Riaffermata dal consiglio della difesa presieduto da Napolitano
L'interventismo è la priorità dell'esercito italiano
Berlusconi: In "missioni di pace" sono impiegati 40 mila uomini
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha presieduto il 2 ottobre al Quirinale la riunione programmata del Consiglio Supremo di Difesa, cui hanno partecipato il presidente del Consiglio, il neoduce Silvio Berlusconi, con i ministri Franco Frattini, Roberto Maroni, Giulio Tremonti, Ignazio La Russa, Claudio Scajola e il capo di Stato maggiore della Difesa, Generale Vincenzo Camporini. Presenti anche il sottosegretario alla presidenza Gianni Letta, il segretario generale della presidenza della Repubblica, Consigliere di Stato Donato Marra e il Segretario del Consiglio Supremo di Difesa, generale Rolando Mosca Moschini.
Il primo punto in agenda era l'esame della situazione internazionale e la valutazione degli impegni delle Forze Armate italiane nelle missioni multinazionali all'estero.
"A tal riguardo, anche sulla base dell'evidenza fornita dai nuovi scenari geo-strategici - afferma il comunicato della riunione - è stato rilevato come la missione primaria delle Forze Armate sia sempre più concretamente volta alla prevenzione, al controllo ed alla stabilizzazione delle crisi che mettono in pericolo la pace e la sicurezza internazionale, il che fa tutt'uno con gli interessi della difesa nazionale. Il Consiglio ha convenuto che lo strumento militare italiano deve concorrere - nell'ambito di interventi necessariamente multilaterali e multidisciplinari condotti in seno alla comunità ed alle organizzazioni internazionali - al recupero istituzionale, civile ed economico delle aree investite da crisi, anche al fine di sostenere la politica estera e il ruolo internazionale del nostro paese, in ultima istanza le sue stesse esigenze di sicurezza e di sviluppo. Questa impostazione segna il passaggio ad un concetto di difesa più ampio, dinamico e costruttivo rispetto al tradizionale schieramento lungo i confini e negli spazi territoriali nazionali, non idoneo a far fronte efficacemente alle grandi sfide caratterizzate oggi da eventi e fenomeni su sempre più ampia scala e fortemente interdipendenti".
In altre parole l'interventismo è la priorità dell'esercito italiano, a sostegno del ruolo internazionale, imperialista, del nostro paese. Quando si afferma che tale presenza sarebbe un tutt'uno con gli "interessi della difesa nazionale", comprese le partecipazioni all'occupazione dell'Afghanistan e dell'Iraq o l'intervento in Libano a sostegno di Israele, è evidente che la presenza dei soldati italiani nelle aree di crisi nel mondo, spesso camuffate come "operazioni di pace", altro non è che un supporto agli interessi imperialisti italiani. Una visione che trova concordi il presidente Napolitano e il governo del neoduce Berlusconi.
Al compito primario interventista dell'esercito italiano è subordinato anche il "piano per la profonda revisione delle strutture territoriali, amministrative e di supporto dell'area Difesa e per una coerente riqualificazione della spesa nei settori del personale, dell'esercizio e degli investimenti" in base alle risorse messe a disposizione dell'amministrazione della Difesa nel piano triennale del Tesoro, che era il secondo punto all'ordine del giorno. Un riaggiustamento che, precisa il comunicato, tiene ferma "la necessità ineludibile di mantenere capacità di intervento adeguate alle esigenze di sicurezza internazionale, corrispondenti agli interessi del paese". In ogni caso, ha garantito Berlusconi, il numero dei 40 mila uomini impiegati in "missioni di pace" non sarà ridimensionato.

15 ottobre 2008