Intervista del compagno Emanuele Sala alla rivista on-line "Palamitonews"
Mentre Berlusconi e Veltroni si accordano per la terza repubblica, il PMLI si batte per l'Italia unita, rossa e socialista

Pubblichiamo integralmente l'interessante intervista rilasciata il 6 maggio 2008 dal compagno Emanuele Sala al settimanale on-line informativo, culturale e di attualità "Palamitonews" e apparsa sul web il 2 giugno nel suo numero 294 col titolo "Viva Marx, viva Lenin, Viva Mao Tse-Tung".
L'intervista, curata dal caporedattore Paola Marras, era inserita in un servizio più articolato sulla debacle elettorale del 13-14 aprile della cosiddetta "sinistra radicale" e la sua esclusione dal parlamento della XVI legislatura.
Rispetto al testo originale rilasciato dal compagno Sala, abbiamo rilevato che da parte della redazione sono stati effettuati piccoli tagli e correzioni politiche che riteniamo giusto puntualizzare.
Nella seconda risposta quando si parla di "parlamento del regime capitalista e neofascista" e quando si riporta la parola d'ordine del PMLI per la campagna elettorale, la parola neofascista è stata virgolettata.
Nella stessa risposta quando Sala ha parlato della Lega separatista di Bossi, sono state tagliate le parole "neofascista e razzista". Nella domanda successiva, quando si parla della "crisi istituzionale in cui è giunta la seconda repubblica capitalista, presidenzialista, federalista e interventista" è stata tagliata la parola "neofascista".
Nell'ottava risposta quando si parla della complicità del PRC col governo Prodi e alle "nefandezze da esso compiute", il termine nefandezze è stato virgolettato. Ed in ultimo quando si parla della "demagogia populista della Lega e del PdL" è stata cancellata la parola "razzista".
Quanto al fatto che nella premessa all'intervista è scritto che il PMLI "nasce venti anni fa, nell'aprile del 1977", crediamo sia attribuibile ad un banale errore di trascrizione.
In ogni caso si tratta di un'iniziativa lodevole che fa onore al settimanale "Palamitonews" perché ha dato modo ai marxisti-leninisti, che i mass media borghesi sistematicamente censurano e cancellano dall'informazione, di esprimere le loro valutazioni sulla situazione politica attuale e la loro strategia per il socialismo.

Il Partito Marxista-Leninista Italiano nasce venti anni fa, nell'aprile del 1977. Il PMLI si definisce erede dei rivoluzionari che nel 1892 fondarono il Partito dei Lavoratori Italiani, prima vera espressione di un partito del proletariato. Il PMLI si ispira a Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, i loro 5 grandi maestri.
D. Nel vostro sito si vedono i vostri cinque grandi maestri che per altri sono considerati (almeno alcuni di questi) dei dittatori sanguinari. Che cosa significa oggi dichiararsi marxisti-leninisti? E perché sarebbe apologia di reato se un gruppo di destra mettesse come suoi maestri Benito Mussolini ed Hitler?
R. "Noi del PMLI siamo fieri di inneggiare ai cinque grandi maestri del proletariato internazionale Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, siamo fedeli agli insegnamenti che ci hanno trasmesso. Senza i quali nessuno può dirsi comunista, o nella versione che preferiamo, marxista-leninista. Per noi stanno sullo stesso piano e sono legati tra loro come le dita di una mano. Ognuno di loro, nel corso della loro vita, partecipando alla lotta di classe e alle rivoluzioni del loro tempo in una posizione di primo piano, hanno fondato e arricchito la teoria rivoluzionaria del proletariato per il socialismo e il comunismo.
I primi due, Marx ed Engels, hanno elaborato la concezione del mondo proletaria fondata sul materialismo storico e dialettico, analizzato a fondo la società moderna, ossia il capitalismo e indicato la via per liberare gli operai dalla schiavitù salariata. Lenin, dopo aver denunciato il tradimento dei partiti socialdemocratici della Seconda Internazionale, ha diretto vittoriosamente la prima rivoluzione socialista, quella dell'Ottobre Russo, e instaurato il primo Stato socialista. Stalin ha difeso il leninismo dagli opportunisti trotzkisti e buchariniani, ha sviluppato l'edificazione socialista nell'Unione Sovietica, ha sconfitto il nazismo hitleriano. Mao ha applicato e sviluppato il marxismo-leninismo in un Paese enorme come la Cina, ha combattuto il revisionismo moderno kruscioviano a livello internazionale ed ha elaborato la teoria della continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato, di cui la Grande rivoluzione culturale proletaria è stata diretta espressione.
Tutto questo, e molto altro ancora, rappresenta un patrimonio teorico e di esperienze fondamentale per il movimento operaio a livello mondiale, italiano compreso. Impossibile da cancellare. I detrattori ci hanno provato, con più forza dagli ultimi 30 anni, ossia dalla caduta del 'muro di Berlino' e continuano a provarci. Ma alla lunga sono destinati al fallimento. Chi sono questi detrattori? Esponenti politici e intellettuali espressione della borghesia o comunque al suo servizio, di stampo trotzkista, anarchico, socialdemocratico, liberale, reazionario e fascista. Tutta "gente" che dai grandi maestri del proletariato ha subìto sconfitte cocenti. Essendo questi dei nemici di classe, sarebbe strano se si comportassero diversamente.
Lenin, Stalin e Mao dittatori sanguinari? Un falso storico gigantesco. L'accostamento di essi a Mussolini e Hitler? Una bestialità pura senza alcuna dignità! Per l'Italia poi... Mussolini è quello che ha messo la camicia nera al Paese, che lo ha portato in guerra e alla distruzione. Hitler è quello che, dopo il '43, ha occupato militarmente l'Italia, sostenuto la fascistissima 'repubblica di Salò' e compiuto stragi efferate. I comunisti hanno rappresentato la forza principale della Resistenza antifascista e della Lotta di liberazione dal nazifascismo pagando un pesante tributo di sangue. Nella Costituzione del '48 giustamente è vietata l'apologia del fascismo; anche se nella pratica non viene perseguita come dovrebbe ed anzi, grazie a un martellante revisionismo storico, di cui persino il 'voltagabbana' Pansa si è fatto strumento, forte e pericoloso è diventato il tentativo di rivalutazione del ventennio mussoliniano".
Così ci risponde Emanuele Sala, membro del Comitato centrale e dell'Ufficio politico del PMLI. Nelle scorse politiche l'indicazione al voto del PMLI era quella di disertare le urne. Il loro modo di intendere l'astensionismo, però, non ha niente a che fare con la tanto sbandierata "antipolitica" ma è "un atto cosciente di ripulsa e di contestazione delle istituzioni rappresentative borghesi".(*) Effettivamente, poi, l'astensionismo il 13 e 14 aprile scorso ha toccato livelli altissimi.
D. Secondo lei, quindi, ha perso la sinistra o ha vinto la destra? Qual è la sua analisi politica?
R. "La nostra analisi del voto parte da un dato meticolosamente nascosto dai media della destra e della 'sinistra' borghese: ossia la crescita dell'astensionismo (diserzione delle urne, schede annullate o lasciate in bianco) che si è attestato al 22,5% al Senato (+3,7%) e al 22,6% alla Camera (+3,5%). Si tratta di 10.615.207 elettori che non hanno abboccato agli appelli di Berlusconi e di Veltroni per il "voto utile" né a quelli di Bertinotti, Diliberto, Pecoraro Scanio e Mussi e in massa hanno negato la loro fiducia ai partiti e al parlamento del regime capitalista e 'neofascista'. Noi del Partito marxista-leninista italiano (PMLI) siamo più che soddisfatti di questo risultato visto che in ogni parte d'Italia dove siamo presenti abbiamo fatto campagna elettorale a sostegno dell'astensionismo. Lo abbiamo fatto sulla base delle seguenti parole d'ordine: "Battere la destra e la 'sinistra' borghese del regime capitalista, 'neofascista', presidenzialista, federalista e interventista. Lottare contro i piani di Berlusconi e Veltroni della terza repubblica. Per L'Italia unita, rossa e socialista. Creare le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo".
Detto ciò, nel conteggio dei voti validi appare ovvio che ha vinto con ampio scarto (8,2%) la destra borghese capitanata da Berlusconi, su quella della 'sinistra' borghese guidata dal neopresidenzialista Veltroni. Noi però non siamo affatto d'accordo con la tesi dello spostamento a destra dell'elettorato e lo abbiamo scritto sul nostro organo di stampa 'Il Bolscevico'. La matematica non è un'opinione e questa dice che il PdL ha perso rispetto alle politiche del 2006 ben 1.030.046 voti alla Camera e 816.029 al Senato. È vero che è cresciuta la Lega separatista di Bossi ottenendo complessivamente 3.026.844 voti ma è anche vero che nel 1996 di voti ne aveva 3.776.354; quindi ha solo recuperato non tutto il consenso perso negli anni passati".
D. Per la prima volta nel Parlamento italiano non è presente una forza di sinistra "tout court". Che perde la democrazia italiana con questa assenza?
R. "Non vi è alcun dubbio che Sinistra Arcobaleno e i partiti che la componevano (PRC, PdCI, Verdi e SD) ha pagato il conto più salato nelle elezioni del 13-14 aprile. Rispetto ai consensi del 2006 ha perso (senza contare Sinistra democratica di Mussi) ben 2.848.229 voti al Senato e 2.773.976 alla Camera. Molti di questi sono andati all'astensionismo, altri hanno risposto alle sirene di Veltroni sia pure in chiave antiberlusconiana. In pratica un tracollo verticale sotto le soglie previste per avere rappresentanza in parlamento. Una cocente sconfitta per il 'carrierista' trotzkista Bertinotti candidato premier di questa area politica. Le ragioni di questa cocente sconfitta? L'appoggio acritico determinante dato al governo Prodi e alle sue politiche liberiste e interventiste. Una crescente scollatura con i movimenti che dicevano di voler rappresentare. La delusione dei militanti e degli elettori di questi partiti, in specie PRC e PdCI, per non aver visto realizzare la 'parte migliore' del programma dell'Unione, lunga sarebbe la lista da fare. La non condivisione della strategia di Bertinotti e Diliberto (anche se ora quest'ultimo ci ha ripensato) di sciogliere i rispettivi partiti e abbandonare la denominazione comunista e la falce e martello, per dare vita a una nuova formazione di 'sinistra plurale' riformista, un po' socialdemocratica, un po' liberale, un po' femminista, un po' pacifista, un po' ecologista.
Come giudicare la scomparsa in parlamento della Sinistra Arcobaleno (ma anche dello SDI di Boselli)? Parlando di democrazia rappresentativa borghese si tratta di un restringimento notevole a causa di un sistema elettorale sempre meno proporzionale e sempre più maggioritario in una logica già bipartitica e presidenzialista. È interessante notare che, oltre ai diretti interessati sono stati gli esponenti del 'centro-destra' a dolersi dell'assenza di Bertinotti e Diliberto. I quali di fatto hanno svolto un ruolo di copertura a 'sinistra' del regime capitalista e si sono impegnati per incanalare le proteste operaie e popolari nel vicolo cieco del riformismo, del parlamentarismo, dell'elettoralismo borghesi. L'esperienza concreta del governo Prodi ha dimostrato che la presenza in parlamento, di più, nell'esecutivo, di queste forze politiche facenti parte della sinistra 'borghese' quindi non di classe, non comunista, non anticapitalista e non antagonista, non ha portato nessun beneficio alle masse sfruttate e oppresse, e nemmeno ai vari movimenti di lotta contro le missioni militari all'estero, contro la Tav, contro la nuova base Usa a Vicenza, contro la privatizzazione dell'acqua e altro ancora. Di conseguenza, la loro assenza non può recare danno casomai rappresenta un elemento di chiarezza".
D. Sia Silvio Berlusconi che Walter Veltroni, leader dei maggiori partiti italiani, hanno inventato la strategia del "voto utile" per massimizzare il loro consenso o per togliervi definitivamente di mezzo?
R. "Prima di rispondere alla domanda occorre fare una premessa senza la quale non si capisce nulla. Perché sono nati il Partito democratico (PD) e a ruota il partito del Popolo della libertà (PdL)? Il PD, ossia la sommatoria della maggioranza degli ex DS e della Margherita, non nasce da un moto rivoluzionario. È piuttosto una operazione costruita a tavolino per opera di vecchi volponi politici borghesi per tentate di fermare la caduta verticale di fiducia delle larghe masse popolari nei confronti dei vecchi partiti parlamentati (vedi per esempio il successo avuto dal libro 'La casta') e delle istituzioni borghesi, di recuperare credibilità nei confronti del fallimento del governo Prodi, di affrontare la crisi politica e istituzionale in cui è giunta la seconda repubblica capitalista, presidenzialista, federalista e interventista e di creare le condizioni per lanciare la terza repubblica, con le stesse caratteristiche di fondo della seconda, attraverso le ennesime 'riforme' istituzionali e costituzionali relative alla forma di governo e di Stato, relative al sistema elettorale e alle forme di rappresentanza parlamentare. Un progetto questo che ha trovato il favore immediato dei 'poteri forti', Confindustria compresa, e dello stesso Berlusconi che, non ha caso, si affrettò a costituire il suddetto PdL.
La questione principe che dunque stava e sta a monte ed a valle delle elezioni è la terza repubblica, ovvero il superamento definitivo della repubblica parlamentare e dello Stato borghese unico e indivisibile, con una repubblica presidenziale e federale. Il che comporta, sul piano elettorale, la marginalizzazione e la cancellazione dei piccoli partiti e l'avvento del bipartitismo di origine anglossassone.
Le recenti elezioni si sono svolte pienamente in questa logica. L'appello al 'voto utile' per Berlusconi e Veltroni è stato di conseguenza. Lo scopo di esso era in un tempo finalizzato a massimizzare il loro risultato a spese, inevitabilmente, delle forze minori non apparentate. La batosta ha però colpito i partiti parlamentari minori, compresi quelli falsamente comunisti. I quali versano effettivamente in una crisi devastante. Non noi del PMLI giacché ci muoviamo fuori e contro le istituzioni rappresentative borghesi, ci muoviamo in una ottica anticapitalista e proponiamo il socialismo. La scelta che abbiamo posto agli elettori è quella tra capitalismo e socialismo, invitandoli a dare il loro consenso al PMLI e al socialismo attraverso l'astensionismo".
D. Una volta esisteva la "Sinistra extraparlamentare", così "il manifesto" intitolava ironicamente la sua prima pagina il giorno dopo il voto. Voi che rappresentate tecnicamente la sinistra extraparlamentare, nell'eccezione moderna che giudizio date alla sinistra radicale che in questi giorni lascerà il parlamento.
R. "Il termine extraparlamentare a noi non piace, non chiarisce bene la nostra posizione. Comunque, è vero che immediatamente dopo gli anni '70, che videro una crescita forte dell'astensionismo, vi erano una serie di organizzazioni che si definivano extraparlamentari. Poi, le principali di queste, come 'Avanguardia operaia', 'Lotta continua', 'Democrazia proletaria', 'PdUP per il comunismo' fecero la scelta elettoralistica e parlamentare giurando che dagli scranni del palazzo avrebbero difeso gli interessi del proletariato. Finirono tutti per fare la copertura del PCI revisionista di Berlinguer e per essere fagocitati dai giochi e dalle mediazioni parlamentari delle forze politiche maggiori. In definitiva, fatte le debite differenze, è la stessa strada fallimentare seguita dalla cosiddetta 'sinistra radicale', in primis dal PRC il quale nato dalla scissione del PCI promossa da Cossutta nel '91, si proponeva addirittura di rifondare il comunismo, ma su quali basi? Su un terreno neo-revisionista, trotzkista e infine ghandiano. In pratica mille miglia distante dai principi stabiliti da Marx ed Engels nel celebre 'Manifesto del Partito Comunista' e successivamente attuati in Russia e Urss da Lenin e Stalin e in Cina da Mao.
Noi del PMLI invece, abbiamo proseguito a sostenere con tutte le nostre forze l'astensionismo elettorale, motivandolo nell'ambito della nostra strategia politica per il socialismo. Un astensionismo non di principio, ci teniamo a precisare (non siamo anarchici!) ma tattico. Abbiamo ritenuto e lo riteniamo ancora, che fosse più utile star fuori dalle istituzioni rappresentative borghesi intanto per non lasciare soli gli astensionisti spontanei, e sono tanti che già oggi si esprimono in questo modo, e contestualmente per combattere le illusioni parlamentari, elettoralistiche, governative e riformiste fortemente radicate tra le masse operaie e popolari. Inoltre il nostro astensionismo mira a indebolire, disgregare e delegittimare le istituzioni rappresentative della borghesia e a creare le condizioni per costruire le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo. Si tratta di una battaglia di lunga lena che noi intendiamo condurre senza farsi condizionare dalle difficoltà che incontriamo.
Il nostro giudizio sulla 'sinistra radicale' (ma è giusto definirla ancora così, sia pure tra virgolette?) lo abbiamo già espresso, è pessimo e duramente critico, per quanto essa ha fatto sin qui. Ma non ci pare che abbia colto la lezione. I partiti che la compongono sono allo sbando, sono dilaniati da contraddizioni interne e segnati da una progressiva perdita di militanti. Il progetto della Sinistra Arcobaleno se non è morto è moribondo: il PdCI pare che non ci stia più; i Verdi sono tentati di rientrare nel PD, il PRC è spaccato tra chi vuole rimettere in carreggiata il PRC e proporre una 'federazione delle sinistre' e tra chi non vuole abbandonare il cammino per un nuovo soggetto di 'sinistra plurale' dentro cui sciogliersi. Essendo queste forze tutte profondamente parlamentari, cercheranno di rientrare in gioco riallacciando un qualche rapporto, per forza subordinato, col PD di Veltroni. Le piccole aperture accennate da D'Alema e subito colte dai bertinottiani la dicono lunga in questo senso".
D. Dal grande passato al presente, verso il futuro. Quali sono le innovazioni politiche che il vostro movimento apporta nella società italiana?
R. "Per noi del PMLI la lotta per il socialismo rappresenta sia il presente che il futuro. D'altronde, sia Berlusconi che Veltroni in campagna elettorale hanno detto che vogliono cambiare l'Italia, cioè vogliono far affermare la terza repubblica con le caratteristiche sopraddette per competere con gli altri paesi imperialisti a livello europeo e mondiale. Noi invece vogliamo l'Italia unita, rossa e socialista. Sono ormai 41 anni (se consideriamo anche i 10 anni precedenti di attività alla fondazione del PMLI) che spendiamo tutte le nostre forze per creare tutte le condizioni oggettive e soggettive a questo scopo. Poveri in canna, senza alcun finanziamento pubblico, del tutto autofinanziati, superando difficoltà immense, abbiamo iniziato una Lunga Marcia per creare un grande, forte e radicato Partito marxista-leninista. Con un passo da montanaro, senza mai indietreggiare, andando sempre avanti. Nonostante il vergognoso e rigido silenzio stampa che vige nei nostri confronti. Oggi finalmente rotto dalla vostra rivista on-line di cui vi ringraziamo.
Lo abbiamo fatto partecipando alla lotta politica e alla lotta di classe con posizioni di avanguardia, denunciando il piano di 'rinascita democratica' della loggia P2 di Gelli per la seconda repubblica presidenziale, svolgendo opposizione nei confronti dei governi centrali e locali di 'centro-destra' e di 'centro-sinistra', difendendo i diritti dei lavoratori e dei ceti popolari. Passi avanti ne abbiamo fatti. Il PMLI è un partito nazionale, presente in quasi tutte le regioni. Altri ne faremo nel corso del 2008, anno in cui celebreremo il 5° Congresso nazionale. Cala lo scetticismo e aumenta l'interesse verso il PMLI, dei giovani anzitutto, dei fautori del socialismo e di coloro che si sentono comunisti in genere. Crescono i delusi del PRC e del PdCI che vogliono conoscere storia e proposta politica del PMLI".
D. "New Week" scrive che ormai le destre controllano quasi tutta l'Europa, soprattuto dopo la sconfitta politica di Gordon Brown in Inghilterra. Si tratta di normale avvicendamento politico portato dalla delusione del governo di sinistra (ma che spesso fanno politica di destra) o uno spettro nero che si aggira per l'Europa?
R. "La sconfitta dei laburisti di Gordon Brown è sicuramente figlia della politica portata avanti dal precedente premier Blair. Ènoto che la maggioranza degli inglesi era contro l'aggressione militare all'Iraq voluta da Bush e appoggiata da Blair, per giunta sulla base di una serie di menzogne spudorate. E anche in politica interna l'ex leader dei laburisti ha seguito una linea neoliberista non molto diversa dalla Thatcher a favore delle classi ricche e a sfavore delle classi povere.
La globalizzazione imperialista, è vero, spinge i governi a sviluppare politiche più conservatrici e reazionarie. Tuttavia a noi sembra che il tutto si svolga nell'ambito dell'avvicendamento tra destra e 'sinistra' borghese, in base ai consensi elettorali persi o guadagnati. In Spagna, per esempio è stato confermato di recente il socialista Zapatero. Nelle presidenziali Usa viene dato per favorito un democratico".
D. Togliere il simbolo della falce e martello, confondersi con i Verdi nascondendo il rosso ha significato per molte compagne e compagni regalare i voti alla Lega e alla destra. È meglio, quindi, votare "nero" che mettere una croce sul simulacro della sinistra?
R. "Certamente togliere il simbolo della falce e martello, come hanno fatto Bertinotti e Diliberto, per confluire con i Verdi di Pecoraro Scanio e SD di Mussi, ha accresciuto un dissenso tra i militanti e gli elettori di questi due partiti poi puniti severamente nelle urne. Un dissenso però che c'era già, per esempio, nel PRC allorché Bertinotti e Giordano fecero la scelta della 'sinistra europea'. Un dissenso che si è sviluppato in modo esponenziale nel corso della loro partecipazione al governo Prodi, facendosi complici delle varie 'nefandezze' da esso compiute. Noi però non crediamo affatto che i voti persi dal PRC e dal PdCI siano andati alla Lega e alla destra. Crediamo invece che il grosso di questi si sia astenuto e un'altra parte minoritaria abbia scelto di votare il PD pensando così di sconfiggere Berlusconi.
Si è fatto un gran parlare di operai che in tasca avrebbero la tessera della Cgil e voterebbero Bossi e Berlusconi. Non possiamo escludere che una parte, a nostro avviso minoritaria e più arretrata, frutto di un lungo processo di deidelogizzazione e decomunistizzazione, sia caduta preda della demagogia populista dei leader della Lega e del PdL. Ci sembra però ardita e infondata la tesi secondo cui la classe operaia voti a destra. A questo proposito c'è da ricordare che nemmeno Mussolini, per quanto ci abbia provato in tutte le maniere, riuscì a conquistare il cuore degli operai.
Questo non significa che non ci sia da lavorare e tanto per riparare i danni fatti dai revisionisti e dai falsi comunisti in genere per far prendere coscienza al proletariato di essere una classe per sé con un progetto di società, affinché riorganizzi le sua fila e rimetta in moto la lotta di classe per il socialismo. Per noi del PMLI la conquista del potere politico da parte del proletariato rimane la madre di tutte le questioni".
(*) Fonte: http: //www.pmli.it/discorsosalafirenze/htm

11 giugno 2008