Grave ingerenza armata degli imperialisti Onu e Francia nelle vicende interne in Costa d'Avorio
Parigi fa intervenire le sue truppe a "difesa dei civili" e tratta la resa dell'ex presidente

Il 5 aprile il capo di stato maggiore delle forze dell'ex presidente Lauren Gbagbo annunciava che "dopo i bombardamenti delle forze francesi di alcune nostre posizioni e di alcuni punti strategici di Abidjan abbiamo cessato i combattimenti e chiesto al comandante dell'Onuci (la missione Onu in Costa d'Avorio, ndr) un cessate il fuoco che permetta di proteggere la popolazione e i militari, a partire dalla guardia presidenziale, oltre che il presidente, i suoi familiari e i membri del suo governo".
Dal giorno precedente le forze del presidente Alassane Ouattara erano entrate a Abidjan e avevano messo sotto assedio la zona nella quale si erano asserragliate le truppe di Gbagbo. Il colpo finale alla resistenza dell'ex presidente era stato dato dall'intervento armato dei "caschi blu" dell'Onuci e dalle truppe francesi, che già erano di stanza nel paese, in base alla risoluzione numero 1975 del Consiglio di sicurezza dell'Onu che le autorizzava a "neutralizzare le armi pesanti utilizzate contro la popolazione civile". Le armi della parte dell'ex presidente che non voleva riconoscere la vittoria dell'avversario nelle elezioni del novembre scorso.
Secondo quanto dichiarato il 5 aprile dal ministro degli Esteri francese Alain Juppè, che ha preso la cabina di regia della vicenda, sarebbero in corso negoziati diretti tra le parti per l'uscita di scena di Gbagbo e per il riconoscimento di Ouattara quale presidente della Costa d'Avorio. La regia è dell'imperialismo francese cui è arrivato il "pieno sostegno" del presidente americano Obama.
La grave crisi arrivata fino allo scontro diretto tra le due parti era scoppiata dopo il contestato ballottaggio presidenziale del 28 novembre scorso. Alle elezioni presidenziali il paese era arrivato al termine di uno scontro iniziato nel 2002 che aveva per protagonisti i due candidati presidenti con Alassane Dramane Ouattara che prendeva il controllo della parte nord. Solo nel 2007 le parti erano arrivate a un accordo di pace che aveva portato un esponente del Nord alla carica di premier. Le elezioni dello scorso novembre dovevano rappresentare una tappa importante verso la riunificazione che nei piani del presidente uscente Laurent Gbagbo avrebbe dovuto riconfermarlo alla guida del paese.
Il 2 dicembre la Commissione elettorale rendeva noti i risultati proclamando vincitore Ouattara. Una decisione ribaltata dal Consiglio costituzionale, controllato da Gbagbo ma formalmente unico organo competente a proclamare il vincitore delle elezioni, che aveva invalidato i risultati in una serie di collegi determinando la vittoria del presidente uscente.
Scontri fra i sostenitori dei due candidati scoppiavano a Abidjan e in altre città. Outtara, assediato in un albergo della capitale era messo sotto protezione dai "caschi blu" dopo che l'Onu aveva riconosciuto la sua vittoria.
Per scongiurare una guerra aperta interveniva nel dicembre scorso l'Ecowas, la Comunità economica degli stati dell'Africa Occidentale. Una delegazione formata dai presidenti di Sierra Leone, Benin e Capo Verde tentava in due riprese una mediazione tra le parti. Ma con Gbagbo che non voleva andarsene e Outtara che si voleva insediare la mediazione era impossibile.
A metà gennaio Gbagbo era messo all'indice dall'Unione europea che lo inseriva nella lista delle persone alle quali è vietato l'ingresso mentre gli Usa gli bloccavano i conti bancari. L'Onu rafforzava il suo contingente nel paese fino a 10 mila soldati, di cui un migliaio sono forze speciali francesi, e ne prorogava il mandato con un voto adottato in base al capitolo VII della Carta, quello che autorizza l'uso della forza in risposta ad un atto di aggressione.
Anche l'Ecowas mobilitava le truppe. Il 18 gennaio i vertici militari dei paesi membri dell'organizzazione si incontravano a Bamako, nel Mali, e mettevano a punto i piani di intervento guidato dalla Nigeria che prevedevano l'impiego di uno squadrone da combattimento, appoggiato da elicotteri d'attacco. E unità delle forze speciali di riserva.
Era la preparazione dell'intervento militare che scattava ai primi di aprile dopo che alcune settimane di scontri che portavano le forze delle due parti a combattersi nelle principali città del paese fino all'ingresso delle forze di Ouattara a Abidjan e all'intervento determinante dei soldati francesi.
In Costa d'Avorio si ripresenta uno scenario simile alla Libia ma in sordina. I riflettori sono puntati sul dittatore Gheddafi e il suo petrolio finiti nel mirino dell'imperialismo. L'altro paese africano appare dietro le quinte ma non meno grave è l'ingerenza imperialista, guidata in questo caso dalla Francia che non vuol mollare il controllo del paese, col permesso di "salvare i civili", come in Libia. Una conferma della nostra denuncia di come il principio interventista adottato dall'Onu sulla "responsabilità di proteggere i civili", applicato per la prima volta in Libia sia strumento dell'imperialismo per giustificare qualsiasi intervento che demolisce il diritto internazionale, e in particolare dei principi dell'inviolabilità delle frontiere nazionali e della non ingerenza negli affari interni delle nazioni, già violato e ridimensionato in passato.

6 aprile 2011