei alzarmi per recitare?". Il maestro andò su tutte le furie e Mao per sfuggire alle sue percosse e a quelle che a casa avrebbe sicuramente ricevuto in aggiunta dal padre, prese e uscì repentinamente da scuola e per tre giorni vagò nelle campagne, finché i suoi non lo rintracciarono. Questo suo "sciopero vittorioso", come lo definì molti anni più tardi, gli insegnò che bisognava lottare contro le ingiustizie, non piegare il capo e subirle passivamente. Infatti suo padre ebbe in seguito verso di lui un atteggiamento di maggiore considerazione e anche il suo insegnante dimostrò più rispetto. È famosa la parola d'ordine che Mao lanciò all'epoca della Grande rivoluzione culturale proletaria, nel 1966, quando rivolgendosi alle giovani Guardie rosse disse "È giusto ribellarsi contro i reazionari"4.
Prima di arrivare a scoprire e abbracciare il marxismo-leninismo, Mao ha vissuto varie esperienze, studiato e letto innumerevoli libri come fanno in genere molti giovani, partecipato alle lotte che scuotevano la Cina a quell'epoca per sottrarsi al dominio del feudalesimo, del colonialismo e dell'imperialismo. Da bambino aveva ricevuto dalla madre anche una educazione religiosa di tipo buddista che via via però, attraverso le nuove conoscenze scientifiche acquisite, giunse a superare e abbandonare definitivamente.
Nell'ottobre del 1911, non ancora diciottenne, Mao partecipa al movimento rivoluzionario contro il dominio imperiale della dinastia Manciù, contro l'imperialismo straniero e per trasformare la Cina in una repubblica. A quel tempo la pettinatura tradizionale voluta dall'imperatore imponeva che gli uomini anche i giovani portassero il codino, Mao allora si fece promotore insieme ad altri studenti di un atto di aperta ostilità e ribellione senza precedenti verso l'oppressione imperiale, si tagliò il codino e reclamò l'abolizione generale dell'obbligo dei codini.
Negli anni successivi le sue idee politiche cominciarono a prendere forma, ma erano ancora confuse e intrise, come accade spesso da giovani, di idealismo, posizioni anarchiche, riformismo democratico, liberalismo e socialismo utopistico. C'è da considerare che nella Cina di allora non erano diffuse e facili da reperire opere marxiste-leniniste tradotte in cinese. Solo nel 1920, quando aveva 27 anni, Mao finalmente ha tra le mani e può leggere e studiare "Il Manifesto del Partito comunista" di Marx ed Engels e cominciare ad impadronirsi della teoria rivoluzionaria, che andava cercando da lungo tempo. Da quel momento in poi, Mao diventa un marxista-leninista e continuando assiduamente a studiare, unisce la teoria alla pratica rivoluzionaria e su tale base organizza senza più soluzione di continuità la lotta politica dei lavoratori e delle larghe masse popolari cinesi.
"Un tempo - ricorderà in seguito - io avevo una quantità di idee non marxiste e solo in seguito ho assimilato il marxismo. Ho studiato un po' di marxismo sui libri iniziando così a trasformare la mia ideologia, ma la trasformazione si è realizzata soprattutto nel corso di una lotta di classe prolungata. E io devo continuare a studiare se voglio ancora progredire, altrimenti tornerei indietro"5.
Ha perfettamente ragione Mao, anche noi soprattutto nell'attuale situazione politica del nostro Paese, in cui domina il governo neofascista Berlusconi ed è stata rimessa la camicia nera all'Italia, dobbiamo continuare a studiare le sue opere e quelle degli altri maestri per agire correttamente nel corso della lotta di classe, cioè imparare a integrare la verità universale del marxismo-leninismo-pensiero di Mao con la pratica concreta della rivoluzione socialista nel nostro Paese, che è la sola e sicura garanzia di vittoria e di poter realizzare, guidati dal PMLI, l'Italia unita, rossa e socialista.

IL GOVERNO BERLUSCONI
Che quella di Berlusconi era una nuova marcia su Roma e che in lui la classe dominante borghese aveva trovato il nuovo Mussolini con cui rimettere la camicia nera all'Italia, quando noi marxisti-leninisti lo denunciammo nel 1994, allorché per la prima volta si installò a Palazzo Chigi, era una verità più che evidente e che il nostro Partito aveva ben compreso e messo nitidamente a fuoco. Ma né la nostra denuncia, né l'appello lanciato dal PMLI per farlo cadere subito prima che il neoduce potesse provocare danni irreparabili con la sua strategia neofascista, trovò eco nei massmedia, neppure in quelli vergognosamente compiacenti della "sinistra" borghese, che lo sottovalutarono. Nessuno raccolse allora a livello parlamentare il nostro allarme antifascista. Così è stato sciaguratamente anche in occasione dell'insediamento nel 2001 del secondo governo Berlusconi. Il neoduce ha potuto in tal modo fare molta strada senza essere minimamente ostacolato a livello istituzionale, anzi ricevendo regolarmente la benedizione del massone, liberista, nazionalista e interventista Ciampi, e ora si accinge a completare l'opera di restaurazione del fascismo con la controriforma costituzionale, utilizzando abilmente il paravento di nuove forme, nuovi metodi e nuovi vessilli, che non ne mutano in alcun modo la sostanza, secondo le linee direttrici del famigerato cosiddetto "Piano di rinascita democratica" e dello "Schema R", elaborati nel 1975 e che erano farina del sacco della P2 di Gelli, di Craxi e non a caso dello stesso Berlusconi.
La rivalutazione di Mussolini che egli ha fatto in questi giorni su un settimanale inglese, conferma che Berlusconi è una copia in doppio petto del dittatore fascista. Ora che finalmente anche la "sinistra" borghese si è accorta che Berlusconi è uguale a Mussolini perché non mobilita le masse antifasciste, lei che ne ha ancora il controllo, per buttar giù il governo del neoduce Berlusconi? Non vorrà mica aspettare un altro ventennio di dittatura fascista?
Oggi, alla luce di tutte le misure già adottate, di quelle che bollono in pentola e di quelle che prevedibilmente il neoduce ha "in pectore" e attuerà al momento che riterrà opportuno, anche il più sprovveduto degli sprovveduti a livello politico dovrebbe prendere atto che questo è un governo neofascista senza mezzi termini, che la Repubblica democratica borghese uscita dalla Resistenza è stata ormai affossata, la Costituzione ridotta a carta da macero e che con la seconda repubblica siamo piombati in pieno in un regime capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista che ha analogie macroscopiche con quello mussoliniano, sicuramente nei fatti se non in certi aspetti puramente formali che pure non mancano. Pensiamo anche solo ai due fasci littori restaurati e messi in bella mostra alla recuperata ambasciata italiana dell'epoca nazista a Berlino, inaugurata sfarzosamente da Ciampi nel giugno scorso. Dopo la Liberazione dal nazifascismo c'era la caccia alla distruzione dei simboli fascisti, ora invece c'è la corsa da parte del neoduce alla loro riesumazione, nel tentativo di cancellare anche visivamente la Resistenza e saldare il ventennio fascista alla seconda repubblica, che del regime fascista è una riedizione debitamente adattata ai tempi nostri.
Eppure al Meeting di Rimini di "Comunione e Liberazione" confrontandosi con Gianfranco Fini, Massimo D'Alema, che con gli eredi del fascismo ormai ci va a braccetto e di recente ha persino reso omaggio al fucilatore di partigiani Giorgio Almirante in un vomitevole duetto con la di lui vedova, ha affermato come se nulla fosse accaduto e per l'ennesima volta che "In Italia non c'è un regime, c'è solo un cattivo governo". Abbiamo allora torto o ragione a sostenere che questa "sinistra" borghese si sta comportando proprio come i suoi predecessori che negli anni '20 non colsero a tempo il pericolo rappresentato dal fascismo e finirono per spianare la strada a Mussolini, alla sua conquista del potere e al ventennio di dittatura fascista, rendendosene conto quando ormai era troppo tardi?
In questi due anni di governo, Berlusconi e i suoi gerarchi in doppio petto, con le controriforme istituzionali e le altre misure attuate o in corso d'opera in campo economico e sociale, hanno spostato interamente a destra il baricentro della politica italiana, messo le mani e piazzato propri donne e uomini fidati e comunque accondiscendenti, in ogni centro decisionale e di potere politico, economico, finanziario e dell'informazione, vedi per ultimi la Rai e il "Corriere della Sera", accaparrandosi, privatizzando e fascistizzando ogni cosa. Forti anche delle spalle coperte da Ciampi che, come fece il re Vittorio Emanuele III con Mussolini, ha spesso concordato preventivamente, in ogni caso avallato e controfirmato colpevolmente i provvedimenti neofascisti di Berlusconi.
Il loro elenco è impressionante e dà un'idea tangibile di come il neoduce stia portando avanti come un rullo compressore il suo reazionario disegno politico, facendo leva sulla maggioranza nera di cui dispone in parlamento, ma approfittando anche della collaborazione "bipartisan" della rimbambita "sinistra" del regime. Il fulcro strategico è la controriforma costituzionale, e inoltre la politica economica contenuta nel Documento di programmazione economica e finanziaria del prossimo triennio che traccia le grandi linee della Legge finanziaria 2004, la già varata controriforma del mercato del lavoro, il recentissimo golpe istituzionale per sottrarsi alla sentenza di condanna del tribunale di Milano e ai processi presenti e futuri che lo coinvolgono e la politica estera guerrafondaia, interventista e imperialista, vedi la guerra di aggressione all'Iraq. Ci torneremo tra poco, ma vediamo intanto alcune perle nere inanellate dal neoduce più di recente, non in ordine di importanza.
Per quanto riguarda l'ambiente tutta la legislazione relativa alle acque, aria, suolo, rifiuti e aree protette è stata concentrata nelle mani del governo, esautorando il parlamento e gli enti locali, quindi porte spalancate alla speculazione privata capitalistica, piduista e mafiosa. Mentre per responsabilità di questo governo e di quelli che l'hanno preceduto, i disastri ambientali si susseguono, per ultimo quello dell'alluvione del Friuli e in questi giorni nel Meridione in particolare in Puglia e a Napoli, provocando vittime e distruzioni.
Per gli armamenti, coerentemente con la politica governativa interventista e bellicista, è stata decisa a beneficio dei produttori di arsenali militari, la deregulation sul controllo, il commercio e l'esportazione di armi.
Militarizzazione in espansione delle città, con l'introduzione del famigerato "poliziotto di quartiere", e più in generale dell'intero Paese per controllare le masse in lotta, col decreto sullo stato di emergenza nazionale che col pretesto del "delicato panorama internazionale" ha conferito poteri speciali alla Protezione civile che ne risponde unicamente e direttamente al neoduce.
Legge Tremonti per il fisco da capitalismo selvaggio, che taglia le tasse ai ricchi, alle grandi società e alla rendita finanziaria, cancellando il criterio della tassazione progressiva dei redditi in proporzione alla crescita della loro entità.
Legge Gasparri per rendere inattaccabile l'impero mediatico berlusconiano, avviare la privatizzazione Rai nell'ottica della sua dissoluzione nel monopolio Mediaset e realizzare la cancellazione del servizio pubblico.
Controriforma liberista sulle pensioni, ormai in dirittura d'arrivo, con cui si vuol tagliare drasticamente la spesa pensionistica, smantellare la previdenza sociale pubblica a favore di quella privata con lo scippo ai lavoratori dipendenti del trattamento di fine lavoro, allungare l'età pensionabile e abolire le pensioni di anzianità. Se questa controriforma viene confermata, noi invitiamo tutte le organizzazioni sindacali dei lavoratori, in primo luogo la Cgil, a proclamare immediatamente lo sciopero generale.
Libertà di licenziamento per il padronato, con la modifica e in prospettiva la cancellazione dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, che finora ha difeso almeno in parte i lavoratori dal licenziamento senza giusta causa, diritto che non è stato possibile tutelare e ampliare dato il sabotaggio di Cisl e Uil e del "centro-sinistra", col crumiro Cofferati in testa, attraverso il referendum cui è mancato il quorum di votanti sufficiente.
La stangata del nuovo prontuario farmaceutico con cui è stata allargata la fascia dei farmaci interamente a carico dei malati e aumentati i prezzi a profitto dei capitalisti farmaceutici, nel quadro dello smantellamento complessivo, già in fase avanzata, del sistema sanitario nazionale, ospedali inclusi, ovvero della sanità pubblica ulteriormente massacrata dall'ultima Legge finanziaria.
La legge delega al governo e alla ministra Moratti per il varo, sul modello di quella del filosofo del fascismo Giovanni Gentile, della scuola classista, meritocratica, aziendalista e federalista attraverso cui la formazione scolastica finisce nelle mani di padronato, regioni e chiesa cattolica. Con tanto di "bonus" per chi frequenta le scuole private e il taglio invece dei finanziamenti alla scuola pubblica.
Fascistizzazione dei servizi segreti sempre più somiglianti all'Ovra, la tristemente famosa polizia segreta di Mussolini, con il loro affrancamento da ogni controllo della magistratura e del parlamento e l'assoggettamento unicamente all'esecutivo e personalmente al presidente del Consiglio.
Tra i provvedimenti neofascisti precedenti a questi sono da annoverare, solo per ricordarne alcuni, l'ignobile legge Cirami antimagistrati sul "legittimo sospetto" e quella sulle rogatorie internazionali. La legge truffa sul "conflitto di interessi". La legge razzista, xenofoba, schiavista e fascista antimmigrati Bossi-Fini. Il decreto Lunardi sulle "grandi opere" nel cui ambito si colloca il megaprogetto speculativo della costruzione del Ponte sullo stretto di Messina. La depenalizzazione del falso in bilancio per le società e il provvedimento che premia il rientro dei capitali illegalmente esportati all'estero, per lo più fondi neri e tangenti delle grandi imprese, a cominciare da quelle di proprietà del neoduce.
Ma come abbiamo già rilevato, tutte queste misure neofasciste sono il contorno del piatto forte costituito per Berlusconi dall'abbattimento strategico dei residui istituzionali della prima Repubblica democratica e antifascista per legittimare e coronare la seconda repubblica. Portando a compimento il progetto da sempre perseguito nel dopoguerra dalla destra della classe dominante borghese e che ormai è a un passo dalla meta se la piazza, la classe operaia, i lavoratori, i pensionati, le masse giovanili e studentesche, non glielo impediranno. Ma andiamo per ordine.

LA POLITICA ESTERA
L'Italia è uno dei paesi imperialisti che ha più soldati all'estero, dall'Afghanistan al Kosovo, dalla Bosnia all'Etiopia e in vari altri paesi, ora anche in Iraq con la missione militare "Antica Babilonia". A dimostrazione che la politica estera di Berlusconi è interventista, bellicista, espansionista, non dissimile da quella dei precedenti governi anche di "centro-sinistra", ma che il neoduce ha potenziato e sviluppato ulteriormente in modo esponenziale, come riflesso della sua politica interna neofascista e per soddisfare le esigenze dei capitalisti che lo hanno elettoralmente sponsorizzato, Confin-dustria di D'Amato in testa, e che si aspettano da lui in contropartita, per tenere a bada la concorrenza degli imperialisti di altri paesi, "un posto al sole" per l'Italia come già a suo tempo si impegnò ad assicurare Mussolini, con la sua politica colonialista di aggressione, stragi e rapine a danno di altri popoli e nazioni.
Anche nell'ambito della superpotenza europea, Berlusconi sgomita per farsi spazio e assicurare un ruolo da comprimario delle potenze europee più forti al nostro Paese a livello politico, economico e istituzionale. Anche se le sue mire sono ancora più ambiziose e vorrebbe svettare sugli altri leader, forte dei rapporti stretti, personali e privilegiati che intrattiene sia con Bush che con Putin.
Attualmente si sta dando un gran daffare per capitalizzare al meglio il suo incarico di presidente della Ue imperialista, durante il semestre europeo italiano, e per il varo della Costituzione presidenzialista europea che ambirebbe avesse Roma come sede di approvazione definitiva e lui stesso a rubare scena e prestigio a tutti gli altri, quale premier ospitante.
Finora il "capolavoro" imperialista più infame del neoduce è stata la guerra di aggressione all'Iraq , in cui il nuovo Mussolini Berlusconi ha spalleggiato appieno il nuovo Hitler Bush, per poter partecipare al banchetto della "ricostruzione" e della spartizione delle ricchezze depredate al popolo iracheno da parte degli avvoltoi imperialisti, Blair, Aznar e lui stesso, che hanno dato man forte a Bush.
Il 19 marzo, con una ipocrita formula del tutto simile alla "non belligeranza" mussoliniana, con cui il fascismo preparò tra il '39 e il '40 l'entrata in guerra dell'Italia a fianco della Germania nazista. Con una elaborazione, realizzata in combutta con Ciampi per aggirare l'ostacolo dell'art.11 della Costituzione, che vieterebbe all'Italia di utilizzare la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e per risolvere le controversie internazionali. Berlusconi è riuscito, incassando anche l'astensione di DS e Margherita, a schierare di fatto e concretamente l'Italia a fianco degli Usa nella guerra di aggressione all'Iraq.
Basti ricordare il ruolo, che si è poi scoperto, hanno svolto sul territorio iracheno i servizi segreti militari italiani in preparazione dell'invasione americana e la concessione dell'uso dello spazio aereo e delle basi militari sul suolo italiano alle forze di aggressione statunitensi. Se non è questa una partecipazione attiva alla guerra, che altro è?
Del resto anche Bush, rivolgendosi a Berlusconi, l'ha riconosciuto apertamente e con gratitudine.
Il neoduce ora ha completato l'opera, piazzando un contingente di 2.500 uomini nel paese occupato da americani e inglesi, entrando anche formalmente in guerra dopo che lo aveva già fatto nella pratica.
Tutto ciò in totale spregio non solo della Costituzione, ma della volontà contraria all'aggressione imperialista all'Iraq della stragrande maggioranza del popolo italiano espressa in innumerevoli, partecipate, grandiose manifestazioni, ricordiamo per tutte quella storica del 9 novembre a Firenze con un milione di manifestanti provenienti da tutto il mondo su iniziativa del Social Forum Europeo, cui prese parte una rossa delegazione del PMLI, combattivamente diretta dal Segretario Generale del Partito, Giovanni Scuderi.
Alla vigilia dell'aggressione il nostro Partito espresse la sua ferma, dura e militante condanna tramite un documento dell'Ufficio politico affermando "Si tratta di una guerra di aggressione imperialista, ingiusta, ingiustificata, illegittima e illegale del tutto simile a quella di Hitler che ha scatenato la seconda guerra mondiale".

LA POLITICA ECONOMICA
Sul fronte economico interno, dopo le roboanti promesse elettorali di Berlusconi su un quinquennio di prosperità e benessere grazie alle sue capacità imprenditoriali trasferite a livello di governo del Paese, siamo in pratica in una situazione di recessione economica capitalistica.
Lo segnalano ormai tutti gli indici, in particolare quello del crollo della produzione nei vari settori industriali, come non accadeva da anni, e le prospettive appaiono ancora più cupe, considerato che il fatturato continua ad essere in diminuzione, gli ordinativi languono, le esportazioni cedono e nelle grandi imprese, soprattutto quelle dell'industria, nei primi sei mesi dell'anno sono andati persi 22 mila posti di lavoro.
Per contro l'inflazione aumenta, il 2,8% quella registrata ufficialmente ad agosto, molto più pesante quella reale, con l'impennata soprattutto dei prezzi dei prodotti alimentari, con i pensionati poveri alla fame e le famiglie dei lavoratori costrette a stringere la cinghia, vista la costante riduzione del potere d'acquisto di pensioni e salari e di conseguenza il netto calo dei consumi.
Dati ufficiali denunciano che l'11% delle famiglie vivono in povertà, pari a oltre 7 milioni di persone che hanno una spesa pro capite di poco più di 800 euro mensili. C'è però una fascia estremamente ampia di quasi poveri che possono disporre di qualcosa di più, circa 1.000 euro pro capite mensili, ma che faticano ad arrivare alla fine del mese. Ci sono poi 3 milioni di molto poveri, in maggior parte pensionati sociali, che non arrivano a 600 euro di spesa in coppia mensile. Questo sarebbe il "Bel Paese" promesso da Berlusconi in campagna elettorale.
Le previsioni governative di crescita del Pil, il prodotto interno lordo, ogni anno si annunciano positive per poi ridimensionarsi drasticamente mese dopo mese, per il 2003 siamo già arrivati al dimezzamento ma probabilmente non si arriverà nemmeno allo 0,4%.
Per la Finanziaria del prossimo anno l'iniziale ottimistico 2%, previsto, di incremento del Pil è già retrocesso all'1,5%, ma non è per nulla credibile, mentre è in crescita il deficit del bilancio dello Stato. Si preannuncia quindi una pesante manovra economica, per cercare di tenere a galla la barca capitalista, di marca neoliberista, neocorporativa, antipopolare e familista che avrà al centro come elemento portante il taglio delle pensioni e ulteriori salassi per la sanità, la scuola, i servizi sociali pubblici e il blocco dei salari, mentre ciò che rimarrà del maltolto ai poveri, ovvero ai lavoratori, pensionati e masse popolari, andrà a ingrassare i ricchi, i profitti e le grandi società per le quali è in cantiere la riduzione dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche, ma non quella delle tasse sulle buste paga.
Finora si è parlato di una stangata, con la Finanziaria 2004, di 16 miliardi di euro ma prevedibilmente sarà superiore dato il continuo peggioramento del quadro economico di riferimento. Come ha già fatto per quest'anno, anche nel prossimo il neoduce continuerà a consumare le "una tantum" che riesce a escogitare, ma che non dureranno all'infinito. Nel 2003 ha fatto soldi col condono fiscale e la proroga del cosiddetto "scudo fiscale" che hanno rispettivamente premiato i grandi evasori e gli esportatori di capitali illegali all'estero, facendo loro chiudere i conti con il fisco a prezzi stracciati. Per il 2004 sono previste entrate per svariati miliardi dalle privatizzazioni di imprese in cui permane una presenza azionaria dello Stato o finora non era prevista la partecipazione di capitali privati, come quella dei tabacchi già incamerata, delle ferrovie, poste, Rai, Enel e altre ancora e la svendita di proprietà pubbliche in attuazione della legge che consente la cessione ai privati di edifici, monumenti e terreni, inclusi litorali e parchi, già patrimonio statale.
Si profila anche un nuovo condono in materia edilizia, che permetterebbe di sanare i loro abusi soprattutto ai grandi proprietari immobiliari e fondiari.

LA CONTRORIFORMA DEL "MERCATO DEL LAVORO"
Per consentire al padronato di continuare ad accrescere i profitti disponendo della massima flessibilità dei lavoratori e del loro utilizzo o della loro espulsione dal lavoro secondo le esigenze legate alla concorrenza capitalistica anche sui mercati esteri, Berlusconi ha condotto in porto nel giugno scorso la più iperliberista delle controriforme del "mercato del lavoro", mai vista prima.
Prendendo a base le precedenti infami misure già adottate dai governi di "centro-sinistra", quello di Prodi in particolare nel '97, allora appoggiato anche dal partito della Rifondazione trotzkista di Bertinotti, tramite il cosiddetto "pacchetto-Treu", e portandole alle estreme conseguenze, il neoduce ha cancellato in un sol colpo decenni di lotte e di diritti conseguiti a prezzo di tanti sacrifici da parte di generazioni di lavoratori. Tant'è che la Confindustria, per bocca di D'Amato, l'ha definita "la più grande riforma del mercato del lavoro mai varata nel nostro paese" e a buon motivo perché a tanto non era arrivato neppure Mussolini.
È stato spazzato via il collocamento pubblico, ora in mano alle agenzie private in rapporto diretto coi padroni e con i lavoratori posti alla mercé di un nuovo "caporalato", di truffe più facili e di raffinati ricatti. Concessa alle imprese la facoltà di frazionare singoli reparti, anche privi di autonomia funzionale, insieme ai lavoratori addetti trattati come accessori delle macchine, senza possibilità per loro di potervisi opporre. Di conseguenza azzerato il potere contrattuale collettivo, ridotti al minimo i diritti sindacali e messo in soffitta o quasi lo "Statuto dei lavoratori".
Il lavoro precario, discontinuo o flessibile diventa la regola, mentre il lavoro fisso e tutelato sindacalmente diventa l'eccezione. Per cui i "datori di lavoro" avranno mano libera nell'imporre condizioni di supersfruttamento del lavoro a fronte di un potere contrattuale dei lavoratori privo di reale tutela, sempre condizionato dalla precarietà, dal licenziamento all'orizzonte, dall'impossibilità di esercitare i propri diritti, soprattutto quello di sciopero, dal poter far valere il contratto collettivo nazionale, senza contare le discriminazioni politiche che dilagheranno come ai tempi della Fiat di Valletta e anche peggio.
Per altro con la facoltà accordata, di creare aziende che "somministrano" lavoratori anche a tempo indeterminato e con carattere di continuità ai "moloc" capitalisti, e non più solo a tempo determinato come accadeva finora con il lavoro interinale, il rapporto di lavoro tra il lavoratore e l'impresa, in cui presta anche stabilmente la propria opera, non esiste più. La cruda realtà della forza lavoro commercializzata al pari di qualsiasi altra merce, si materializza in modo mostruoso e viene codificata per legge.
In queste condizioni si verificherà un'ulteriore compressione dei livelli salariali e uno snaturamento dei sindacati, del loro ruolo di rappresentanza, tutela e attività contrattuale per conto dei lavoratori, attraverso fra l'altro l'irreggimentazione negli enti bilaterali, composti da aziende e sindacati, dove si appannerà il loro tradizionale ruolo di controparte del padronato.
Altri aspetti che peggiorano gravemente le condizioni di lavoro, sono quelli del lavoro a chiamata che costringono il lavoratore ad essere sempre a disposizione dell'azienda che lo fa lavorare quando più le fa comodo. Il lavoro suddiviso tra due lavoratori, che dovranno garantire sempre l'attività lavorativa di produzione anche in caso di assenza di uno dei due per malattia od altro, prendendo ciascuno metà salario. La liberalizzazione del part-time a favore delle aziende, che possono stabilire a loro piacimento l'orario di lavoro e pretendere lavoro supplementare e a carattere straordinario.
Peggiorata anche la normativa riguardante i soci lavoratori di cooperative, già oggi tra i più sfruttati, e le condizioni di lavoro dei cosiddetti co.co.co, i collaboratori coordinati continuativi, quei lavoratori subordinati, sottopagati e sottotutelati, contrabbandati per lavoratori autonomi, ora ulteriormente penalizzati e discriminati con il "lavoro a progetto" che, attraverso un rinnovo dopo l'altro, li può precarizzare anche per tutta la loro vita lavorativa.

IL GOLPE ISTITUZIONALE SALVA BERLUSCONI
Come preludio alla controriforma costituzionale che ha in corso d'opera, il neoduce Berlusconi ha intanto messo a segno un golpe istituzionale che gli era essenziale, perché lo mette al riparo dai processi in cui figurava imputato e precostituisce una sua permanente impunità, sia perché certi termini di prescrizione processuale sono ormai prossimi a scadere, sia nel caso di una sua ulteriore conferma a presidente del Consiglio, dopo le elezioni politiche, o se dovesse divenire, come aspira, il futuro presidente della Repubblica al posto di Ciampi.
Nel giugno scorso, con un iter parlamentare di rapidità inaudita, Berlusconi tramite la sua Casa del fascio si è fatto approvare una legge su misura che per le alte cariche dello Stato, lui "in primis" come presidente del Consiglio, sospende tutti i procedimenti giudiziari, anche quelli in corso, per qualsiasi reato commesso anche prima dell'assunzione della carica e fino alla scadenza del mandato.
Il neoduce non avrebbe potuto realizzare facilmente questo obiettivo senza che Ciampi gli reggesse il sacco. Costui infatti, nonostante la legge approvata in parlamento apparisse viziata da palese incostituzionalità, come minimo rispetto al principio che stabilisce l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, vi ha posto la sua firma in calce a spron battuto consentendone l'entrata in vigore in appena due giorni dall'approvazione, tappando la bocca alla PM Bocassini che doveva a breve pronunciare la requisitoria contro Berlusconi al processo di Milano per lo scandalo SME e bloccando la ormai certa sentenza di condanna del neoduce.
Questo infame provvedimento, è Berlusconi che l'ha sagacemente perseguito, ma è Ciampi che gliel'ha cotto a puntino. Confermando il suo ruolo di nume tutelare del neoduce, come e peggio di quello che faceva il re Savoia con Mussolini. Col pretesto di salvare il prestigio dell'Italia durante il semestre di presidenza della Ue e trincerandosi dietro la foglia di fico che il provvedimento non sarebbe apparso "manifestamente anticostituzionale", il massone Azeglio Ciampi ha apposto il suo sigillo su quella che, dalla maggior parte dei giuristi democratici, è considerata la più grave e anticostituzionale legge della storia repubblicana.
Quanto alla "sinistra" borghese, nella circostanza ha un po' latrato, ha cercato di non farsi scavalcare proponendo che il provvedimento non fosse approvato con una legge ordinaria ma costituzionale e poi alla fine ha lasciato campo libero alla Casa del fascio, rinunciando a porgli i bastoni tra le ruote in parlamento.
Ovviamente Berlusconi, ora che ha incassato questo salvacondotto giudiziario e segnato un punto fondamentale a suo vantaggio contro la magistratura, non ci ha messo un attimo a rilanciare il suo progetto piduista di separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici abolendo, se gli riesce l'accoppiata, anche l'obbligatorietà dell'azione penale, per assoggettare completamente la magistratura al potere esecutivo esattamente come avvenne durante la dittatura fascista mussoliniana, a cominciare dal regio decreto del 3 maggio 1923, l'abolizione nello stesso anno dell'elettività dei membri del Consiglio superiore della magistratura e l'anno successivo lo scioglimento dell'Associazione nazionale dei magistrati.

LA CONTRORIFORMA COSTITUZIONALE
Fin dal suo programma elettorale, Berlusconi ha palesato qual era il suo obiettivo politico fondamentale, "cambiare il paese" nei cinque anni di legislatura, intendendo con ciò di riuscire a portare a compimento quella "Grande Riforma" prefigurata da Craxi fin dal 1979 e che portava il marchio della P2. L'ha ribadito a chiare lettere nella sua conferenza stampa di fine anno, in cui ha rilanciato il presidenzialismo mussoliniano e rivendicato quei pieni poteri che lo stesso Mussolini chiese per sé nel '22 nel suo discorso di insediamento alla Camera.
Dopo averli ottenuti in parte, con la legge 3 dicembre 1922, il duce li utilizzò per consolidare il suo potere e, dopo aver creato tutte le condizioni necessarie anche attraverso la legge elettorale maggioritaria Acerbo del '23, che attribuiva i due terzi dei seggi alla lista che avesse ottenuto anche solo il 25% dei suffragi, in maniera formalmente "legale" e utilizzando, proprio come vuole fare il suo epigono Berlusconi, una procedura di revisione costituzionale, si assicurò tutto il potere esecutivo con la legge 24 dicembre 1925. Legge che esautorava il parlamento e conferiva a Mussolini la carica di primo ministro, capo del governo e segretario di Stato, con la prerogativa della nomina e della revoca dei ministri, soggetta all'approvazione puramente formale del sovrano, Vittorio Emanuele III, che condivise e avallò tutta la manovra mussoliniana.
Ricalcando pari pari le orme di Mussolini, il neoduce Berlusconi a fine luglio ha stretto i tempi insediando un apposito "Comitato" di quattro senatori: Pastore di Forza Italia, Nania di AN, D'Onofrio dell'UDC e Calderoli della Lega Nord, che nell'arco del solo mese d'agosto, ha partorito quel disegno di legge costituzionale il quale, una volta approvato, riporterebbe indietro le lancette del nostro Paese di ottant'anni, al periodo più nero di instaurazione dell'aperta dittatura fascista.
Esagerazioni? Purtroppo assolutamente no. Basta vedere quali sono i capisaldi del progetto di controriforma berlusconiano, che stravolge in senso neofascista tutta l'attuale seconda parte della Costituzione, quella che concerne l'ordinamento della Repubblica.
Anzitutto il premierato cosiddetto "forte" per cui il "primo ministro", tale è il suo appellativo come fu quello del duce, non è più come oggi il presidente del Consiglio un "primus inter pares" ma ha il potere, esattamente come Mussolini, di nominare e revocare i ministri e accentra su di sé la prerogativa di determinare la politica generale del governo. La sua elezione avviene di fatto in maniera diretta plebiscitaria, col suo nome stampato sulla scheda elettorale e collegato alla maggioranza politica che lo sostiene.
Inoltre il premier può decidere quando vuole lo scioglimento del parlamento, con ratifica obbligatoria da parte del presidente della Repubblica. A quest'ultimo è attribuita ex novo l'esclusiva designazione del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura e la nomina dei presidenti delle autorità amministrative indipendenti, le cosiddette "authority".
Viene cancellato quello che è definito il bicameralismo perfetto, il Senato infatti risulta trasformato, in chiave federalista come voluto dalla Lega, in Senato federale della repubblica, eletto sulla base di una sua specifica legge elettorale di tipo federalista rispetto a quella prevista per la Camera. Esso avrà competenze soprattutto sulle questioni di indirizzo politico che abbiano riflessi a livello regionale, con delibere non più assoggettate al controllo e alla decisione dei deputati. Nel quadro della nuova impronta federalista dell'ordinamento istituzionale, gli viene attribuita l'elezione di sei membri della Corte costituzionale, mentre cinque ciascuno saranno nominati rispettivamente dal capo dello Stato e dai magistrati e tre dalla Camera, accentuando così il carattere di rappresentanza politica della Consulta a detrimento di quello di garanzia costituzionale.
Il disegno di legge sulla devolution del secessionista Bossi che spacca l'Italia, penalizza le regioni del Meridione e porta alle estreme conseguenze la controriforma costituzionale sul federalismo già varata dal "centro-sinistra", trova la sua investitura costituzionale con l'attribuzione alle Regioni esattamente di ciò che il capobastone della Lega reclamava, ovvero la "potestà legislativa esclusiva", questa è la testuale formulazione, in materia sanitaria, scolastica, di polizia locale e addirittura di ogni altra materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Bossi ha già cantato vittoria affermando che "Il federalismo costituzionale è solo il primo passo sulla via delle riforme" e si è messo in moto per realizzare anche il federalismo fiscale.
Berlusconi da parte sua ha annunciato trionfalmente che la sua "grande riforma costituzionale" approderà in settembre al Senato per procedere a tappe forzate verso la sua approvazione la quale, trattandosi di materia costituzionale, richiede un doppio voto parlamentare, previsto entro il 2004, e in teoria un referendum confermativo che il neoduce spera di riuscire a evitare.
Questa controriforma costituzionale che sta avanzando, rende ancora più urgente buttare giù Berlusconi prima che riesca a condurla in porto. Ma non si può certo contare sull'opposizione di cartapesta del "centro-sinistra" che sul terreno delle modifiche costituzionali presidenzialiste si era già impegnato quando era al governo, con la Bicamerale golpista di D'Alema, e che perciò ora farfuglia ma non vi si schiera contro frontalmente perché non può e non vuole farlo, dato che condivide in larga parte ciò che il neoduce propone. C'è da prevedere che il tentativo sarà solo quello di avere un minimo di voce in capitolo, per non figurare di aver lasciato tutto il campo libero a Berlusconi. Finendo per coprire e nascondere la reale natura neofascista della controriforma costituzionale in atto e disarmare le masse di fronte alle tragiche prospettive di coronamento legislativo dell'instaurazione di un regime dai connotati pienamente fascisti sancito nella Costituzione.
Solo dando impulso alla lotta di classe e alla mobilitazione delle masse lavoratrici e popolari, infittendo gli scioperi, le manifestazioni di piazza, le forme più incisive di lotta che alzino il tiro sul governo del neoduce e i suoi neri disegni, si può pensare di farcela.
Come ha detto Scuderi recentemente a Palermo, chiamando le masse a sottrarsi all'imbroglio parlamentarista e elettoralista del "centro-sinistra", quello di Bertinotti incluso, e a lottare contro il neoduce per buttarlo giù: "I partiti della 'sinistra' borghese di oggi si comportano come i loro omologhi degli anni '20, che sottovalutarono Mussolini e pensarono che il suo governo fosse passeggero. Ci volle Stalin per richiamarli alla realtà e a spingerli a impugnare le armi per liberare l'Italia dal fascismo e dal nazismo. Oggi per buttar giù Berlusconi non è necessario ricorrere alle armi. Sarebbe sufficiente che tutti i suoi oppositori scendessero in piazza. Con una serie di scioperi generali e di manifestazioni, il problema sarebbe rapidamente risolto".

LE LOTTE DEI LAVORATORI
Esemplare è stata da ottobre dell'anno scorso in poi la lotta degli operai e lavoratori Fiat contro il piano di ristrutturazione del gruppo torinese, la cassa integrazione e i licenziamenti. La punta di lancia della mobilitazione sono stati le lavoratrici e i lavoratori di Termini Imerese e al loro fianco il "Coordinamento donne per la difesa del diritto al lavoro degli operai Fiat e indotto di Termini Imerese", che sono arrivati a urlare la loro protesta anche davanti a Palazzo Chigi, contestando il neoduce in persona che ha fatto da sponda politica agli Agnelli.
Dal Sud al Nord del Paese si sono moltiplicati gli scioperi, i blocchi stradali e ferroviari, di porti e aeroporti come a Palermo, fino al clamoroso e coraggioso blocco dello stretto di Messina. Da Termini Imerese a Mirafiori, da Arese a Cassino, a Pomigliano d'Arco, a tutti gli stabilimenti Fiat i lavoratori hanno lottato come leoni, con la solidarietà dei metalmeccanici e delle altre categorie e il totale appoggio anche del nostro Partito, a cominciare dalle Organizzazioni di Palermo e Milano del PMLI e tutte quelle delle altre città interessate dove siamo presenti, con la parola d'ordine della nazionalizzazione dell' intero gruppo Fiat e in ogni caso che non sia chiuso alcun stabilimento e non vada perso alcun posto di lavoro.
Nel corso degli ultimi dodici mesi, oltre agli operai Fiat sono scesi in piazza i lavoratori un po' di tutte le categorie.
È stato un susseguirsi di scioperi e manifestazioni della classe operaia e dei lavoratori, come non si vedeva da tempo, cui si sono aggiunte le manifestazioni del movimento contro l'aggressione all'Iraq e quelle del movimento contro la globalizzazione, che abbiamo già rammentato.
Tutte queste lotte hanno scosso il Paese e posto nel mirino il padronato e il governo del neoduce Berlusconi, quantomeno a livello economico, sociale e della politica estera espansionista e guerrafondaia.
Nell'ottobre scorso, solo per ricordare alcune delle tappe più importanti e significative dell'estesa mobilitazione partita dai luoghi di lavoro e degli obiettivi perseguiti, milioni di lavoratori hanno partecipato allo sciopero generale di 8 ore, indetto dalla CGIL, in difesa dell'art. 18, contro la Finanziaria e il "patto per l'Italia".
A novembre in 250mila, sempre su iniziativa della CGIL, hanno manifestato a Napoli contro la Finanziaria e per chiedere interventi per lo sviluppo del Mezzogiorno e l'occupazione al canto, come è avvenuto un po' in tutte le manifestazioni, di "Bandiera Rossa", "L'Internazionale" e "Bella ciao".
A febbraio sciopero generale regionale di 8 ore dell'industria in Sicilia, con manifestazione a Palermo per chiedere lavoro e sviluppo. Nello stesso mese sciopero generale nazionale di 4 ore dell'industria e artigianato, indetto dalla Cgil, contro la deindustrializzazione, per il contratto dei metalmeccanici, in difesa dell'art.18 e contro la guerra all'Iraq.
Ad aprile la più recente, delle tante che vi sono state, grande manifestazione a Roma del movimento per la pace, 500 mila bandiere arcobaleno e rosse, tra le quali sventolavano anche quelle del PMLI, unite contro l'aggressione imperialista all'Iraq.
A maggio si diffonde nelle fabbriche la mobilitazione dei metalmeccanici, promossa dalla Fiom, contro l'intesa separata e crumira di Fim e Uilm con Federmeccanica, che sfocia nello sciopero per un vero contratto, la democrazia sindacale e il referendum di tutti i lavoratori sull'accordo separato. Per gli stessi motivi un altro sciopero è già fissato per il 17 ottobre prossimo con manifestazione nazionale a Roma.
A maggio e giugno ci sono stati gli scioperi unitari dei lavoratori del pubblico impiego per il contratto, indetti da Cgil, Cisl e Uil.
Milioni di lavoratori, in molti casi già da mesi, sono in lotta per i contratti di lavoro scaduti e l'adeguamento dei salari, come minimo all'inflazione reale e non a quella fasulla programmata dal governo. Oltre ai metalmeccanici Fiom e al pubblico impiego, la mobilitazione riguarda edili e chimici, autoferrotranvieri e commercio, tessili e abbigliamento, bancari e turismo e altre categorie.
Tutte queste lotte, che i marxisti-leninisti sostengono con forza e cui partecipano attivamente, sono importantissime a fronte di una situazione economica sempre più recessiva. Alla riduzione del potere di acquisto delle retribuzioni. All'intensificazione dello sfruttamento capitalistico. Alla compressione dei diritti dei lavoratori in fabbrica e per la difesa del posto di lavoro. Contro il governo di "centro-destra" che non ha dato risposta alcuna alle esigenze e ai bisogni delle masse lavoratrici e popolari, anzi ne ha peggiorato le condizioni di vita e di lavoro badando solo a tutelare gli interessi dei pescecani capitalisti e ad incrementarne i profitti ed ha portato avanti una politica interventista, bellicista e di aggressione all'Iraq.
Purtroppo questa grande forza è tenuta a freno, maldiretta e impedita ad alzare il proprio tiro a livello politico su Palazzo Chigi per buttare giù il neoduce Berlusconi. Cosa che spontaneamente e perché in una certa misura influenzata dalle parole d'ordine del PMLI, riesce a fare più che altro la sua parte più avanzata e cosciente.
Che questa sia un'inderogabile necessità, è un concetto comunque che si va diffondendo nella coscienza delle classe operaia e delle masse, cui non mancherebbero la volontà e la forza per far cadere Berlusconi, il problema è che esse vengono smorzate e incanalate nel pacifismo, nel legalitarismo nell'elettoralismo e nel parlamentarismo. Questa grave responsabilità fa capo alla "sinistra" borghese, incluso quel reggicoda di Bertinotti che di fronte ai progetti neofascisti e di premierato del neoduce li copre a sinistra qualificandoli come "soluzioni artificiali" che servirebbero solo a "renderlo indiscutibilmente sovrano nei confronti della sua coalizione" (Intervista a "l'Unità" del 24 agosto), cioè della Casa del fascio e non anche, come risulta chiaro, del parlamento e dell'intero Paese.
Tutto ciò non consente alla piazza di organizzarsi ed esprimere tutta la sua potenza che potrebbe travolgere facilmente l'ostacolo costituito dal neoduce. Così il momento di saldare il conto viene allontanato nel tempo e fatto coincidere unicamente con soluzioni di carattere istituzionale, parlamentare ed elettorale. In questo modo, e contrariamente a quanto ha sostenuto Fassino alla festa dell'Unità a Bologna, secondo il quale questo governo "Non arriverà alla fine della legislatura", il rischio è che esso possa continuare a imperversare per anni, realizzando la controriforma costituzionale e completando l'opera di fascistizzazione del Paese.

IL RUOLO E LA FUNZIONE DEL PARTITO MARXISTA-LENINISTA
Attualmente questa situazione non è facilmente scardinabile, ma può essere suscettibile di cambiamenti in positivo anche sensibili. Sia per l'acuirsi delle contraddizioni tra le necessità delle masse che reclamano migliori condizioni di vita e di lavoro e la politica neofascista e stangatrice portata avanti dal governo. Ma anche per il crescente autosmascheramento e perdita di credibilità dei DS e dei falsi comunisti. Per la maggiore influenza politica che, nonostante le sue ancora limitate forze, il PMLI può riuscire via via a esercitare. Per avvenimenti che si possono verificare a livello internazionale e interni al nostro Paese, di carattere politico e sociale, che possono dare un impulso imprevedibile alla lotta di classe e far esplodere la piazza.
Oltretutto non mancano segnali, ormai da mesi, e li abbiamo sottolineati, di un crescente risveglio antimperialista, anticapitalista e antifascista delle masse e c'è da sperare che con l'autunno, certi appuntamenti ci sono già stati come a Riva del Garda contro il vertice dei ministri degli esteri della Ue e altri sono fissati, gli attuali movimenti di lotta contro il governo, il padronato, il neofascismo, il neoliberismo, la globalizzazione e le guerre di aggressione, in difesa della pace, si estendano e si sviluppino ulteriormente.
Consapevoli come siamo che è necessaria l'unità di tutte le forze disponibili pur di far cadere questo governo, ma senza rinunciare per questo al nostro obiettivo strategico di conquistare il socialismo, come ha messo efficacemente in rilievo Scuderi alla recente Sessione plenaria del Comitato centrale del PMLI, "Noi siamo disposti a unirci con chiunque voglia farla finita col governo Berlusconi, anche con le forze avverse al socialismo. Ma non saremo soddisfatti se dal 'centro-destra' si passerà al 'centro-sinistra', l'altra faccia del capitalismo e della seconda repubblica in camicia nera. Noi continueremo la nostra lotta contro i governi borghesi tenendo ferma la nostra strategia rivoluzionaria per l'Italia unita, rossa e socialista. Non ci fermeremo finché nel nostro amato Paese non sarà stata fatta tabula rasa del capitalismo e del suo Stato, non sarà instaurato il socialismo e non saranno eliminate le classi. Ogni governo borghese dovrà essere travolto dalla lotta di classe finché il proletariato non avrà conquistato il potere politico".
Quest'ultimo è il vero problema dei problemi, la madre di tutte le questioni. Il proletariato occorre prenda coscienza che se oggi la classe dominante borghese, i capitalisti e il governo Berlusconi, possono opprimerlo e vessarlo è solo perché detengono il potere politico, ed è solo conquistando il potere politico che sarà possibile al proletariato rovesciare l'attuale stato di cose nel suo contrario.
Solo divenendo classe dominante ed esercitando la propria dittatura di classe, eliminando la proprietà privata dei mezzi di produzione e lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, il proletariato potrà mutare integralmente i connotati dell'attuale società capitalistica e costruire sulle sue macerie il socialismo, quell'unico "altro mondo possibile" e sicuramente realizzabile. Quella società che sarà in grado di soddisfare i suoi bisogni materiali ma anche di corrispondere ai suoi ideali di emancipazione sociale, piena uguaglianza dei sessi, reale indipendenza e sovranità dell'Italia, abolizione delle differenze economiche e sociali tra le varie regioni del Paese, libertà, democrazia e benessere per sé e per tutto il nostro popolo.
Ma se coi partiti della "sinistra" borghese non si riesce nemmeno a mettere sotto tiro in maniera adeguata alla grave situazione politica esistente il governo Berlusconi, è scontato che tanto meno ci si può fare affidamento per una prospettiva di abbattimento del capitalismo, ci riferiamo ovviamente a chi li dirige e non alla loro base.
Tali partiti si dedicano unicamente a inventare sempre nuovi imbrogli e a spargere nuove illusioni elettoraliste e parlamentariste, con l'unico obiettivo di riconquistare le poltrone perdute e tornare, come si è visto quando l'esecutivo era in mano loro, a governare per conto della borghesia e non del proletariato, cosa tra l'altro impossibile se il proletariato, come abbiamo evidenziato, non detiene il potere politico che non si consegue per via elettorale, pacificamente e per "gentile" concessione della borghesia, ma con la rivoluzione socialista.
L'ultima trovata di Prodi, D'Alema e Fassino per turlupinare l'elettorato di sinistra, è quella del "partito riformista europeo", la cui realizzazione potrebbe passare dall'altro inganno della "lista europea" dei partiti del "centro-sinistra" per le elezioni europee del 2004. Il "partito riformista" non dispiace neppure a Bertinotti, il quale ha dichiarato che "può essere un'ipotesi seria e mi interessa"( "la Repubblica" del 27 agosto), considerato che il suo scopo è quello di stringere un patto non solo elettorale ma di programma di governo con i partiti dell'Ulivo e con Prodi premier, cui portare in dote i voti aggiuntivi che conta di rastrellare in certi centri sociali e nei movimenti no-global e per la pace. Assolvendo al ruolo assai gradito alla borghesia, che se lo coccola di continuo fino alla nausea nei suoi salotti e in tv, di copertura a sinistra di questo possibile nuovo carrozzone elettorale e governativo e così continuare a tenere ingabbiata nelle istituzioni la parte più avanzata e combattiva della classe operaia e delle masse popolari e giovanili che fa riferimento a Rifondazione.
Non è certo affidandosi a forze politiche che hanno rinnegato e odiano il socialismo, quello autentico dell'Urss di Lenin e di Stalin e della Cina di Mao, che il proletariato potrà acquisire la coscienza di essere una classe per sé e accingersi anche in Italia a rovesciare cielo e terra, ricoprendo il ruolo rivoluzionario che la storia ad esso ha assegnato e a nessun altro. Come ha rilevato Mao "Nell'epoca presente dello sviluppo della società, la storia ha posto sulle spalle del proletariato e del suo partito politico la responsabilità della giusta conoscenza e della trasformazione del mondo".6
Ma qual è oggi in Italia il partito politico del proletariato? Senza alcun dubbio il PMLI, perché è l'unico partito che propugna il socialismo, la rivoluzione socialista, le guerre di liberazione nazionale ed è schierato contro il capitalismo, l'imperialismo, il colonialismo, il parlamentarismo e la guerra imperialista. Ciò emerge limpidamente se si mettono a confronto l'ideologia, il programma, lo statuto, la pratica politica e sociale che gli sono propri con quelli degli altri partiti che fanno parte della "sinistra borghese", ma non rappresentano come il PMLI la sinistra di classe. E questo vale anche per il PRC e il PdCI che dietro nomi, simboli e bandiere del proletariato celano la loro natura borghese e non vogliono la rivoluzione e il socialismo, limitandosi a mendicare tutt'al più un capitalismo un po' meno neoliberista.
Né la "sinistra alternativa" di Bertinotti, né la "Confederazione" di Cossutta e Diliberto, servono a un bel nulla, anzi il contrario sono dei seri elementi devianti, di fronte all'esigenza di riorganizzare le fila del proletariato, armandolo di una mentalità, una spinta propulsiva e una pratica rivoluzionaria ed alla necessità di buttare giù il neoduce Berlusconi, difendere gli interessi delle masse e accumulare le forze necessarie per fare la rivoluzione e realizzare l'Italia unita, rossa e socialista, tutte cose in cui si sta impegnando con tutte le proprie forze solo il PMLI.
"Perché occorre un partito rivoluzionario? Perché - ha indicato Mao - nel mondo il popolo è oppresso dai suoi nemici e vuole liberarsi della loro oppressione. Nell'epoca del capitalismo e dell'imperialismo è necessario un partito rivoluzionario come il partito comunista. Senza un tale partito il popolo non può assolutamente rovesciare i suoi nemici che l'opprimono"7. "Nella società divisa in classi - ha sottolineato Mao - , le rivoluzioni e le guerre rivoluzionarie sono inevitabili, che senza di esse è impossibile compiere un salto nello sviluppo della società, è impossibile rovesciare le classi dominanti reazionarie e permettere quindi al popolo di prendere il potere. I comunisti devono denunciare la propaganda menzognera dei reazionari, i quali affermano per esempio che la rivoluzione sociale non è necessaria, né realizzabile; i comunisti devono attenersi fermamente alla teoria marxista-leninista della rivoluzione sociale per aiutare il popolo a comprendere che la rivoluzione sociale non solo è assolutamente necessaria ma anche pienamente possibile".8
Mettendo in pratica il suddetto insegnamento di Mao, il PMLI è impegnato fin dalla sua nascità a svolgere questo ruolo storico essenziale che è la ragione stessa della sua esistenza. Il PMLI da sempre combatte contro il capitalismo, il suo Stato e i suoi governi. Da sempre è impegnato a smascherare i falsi comunisti, siano essi revisionisti di destra o di "sinistra". Da sempre si adopera per rilanciare la lotta per il socialismo senza trascurare di impegnarsi e di stare in prima fila negli scioperi e nelle lotte per i bisogni immediati delle masse come il lavoro, la casa, le pensioni, la sanità. Da sempre opera instancabilmente per far comprendere al proletariato, alle masse popolari e alle nuove generazioni l'inevitabilità del ricorso alla rivoluzione socialista e per offrire ai sinceri rivoluzionari e ai sostenitori del socialismo l'indispensabile struttura politico organizzativa basata sul centralismo democratico, il Partito marxista-leninista italiano, senza il quale l'impresa di conquistare il socialismo sarebbe impossibile come tentare di scalare un ghiacciaio a mani nude.
È il PMLI che si è fatto carico di tramandare alle nuove generazioni in Italia gli insegnamenti dei maestri difendendoli dagli attacchi della reazione e dei falsi comunisti. In particolare quest'anno Stalin per il 50° della scomparsa, con un'iniziativa coraggiosa e di ampia eco, forse unica nel suo genere a livello internazionale. È il PMLI che incoraggia i giovani e coloro che sono ancora ingannati dai partiti sedicenti comunisti ma che comunisti non sono, a studiare le opere dei maestri a cominciare dalle cinque opere fondamentali marxiste-leniniste per trasformare il mondo e se stessi, che con tanti sacrifici ha stampato e messo loro a disposizione, affinché possano chiarirsi le idee, sottrarsi agli inganni revisionisti di destra e di "sinistra", ragionare con la loro testa e fare delle scelte politiche conseguenti a ciò che hanno appreso. Noi apprezziamo i giovani del movimento no-global e ammiriamo il loro coraggio e spirito di sacrificio, come hanno dimostrato a Cancun lottando in piazza contro il Wto e la sua politica neoliberista.
È il PMLI che basandosi ideologicamente sul marxismo-leninismo-pensiero di Mao, si è dato coerentemente i propri Statuto, Programma generale e Programma d'azione e attua una pratica politica e sociale rivoluzionaria. E che tramite il suo fondamentale organo di stampa "Il Bolscevico", il suo prezioso sito internet, manifesti, volantini e altre pubblicazioni fornisce analisi, orientamento e risposte fondamentali a tutti coloro che sono alla ricerca della verità per trasferirla nell'azione rivoluzionaria quotidiana e agli stessi militanti e Organizzazioni di Partito. Su tutte le questioni correnti e strategiche a livello ideologico, politico, storico, istituzionale, legislativo, sociale, sindacale, culturale, scientifico, etico e morale il PMLI è puntualmente intervenuto, secondo le sue attuali conoscenze e possibilità, ma in ogni caso basandosi su una concezione del mondo proletaria, rivoluzionaria e marxista-leninista. E se gli intellettuali progressisti e democratici si decideranno presto a schierarsi con noi potremo, anche grazie a loro, fare ancora di più e meglio.
È il PMLI che ha fatto tempestiva chiarezza e nessun altro in Italia, sulla natura neofascista dell'attuale regime di stampo mussoliniano, sulle sue origini e percorso e fornito la linea politica, le parole d'ordine, le piattaforme di lotta al proletariato, alle masse popolari, femminili e giovanili per maturare la coscienza della necessità di combatterlo e abbatterlo e come lo si possa fare.
È il PMLI che ha denunciato il permanere dell'esistenza dell'imperialismo e messo a fuoco la necessità che i popoli e le nazioni schiacciati dal tallone dell'imperialismo facciano ricorso alla rivolta armata e che nei paesi capitalisti, come l'Italia, il proletariato faccia la rivoluzione per combattere il proprio imperialismo, conquistare e edificare il socialismo, che è il suo primo dovere internazionalista. Spiegando inoltre che non tutte le guerre sono ingiuste. E che con la disobbedienza civile e la non violenza non si riesce a sconfiggere l'imperialismo ed assicurare la pace, e come sia invece necessario a tale scopo opporre alle guerre imperialiste ingiuste, le guerre di liberazione nazionali e le rivoluzioni socialiste, che sono giuste e sacrosante. In tal modo il PMLI si è impegnato, com'era suo dovere e compito, a cercare di dare un giusto orientamento politico al movimento per la pace, nel mentre se ne faceva combattivo partecipe.
Il suo ruolo storico di avanguardia cosciente e organizzata del proletariato, di Partito politico della classe operaia, il PMLI se l'è guadagnato sul campo e le attenzioni, le simpatie e il sostegno di cui è sempre più oggetto, in modo palese o latente, da parte degli elementi avanzati, coscienti e rivoluzionari delle masse, così come l'odio di cui è sempre più circondato da parte della destra borghese, della Casa del fascio, del neoduce e dei suoi tirapiedi, ne sono la conferma più evidente. Ma non ci illudiamo sulle difficoltà che ancora ci attendono, né ci contentiamo di quanto realizzato anche se non è poco, ma abbiamo molti altri obiettivi come Partito che intendiamo raggiungere.
Affinché sia possibile vedere maggiormente concretizzata l'incidenza del Partito a livello politico, organizzativo e pratico della lotta di classe e in particolare un suo sviluppo su scala nazionale e locale, con una crescita numerica significativa dei suoi militanti e delle sue Cellule che corrisponda e sia proporzionata al suo ruolo storico già acquisito, c'è da lavorare ancora molto. "E ciò potrà avvenire - come ha rilevato Scuderi in occasione della recente Sessione plenaria del CC del PMLI - solo se sapremo mettere in pratica, ai vari livelli, la linea e le indicazioni per costruire un grande, forte e radicato Partito stabilite dal 4° Congresso nazionale e rilanciate e sviluppate dalla 6° Riunione plenaria del 4° Ufficio politico tenutasi il 15 settembre dell'anno scorso", cui si affiancano, possiamo aggiungere noi ora, gli ulteriori aggiornamenti e sviluppi apportati dalla 3° Sessione plenaria del 4° CC del PMLI del giugno scorso.
Il Segretario generale del Partito, pensando a questa commemorazione, ha detto: "Dobbiamo costruire un grande, forte e radicato PMLI a prova di bomba, che abbia come modello il Partito di Lenin e di Stalin e quello di Mao. Un Partito proletario, rivoluzionario e marxista-leninista, che in ogni suo aspetto - teorico, politico, programmatico e organizzativo - sia plasmato dal marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Un Partito che sappia fare correttamente il lavoro di massa e di fronte unito, senza sbandare a destra o a "sinistra". Un Partito che pratichi la critica e l'autocritica per correggere i propri errori, migliorare lo stile di lavoro e risolvere le contraddizioni tra i propri militanti, usando sempre la dialettica e mai in maniera esasperata, schematica e libresca. Un Partito in cui i militanti anziani, di media età e giovani lavorino all'unisono, su un piano di parità, di rispetto e di aiuto reciproco, imparando gli uni dagli altri. I primi devono trasmettere ai giovani militanti la loro esperienza rivoluzionaria e questi ultimi devono acquisire diligentemente questa esperienza coscienti che saranno loro i continuatori della causa del Partito, del proletariato e del socialismo. Inoltre i militanti anziani e di media età devono dimostrare ai giovani militanti che si può essere marxisti-leninisti entusiasti e attivi fino all'ultimo respiro, mentre i giovani militanti devono dimostrare nella pratica di meritarsi la fiducia che dà loro il Partito".
Noi faremo la nostra parte, non ci sono dubbi, senza risparmiare alcunché delle nostre energie e senza badare a sacrifici come abbiamo sempre fatto. La nostra Lunga marcia politica, organizzativa e del proselitismo è in pieno sviluppo, chi vuole parteciparvi e contribuire a quest'epica impresa e consentire al PMLI di conseguire la forza, l'estensione e il radicamento che occorrono affinché si aprano spazi senza precedenti a questo Partito sullo scenario politico nazionale, si faccia avanti.
È più che mai urgente farlo se si vuole veramente e fino in fondo, con il cuore e con la mente, il socialismo, se si vogliono accelerare i tempi, se si condividono, insieme a noi, le seguenti parole di Mao "Il nostro scopo è di estirpare il capitalismo, di estirparlo su tutto il globo, di farlo diventare un oggetto storico. Tutto quello che appare nel corso della storia dovrà sempre essere eliminato. Non c'è cosa o fenomeno nel mondo che non sia prodotto della storia; alla vita succede sempre la morte. Il capitalismo è un prodotto della storia, deve dunque morire, c'è un ottimo posto sottoterra per 'dormire' che lo aspetta".9
In Italia noi marxisti-leninisti stiamo facendo del nostro meglio affinché l'attesa di questo agognato decesso del capitalismo si protragga il meno possibile, anche se sappiamo bene quanti problemi ci siano da risolvere prima di poter raggiungere lo scopo, ma questo non ci spaventa affatto. Il nostro spirito indomito e battagliero è sempre lo stesso, quello dei primi 4 pionieri del Partito, quello che ci dette il coraggio il 9 Aprile 1977 di fondare il Partito marxista-leninista italiano, quello che tutti i militanti e dirigenti di questo Partito si sono trasmessi l'un l'altro, di generazione in generazione di marxisti-leninisti. Invitiamo tutti coloro che si riconoscono in questo spirito e hanno la nostra stessa volontà di riscossa e di vittoria, a unirsi a noi per dare il loro contributo prezioso e essenziale di conoscenze, esperienze e idee per rafforzare e far crescere ovunque nel nostro Paese questo partito, il PMLI, che può essere anche il loro Partito, se lo vogliono.
C'è posto per tutti coloro che hanno le caratteristiche e i requisiti previsti dallo Statuto del Partito, giovani e meno giovani. Ma ci sia consentito rivolgere il nostro invito a far diventare il PMLI grande, forte e radicato e a impugnare la bandiera rossa dell'Italia unita, rossa e socialista, soprattutto ai giovani e ai giovanissimi, operai, lavoratori, disoccupati, studenti, ragazze e ragazzi, perché come ha saggiamente e con lungimiranza affermato Mao rivolgendosi proprio ai giovani "Il mondo è vostro, come è nostro, ma in ultima analisi è vostro. Voi giovani, pieni di vigore e vitalità, siete nel fiore della vita, come il sole alle otto o alle nove del mattino. Le nostre speranze sono riposte in voi".10
Gloria eterna a Mao!
Viva il marxismo-leninismo-pensiero di Mao!
Buttiamo giù il neoduce Berlusconi!
Per l'Italia unita, rossa e socialista!
Coi maestri vinceremo!
 

Note:
1) Mao, Una lettera del 6 luglio 1966
2) Mao, Prefazione e Poscritto a Inchiesta sulle campagne, (marzo 1941), Opere scelte, vol. 3, Casa editrice in lingue estere - Pechino, p. 9
3) Mao, Sulla bozza di Costituzione della Repubblica popolare cinese, (14 giugno 1954), Opere scelte, vol. 5, Einaudi editore, p.169
4) Mao, Lettera indirizzata alle Guardie rosse, (1 agosto 1966)
5) Mao, Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo, (27 febbraio 1957), Piccola biblioteca marxista-leninista, vol. 5, p. 26
6) Mao, Sulla pratica, (luglio 1937), Opere scelte, vol. 1, Casa editrice in lingue estere - Pechino, p. 326
7) Mao, Rettificare lo stile di lavoro del Partito, (1 febbraio 1942), Opere scelte, vol. 3, Casa editrice in lingue estere - Pechino, p. 31
8) Mao, Sulla contraddizione, (agosto 1937), Opere scelte, vol. 1, Casa editrice in lingue estere - Pechino, p. 362
9) Mao, Il dibattito sulla cooperazione agricola e l'odierna lotta di classe, (11 ottobre 1955), Einaudi editore, p. 252
10) Mao, Incontro con i cinesi che studiano o frequentano corsi di specializzazione a Mosca, (17 novembre 1957), Citazioni dalle opere, Casa editrice in lingue estere - Pechino, p. 302