Lo ha dichiarato il segretario alla difesa Usa Panetta al vertice "Shagri-La dialogue"
L'imperialismo americano sposta l'asse strategico militare nel Pacifico

Lo scorso 16 novembre di fronte al parlamento australiano il presidente americano Barack Obama affermava che "nel portare a termine le guerre che ci vedono oggi impegnati, ho dato istruzioni al mio team che si occupa di sicurezza nazionale di mettere al vertice delle priorità la nostra presenza e le nostre missioni nel Pacifico asiatico. (...) Gli Stati Uniti sono una potenza asiatica e siamo qui per restare".
La conferma dello spostamento dell'asse strategico militare nel Pacifico da parte dell'imperialismo americano è venuta dal discorso tenuto il 2 giugno dal segretario alla difesa Usa Leon Panetta al vertice sulla sicurezza "Shangri-La dialogue" che si è tenuto a Singapore.
Panetta ha annunciato che "entro il 2020 la marina riposizionerà le sue forze (282 navi da guerra, ndr) dall'attuale 50%-50% tra Pacifico e Atlantico, al 60%-40% tra questi due oceani". Nel Pacifico andranno "sei portaerei, la maggioranza dei nostri incrociatori, caccia torpedinieri, navi da combattimento e sottomarini", ha aggiunto Panetta annunciando la costruzione di nuove basi e l'aumento delle esercitazioni militari nella regione. Il ridispiegamento strategico delle forze dell'imperialismo americano è considerato necessario dalla Casa Bianca, tanto da non essere interessato minimamente dai tagli ai fondi per la difesa, pari a circa 490 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni, per fronteggiare l'accresciuta presenza militare della potenza imperialista concorrente cinese.
Panetta ha respinto con sdegno l'idea secondo la quale il ridispiegamento possa rappresentare una minaccia o una sfida alla Cina e a Pechino, dove lo aspettano in visita ufficiale, che hanno fatto finta di credergli: "gli Stati Uniti proveranno a migliorare la fiducia strategica con la Cina rafforzando gli scambi militari bilaterali mentre nei prossimi anni sposteranno alcune delle loro navi da guerra nel Pacifico", commentava l'agenzia di Stato Xinhua. Non molto tempo fa Xi Jinping, l'atteso nuovo presidente della repubblica cinese, aveva ammonito che la decisione statunitense "di rafforzare il dispiegamento militare e le alleanze militari, non rappresenta quello che la maggior parte dei paesi nella regione Asia-Pacifico vogliono vedere".
ll ridislocamento illustrato da Panetta rafforzerà la presenza e il controllo militare americani lungo le rotte che attraverso il Mare cinese del sud e lo Stretto di Malacca portano in Medio Oriente, le rotte dei rifornimenti petroliferi cinesi. Con gli stessi intenti egemonici Pechino non a caso sta potenziando proprio la marina, dal varo della sua prima portaerei, allo sviluppo di nuovi cacciatorpedinieri alla costruzione di una nuova flotta di sottomarini.
L'obiettivo di fondo delle forze di Pechino è il contrasto alla libertà di movimento delle portaerei e delle forze navali americane affinché non mettano naso lungo le proprie rotte commerciali. Washington risponde con l'aumento dei propri mezzi nella regione e il rafforzamento di una serie di basi come quelle di Guam e Darwin, nell'Australia settentrionale, che il Pentagono considera al sicuro, fuori dalla gittata dei missili di Pechino.
Al momento la Cina non rappresenta un pericolo competitore militare degli Usa, il suo budget militare è ancora 4 volte inferiore a quello americano, senza considerare la notevole disparità tecnologica e la ancora scarsa capacità di missioni lontane dal territorio nazionale. Ma nei documenti strategici di carattere militare degli Usa sono aumentati negli ultimi anni i riferimenti alla concorrente imperialista Cina individuata come attore in grado di minacciare in modo significativo l'egemonia militare americana. Quindi da tenere d'occhio da molto vicino.

13 giugno 2012