Sollecitato da Greco, direttore di "Liberazione"
Il capofila dei trotzkisti storici Ingrao attacca Lenin, Stalin e Mao

Mai come in questa tornata elettorale l'astensionismo di sinistra è diventato il principale nemico da esorcizzare e da battere per i falsi comunisti e trotzkisti. E massimamente per il loro capofila storico, Pietro Ingrao, che non ha perso occasione per lanciare appelli accorati ad andare alle urne, l'ultimo e il più patetico dei quali proprio alla vigilia del voto dalle colonne di "Liberazione", per supplicare "tutti e tutte, giovani e meno giovani, a non disertare le urne, a non far prevalere le ragioni di scoramento, di rassegnazione o, peggio, di abbandono che il seguito di sconfitte e di delusioni di questi anni porta con sé".
Una settimana prima, su "Liberazione" del 31 maggio, il direttore Dino Greco gli aveva messo a disposizione ben due intere pagine per questo tentativo di recupero in extremis degli astensionisti di sinistra, con una lunga intervista in cui Ingrao ha cercato di spiegare loro da cosa sono nate le "sconfitte e le delusioni" della "sinistra" borghese. E da buon trotzkista lo ha fatto assolvendo sé stesso e chi con lui ha condiviso la storia del PCI revisionista e di tutte le sue filiazioni, fino al PD e ai partiti falso-comunisti per i quali chiede oggi il voto, ma scaricando invece ogni colpa sul marxismo-leninismo e sui grandi maestri del proletariato internazionale: Lenin, Stalin e Mao.
Secondo la sua opportunistica "ricostruzione storica", infatti, fino agli anni ottanta in Italia era andato tutto bene e non ha avuto nulla da dire. E per forza, dal momento che in quegli anni, sull'onda del "compromesso storico" di Berlinguer con la DC, egli era asceso addirittura alla terza carica dello Stato! "Dopo però - spiega - venne l'inizio della sconfitta. La vivemmo anche nelle nostre roccaforti del Nord. Ma il crollo fu su scala internazionale. Non fu solo la sconfitta dell'Urss, con l'avventura sciagurata dell'Afghanistan. Non resse più l'ipotesi leninista, che era stata la dottrina su cui si erano formate generazioni come la mia, illuminate da pionieri straordinari e originali del comunismo come Gramsci, Terracini e Togliatti, l'uomo del compromesso di Salerno e del grande Partito comunista di massa italiano".
Sollecitato a questo punto da Greco a spiegare perché un partito "con queste radici e quella dimensione di massa" entrò in crisi, Ingrao insiste e rilancia: "Perché vennero al pettine nodi su cui il leninismo e ancor più lo stalinismo e poi il maoismo, avevano dato una risposta che non resse alle prove della storia".
Quindi il "peccato originale", secondo il capofila dei trotzkisti storici, starebbe nel marxismo-leninismo e nell'opera dei grandi maestri Lenin, Stalin e Mao, e non nel revisionismo e nell'opportunismo dei dirigenti del PCI come Togliatti e i suoi successori, di cui egli si professa orgogliosamente allievo, che li hanno traditi finendo per passare armi e bagagli nel campo della borghesia. Tant'è che alla domanda di Greco, che da ex sindacalista gli chiede molto cautamente se la crisi non sia cominciata anche prima degli anni '80, con l'accettazione della "moderazione salariale", la "precarizzazione" dei contratti, ecc., Ingrao fa orecchie da mercante e ribadisce ostinatamente la sua tesi autoassolutoria: "Sì. Ho detto che la crisi forte sgorgava dalle radici: il leninismo. Lo so. È un grande tema. E io qui posso solo mettere qualche breve nome. È l'idea leninista del soggetto che non regge alla prova della storia".
Gli rimaneva solo da spiegare perché allora chiedeva di "votare in tanti e votare bene" per una lista che si fregiava della falce e martello, visto che a suo dire il leninismo sarebbe stato sconfitto dalla storia. Ma questo l'imbroglione trotzkista Ingrao si è guardato bene dal farlo, così come l'operaista trotzkista Greco si è ben guardato dal domandarglielo.


15 luglio 2009