Ancona. Lo denuncia l'Assemblea nazionale dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza della FIOM
"Più infortuni mortali, più malattie professionali"
"Contrattare nei luoghi di lavoro per prevenire il danno e garantire la salute"
La salute non si scambia

Il capitalismo si nutre di sangue operaio. Le cifre, come al solito, lasciano senza fiato: 14 mila morti sul lavoro negli ultimi 10 anni. Dall'inizio del 2011 si contano già 234 morti, 234.490 infortuni, 5.862 invalidi. In questi dati non sono considerati i decessi da malattia professionale che sono altrettanti e di fatto sono a tutti gli effetti delle "morti bianche". Basta solo pensare all'ecatombe causata dall'esposizione all'amianto.
Negli ultimi vent'anni non c'è stata una diminuzione degli infortuni sul lavoro, in particolare quelli mortali che anzi, nel 2010 sono saliti a 1.080, +6,8% rispetto al 2009. Sono cifre che testimoniano, senza alcun dubbio, un enorme problema rimasto insoluto, nemmeno scalfito: quello di una carenza spaventosa nella prevenzione e nella sicurezza nei luoghi di lavoro che, di fatto, nega la salute alle lavoratrici e ai lavoratori. Con il governo del neoduce Berlusconi la situazione è peggiorata vuoi perché ha operato per indebolire la legislazione vigente in tema di prevenzione, vuoi perché tale legislazione è comunque osteggiata dalla Confindustria e sostanzialmente non applicata. Ci sono poi i tagli di Tremonti alle ASL preposte ai controlli. È sua l'affermazione agghiacciante che recita che "in tempo di crisi la sicurezza dei lavoratori è un lusso che non ci si può permettere".
In questo quadro desolante le cui responsabilità ricadono non solo sul governo e sul padronato ma anche sulle altre istituzioni, sulla magistratura e sullo stesso sindacato, la FIOM-CGIL prova a rimettere all'attenzione il tema della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro. Lo ha fatto con l'Assemblea nazionale dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) tenuta l'11 marzo scorso ad Ancona. "Con questa assemblea - ha detto subito nella sua relazione Maurizio Marcelli, responsabile nazionale FIOM su salute e sicurezza - vogliamo ribadire che prosegue il nostro impegno per difendere il diritto alla salute dei lavoratori, non solo non accettando scambi o ricatti in nome di qualche presunto posto di lavoro in più o di qualche miglioramento retributivo, ma continuando a batterci per impedire che il rispetto delle norme per la sicurezza continui ad essere sistematicamente violato".
Per dare concretezza a questo impegno la FIOM ha pensato di lanciare una campagna per la prevenzione delle patologie da lavoro articolata in tre fasi. La prima, per la richiesta dei dati statistici sulle patologie diffuse. I medici competenti hanno l'obbligo di effettuare ogni anno un'analisi statistica delle patologie riscontrate ed essa deve essere consegnata sia al datore di lavoro che agli RLS, che però non la ricevono quasi mai. La seconda, per la richiesta dei dati sull'adeguatezza delle mansioni assegnata ai lavoratori con Ridotte capacità lavorative (RCL). I medici competenti hanno l'obbligo di certificare l'idoneità del lavoratori alla mansione specifica effettuata. Capita spesso che le loro prescrizioni troppo generiche non impediscano che a questi lavoratori vengano assegnati mansioni che provocano ulteriori danni alla loro salute. La terza fase, la richiesta dei documenti di valutazione dei rischi muscolo-scheletrici. Attualmente le aziende consegnano agli RLS solo dei dati generici sulla valutazione dei rischi che violano le norme di legge e indeboliscono l'azione preventiva.
"Il nostro slogan - ha detto Marcelli - deve essere: contrattare l'organizzazione del lavoro per prevenire il danno e garantire la salute". Un punto questo che deve diventare centrale anche nella definizione della prossima piattaforma di rinnovo del contratto nazionale. Il che comporta l'esigenza di rafforzare la figura del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza al quale, sostiene la FIOM, va aumentato il monte ore di permessi retribuiti dalle attuali 70 ad almeno 100 ore annue, e deve essere esigibile la formazione obbligatoria da svolgere nelle aziende stesse con il coinvolgimento del sindacato.
Altro punto importante per la prevenzione è rafforzare la partecipazione e la conoscenza dei lavoratori attraverso un'assemblea retribuita di almeno un'ora all'anno. Oltre a ciò servono anche assemblee retribuite di reparto o di gruppo, o area a fronte dell'utilizzo di nuovi materiali, di modifiche sostanziali dell'organizzazione, di infortuni o anche di incidenti senza infortuni, per la valutazione del rischio collettivo. Un esempio concreto, l'introduzione del metodo ErgoUas alla catena negli stabilimenti Fiat, senza contrattazione dei tempi e delle pause, che nel tempo può provocare danni alla tenuta psico-fisica dei lavoratori.
Interessante il contributo portato in questa assemblea dal lato legislativo e giuridico da Beniamino Deidda, un magistrato fiorentino che si è sempre interessato di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro. Deidda sostiene che, al di là di limiti e carenze che c'erano e ci sono, la legge 81/08, meglio conosciuta come Testo unico sulla sicurezza, ha rappresentato un progresso perché ha introdotto una concezione che richiede un sistema organizzativo della sicurezza fondato sulla partecipazione dei lavoratori "quali soggetti attivi che attraverso le loro rappresentanze, si fanno carico della prevenzione aziendale. Più in generale il Testo unico coinvolge in relazione tra loro tre soggetti: il datore di lavoro, il medico competente, il responsabile del servizio di prevenzione".
I progressi attesi però non si sono visti a causa delle trasgressioni delle norme (anche prima che il governo Berlusconi iniziasse a peggiorarle) da parte delle aziende, tra cui il rifiuto di coinvolgere gli RLS nelle scelte fondamentali che riguardano la sicurezza. La legge stabiliva i seguenti obblighi per i datori di lavoro: la definizione della politica aziendale di sicurezza; l'organizzazione del conseguente sistema della prevenzione; la valutazione di tutti i rischi per la salute; la definizione di un piano di intervento fondato sulla priorità della salute dei lavoratori; la condivisione di esso da parte dei lavoratori. Molto di ciò è rimasto sulla carta.
Ma se la prevenzione nelle aziende non è decollata e la partecipazione dei lavoratori alla prevenzione è largamente disattesa, oltre al governo e ai padroni ci sono altri soggetti che portano forti responsabilità. Deidda indica tra questi i servizi pubblici di prevenzione della ASL ai quali spetta il compito di un'opera capillare di controllo e di vigilanza nelle aziende. Compito in gran parte non assolto, diffondendo di conseguenza tra le aziende la convinzione di una sostanziale impunità delle violazioni di legge. Contribuiscono in questo senso i tagli lineari attuati dal governo anche alle ASL che si trovano ad operare con organici insufficienti. Altro soggetto indicato è la magistratura, la cui azione nel perseguire i reati inerenti alla sicurezza sul lavoro è da considerarsi assai inefficace. Per lo scarso numero di processi celebrati, la loro lentezza, l'esiguità delle pene comminate, i proscioglimenti per prescrizione ed anche la scarsa professionalità di tanti magistrati su questo tipo di reati. Insomma, senza adeguati e rigorosi controlli e senza la certezza della pena verso chi commette reato nessuna politica di prevenzione può avere effettivamente successo.
Ha concluso l'assemblea Maurizio Landini, segretario generale della FIOM, che ha imputato alla frammentazione dei cicli produttivi e all'attacco alla contrattazione collettiva la carenza nella difesa della salute dei lavoratori, la quale "passa per noi - ha detto - attraverso una ripresa e un'estensione dell'attività di contrattazione nelle fabbriche e nei cantieri e, quindi, attraverso un rafforzamento del Contratto nazionale".

30 marzo 2011