Dalle fabbriche: rompere le trattative e proclamare lo sciopero generale
Damiano e Padoa Schioppa ripropongono l'innalzamento dell'età pensionabile e la riduzione dei coefficienti
Inadeguata la reazione di Epifani, Bonanni e Angeletti
PRC e PdCI non vanno oltre la protesta formale
Come è andata la prima riunione concertativa tra governo, sindacati e associazioni padronali tenutasi il 9 maggio e avente come tema, tra gli altri, quello della previdenza? Per i lavoratori male, anzi malissimo. I rappresentati del governo infatti, sono tornati a riproporre a martello, come ormai fanno da mesi, l'innalzamento dell'età pensionabile e la riduzione dei coefficienti per il calcolo delle pensioni. A dire il vero il ministro del lavoro, Cesare Damiano, nel documento di cinque cartelle che ha portato al tavolo concertativo, è stato più guardingo, non ha scoperto tutte le carte del governo. Anche se il ministro in più occasioni aveva espresso il suo punto di vista consistente nel sostituire semplicemente lo "scalone" introdotto con la riforma Maroni con degli scalini; invece che abolirlo e ripristinare la precedente normativa che prevedeva la pensione a 57 anni di età con 35 anni di lavoro. Non per caso alla vigilia dell'incontro era trapelata sui giornali l'ipotesi a cui stanno lavorando i tecnici del ministero del Lavoro per elevare l'età pensionabile con la seguente gradualità: 58 anni nel 2008, dopo 18 mesi si passerebbe a 59 e così via fino a giungere a 62 anni nel 2014. Ed anche sui coefficienti di calcolo delle pensioni è apparso chiaro il riferimento di Damiano alla "riforma" Dini che prevedeva una ridiscussione di essi, dopo 10 anni dalla sua attuazione, ovviamente per abbassarli, mica il contrario!
Ci ha pensato però il ministro dell'Economia, il liberista e il tecnocrate Tommaso Padoa Schioppa, a chiarire la linea del governo sulla previdenza che si concretizza con un ulteriore peggioramento delle prestazioni attraverso l'innalzamento dell'età pensionabile e il depotenziamento del meccanismo di calcolo della pensione maturata a fine lavoro. E lo ha fatto in modo brutale e autoritario, gettando sul tavolo della concertazione il ricatto della scadenza di giugno per l'entrata in vigore della controriforma varata dal governo di "centro-destra" del neoduce Berlusconi. In sostanza Padoa Schioppa ha detto: "I tempi per la chiusura del tavolo sul Welfare sono molto vicini, che è fine giugno. La conseguenza di un mancato accordo sarebbe l'applicazione dell'attuale legislazione con lo scalone e la revisione dei coefficienti". In pratica il ministro, forte anche delle pressioni (indebite e inaccettabili) esercitate dal Fondo monetario internazionale, detta ai vertici sindacali il tipo di intesa da fare e intima loro di far presto per evitare un epilogo che, tutto sommato, non è poi molto diverso da quanto propone.
Del tutto deludente la reazione dei segretari nazionali di Cgil, Cisl e Uil Epifani, Bonanni e Angeletti i quali, invece di rovesciare il tavolo e chiamare immediatamente i lavoratori a dare un'adeguata risposta di lotta, si sono limitati a dichiarazioni di protesta di circostanza, si sono nascosti dietro all'assenza di una proposta ufficiale e unitaria di tutto il governo e hanno bisbigliato: non costringeteci a fare lo sciopero, troviamo un'intesa che almeno salvi le apparenze, dateci almeno la volontarietà nell'allungamento dell'età pensionabile, non toccate i coefficienti, visto che nell'ultima Finanziaria, col nostro consenso avete già tagliato 5 miliardi di euro nella previdenza. Questa cautela, questa debolezza, questa di fatto arrendevolezza dei vertici sindacali non è strana se si pensa che nel gennaio scorso hanno firmato col governo Prodi il famoso "Memorandum" sulle pensioni con al primo punto la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico, leggi riduzione della spesa pensionistica, nonostante che le casse dell'Inps, specie per il fondo dei lavoratori dipendenti, sia in attivo. E nel secondo punto la flessibilità, ovvero meccanismi e incentivi per allungare la vita lavorativa oltre l'età pensionabile.
Diversa, molto diversa la reazione che si è avuta nelle fabbriche, tra le Rsu e le strutture sindacali intermedie. Ma anche una categoria importante come la Fiom si è espressa ai massimi vertici in modo nettamente negativo. Dove si è capito subito la brutta piega presa nell'incontro tra governo e "parti sociali", e dove è stato giudicato intollerabile il ricatto di Padoa Schioppa, con il consenso assai probabile del presidente del consiglio, Romano Prodi. In più parti d'Italia, specie al Nord, ad esempio a Torino, Brescia, Parma, Bologna sono scattate proteste spontanee, i lavoratori sono scesi in sciopero, in molte fabbriche sono stati approvati ordini del giorno. Metallurgici in testa: acciaierie Teneris di Dalmine (Bergamo), Fincantieri di Trieste, L'Iveco di Suzzara (Mantova) e via dicendo. In un appello sottoscritto da Rsu e delegati di numerose aziende di Milano e dintorni si legge: "Sulla base delle proposte dal governo non esiste alcuna disponibilità al confronto. Cgil, Cisl e Uil - continua - devono quindi sospendere il tavolo attualmente aperto ed avviare una democratica consultazione tra tutti i lavoratori per costruire una piattaforma condivisa per la difesa della pensione pubblica con un percorso di lotta per respingere qualsiasi tentativo di peggiorarne la struttura". Nell'ordine del giorno della Rsu CF Gomma di Passirano si legge: "Se la proposta del Governo è quella di sostituire allo 'scalone' di Maroni un'ipotesi di innalzamento graduale dell'età per il diritto alla pensione, ed un, anche se graduale, peggioramento dei coefficienti di rendimento" è urgente che il sindacato "si appresti a costruire ed a mettere in campo una propria autonoma posizione, discussa e condivisa con tutti i lavoratori, ed a sostenerla con la lotta se necessario".
Il segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini, ha dichiarato che la "Sostituzione dello scalone con gli scalini e la modifica dei coefficienti di rendimento costituisce un inaccettabile percorso di peggioramento del sistema previdenziale". "Se il governo dovesse confermare (questa linea, ndr) sarà necessario decidere le conseguenti e adeguate iniziative di mobilitazione di tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici". Per Giorgio Cremaschi, della segreteria nazionale della Fiom e leader di "Rete 28 aprile" si deve andare allo sciopero generale subito. "Non vogliamo parlare né di coefficienti, né di età, né scalone e neppure di scalini". "Il lavoro dipendente ha già tirato fuori cinque o sei miliardi nella Finanziaria". "Di fronte a un signore che si presenta a un tavolo e fa la voce grossa, c'è una sola risposta: sciopero generale subito. Questo dovrebbe fare la Cgil, e spero ne abbia il coraggio". Le segreterie Fim, Fiom, Uilm di Brescia hanno chiesto alle segreterie nazionali di "promuovere una mobilitazione generale di tutti i lavoratori" per imporre il "miglioramento del sistema previdenziale". Anche i sindacati extraconfederali, come la CUB e il SdL, si sono espressi contro l'attacco alle pensioni da parte del governo Prodi e per lo sciopero generale.
Stiamo parlando di un governo, quello dell'Unione, di cui fanno parte a tutti gli effetti i partiti della cosiddetta "sinistra radicale", il PRC di Giordano, il PdCI di Diliberto, i Verdi di Pecoraro Scanio. I quali, anche di fronte all'attacco provocatorio di Padoa Schioppa, hanno messo in campo la stessa scenetta di copertura a "sinistra" di Prodi e di copertura di se stessi nei confronti dei loro militanti ed elettori; già vista in occasione della Finanziaria, del finanziamento del contingente militare in Afghanistan, in relazione alla base Usa a Vicenza per citare casi eclatanti. Una scenetta fatta di proteste formali, per la verità assai contenute, senza nessuna conseguenza concreta, senza nessun atto che in qualche modo possa mettere in pericolo la tenuta della maggioranza governativa. A questi opportunisti abbarbicati sulle seggiole istituzionali, basta aver telefonato a Prodi, come hanno detto, e si sentono a posto.
Hanno ragione i lavoratori ad essere preoccupati. La "trattativa" così impostata non può portare nulla di buono. Deve essere interrotta. I sindacati devono aprire una consultazione per definire una piattaforma condivisa. Lo sciopero generale è ormai maturo. Occorre proclamarlo subito per dare la risposta che merita al ricatto del ministro dell'Economia e per contestare la politica economica e sociale liberista e filopadronale del governo Prodi. L'occasione potrebbe essere quella del 1° giugno, data in cui è già in programma lo sciopero generale del pubblico impiego per il rinnovo dei contratti nazionali di lavoro.

16 maggio 2007