Sull'intervento di Fosco Giannini al Senato sul welfare di Prodi
Tanto tuonò che non piovve


Davvero un interventone, quello tenuto dall'esponente del PRC, Fosco Giannini, al Senato sul welfare di Prodi, pubblicato su "L'Ernesto" del 13 dicembre 2007. Un interventone appassionato, con accuse forti, denunce infuocate. Peccato però che nelle conclusioni si sia spento come un piccolo cerino senza lasciare alcuna conseguenza pratica. Leggendolo verrebbe da dire, parafrasando un vecchio detto: Tanto tuonò che non piovve!
Giannini parte subito in quarta, con una sfilza di "sono contrario al Protocollo del 23 luglio".
Perché "i comunisti non dovrebbero mettere al primo posto la tenuta di questo governo" subordinato agli Usa, e alla Nato, alla Confindustria e al Vaticano. Perché "i comunisti dovrebbero votare no a quest'accordo che umilia i lavoratori". Perché "l'intera 'Cosa Rossa' dovrebbe votare no per nascere con un battesimo di lotta e non con la benedizione dei padroni". Infine perché esso "riassume l'intera legislazione del lavoro del governo Berlusconi". Bene, bravo!
Giannini prosegue il suo interventone a testa bassa e passa ad attaccare il governo Prodi non per un singolo atto ma per la sua politica complessiva. Domanda se "questo governo è l'alternativa a Berlusconi". La risposta è secca e negativa. "Sappiamo che non lo è, - dice - che il governo Prodi non è l'alternativa a Berlusconi". Bene, bravo!
Il senatore del PRC adombra "il pericolo grande della disillusione di massa, della separazione dalla nostra gente, dal nostro blocco sociale" e di conseguenza "la nostra possibile sconfitta strategica e la vittoria speculare del capitale". Nella forma "moderata e confindustriale alla Veltroni, o nella forma della destra reazionaria e aggressiva di Berlusconi". Questo è quanto accadrà, fa capire Giannini, se il nostro partito continuerà ad appoggiare il governo Prodi. Questo è quanto è già successo, aggiungiamo noi.
Non pago, il nostro "combattivo" senatore continua a dar mazzate, sacrosante, sia chiaro, sul Protocollo del 23 luglio che accresce il grande disagio sociale italiano segnato da 7 milioni e mezzo di poveri, che aggrava la controriforma pensionistica e ratifica la legge 30 sulla precarietà, che offre cospicui regali ai padroni per arrivare a questa conclusione: "è impensabile organizzare un progetto di cambiamento all'interno di aree istituzionali che poggiano su rapporti di forza sfacciatamente favorevoli al capitale". Le cose si cambiamo, aggiunge, "attraverso il rilancio del necessario ciclo di lotte sociali, del conflitto". Complimenti! Il ragionamento non fa una piega.
Giunto alle conclusioni (forse esausto) esclama che il PRC "dovrebbe votare contro, o - in subordine - votare la fiducia e poi ritirare la propria delegazione dal governo". Tanto più che lo stesso "Bertinotti ha dichiarato il fallimento del centro sinistra". Ti aspetti, a questo punto, che il "comunista" Giannini, in coerenza con quanto da lui stesso sostenuto con tanta energia, neghi il suo voto al Protocollo Prodi sul welfare. E invece no! Colpo di scena, vota a favore (triplo sic!). Egli accampa vari pretesti per giustificare questo gesto da salto della quaglia: un voto diverso dal gruppo non è concesso, pena l'espulsione, dice; sarebbero stati "gli operai" che ha incontrato a dirgli di comportarsi così per "continuare nel mio Partito una battaglia politica ed evitare l'ulteriore diaspora di migliaia di iscritti e militanti". Sta di fatto che anche lui ha contribuito, in modo determinante, considerato che la maggioranza del governo in Senato è molto risicata, ad approvare il vituperato Protocollo del 23 luglio, facendo, tra l'altro, la copertura a "sinistra" di Giordano e Bertinotti!
Questa, e non altro, è la funzione della corrente "comunista", in realtà revisionista, "L'Ernesto" diretta da lui stesso.

3 gennaio 2008