L'intervento preparato dal PMLI per il dibattito pubblico di Pavullo promosso dal PdCI
I comunisti devono utilizzare la lotta di massa per fermare la terza repubblica neofascista

Pubblichiamo l'intervento preparato dai compagni di Castelvetro di Modena del PMLI e non letto per mancanza di tempo al dibattito del PdCI di Pavullo del 30 maggio scorso.
Vorrei cercare di dare un'interpretazione critica della Costituzione del '48, partendo da un'analisi di classe e marxista-leninista.
A 60 anni dalla sua approvazione, è importante fare un bilancio critico della Costituzione del '48, specialmente oggi che Berlusconi e Veltroni, a braccetto nella loro tanto declamata "intesa bipartisan" sulle "riforme istituzionali", si preparano a varare una nuova Costituzione che serva da fondamento per la terza repubblica.
La Costituzione della Repubblica italiana entrò in vigore il 1° gennaio 1948, quando il nostro Paese usciva vittorioso dalla guerra di Liberazione contro il nazifascismo; ovviamente, la Costituzione che fu approvata allora era di carattere antifascista e non a caso fu definita "nata dalla Resistenza". Ma questo non deve distogliere dal fatto che, pur chiudendo con l'esperienza sanguinaria del Regno d'Italia e della dittatura fascista, essa manteneva invariato il sistema capitalista italiano.
Quello che avvenne allora fu un compromesso fra la borghesia e la classe operaia, nel quale evidentemente la classe operaia ebbe una posizione di svantaggio per colpa della direzione dei revisionisti: se da un lato vennero istituite maggiori libertà, ovviamente nei limiti della democrazia borghese, la borghesia ha avuto comunque piena legittimazione del proprio sistema politico ed economico, testimoniato dall'art. 42 che vede la proprietà privata capitalista come "riconosciuta e garantita dalla legge".
È poi inquietante il fatto che, mentre "l'iniziativa economica privata è libera" (come sancito dall'art. 41), il diritto di sciopero invece "si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano" (art. 40): qui si vuole dire che i padroni sono pienamente liberi di sfruttare, ma dove sta la piena libertà dei lavoratori di protestare? Non dimentichiamoci che, per citare un esempio a noi geograficamente vicino, 58 anni fa, il 9 gennaio 1950, gli scioperanti di Modena contro 300 licenziamenti vennero massacrati dalle "forze dell'ordine" subendo ben 6 morti. Così come in tutta la storia dell'Italia repubblicana sono state messe a punto gravi attività di intimidazione e repressione dello sciopero.
L'art. 1 dice che "L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro". Bene. Ma di quale lavoro stiamo parlando? Stiamo parlando del lavoro salariato, di un sistema di lavoro retto dallo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, cioè il capitalismo, un sistema contro cui i comunisti si battono per liberare i lavoratori da questo opprimente stato di sfruttamento padronale. Però è impossibile portare a compimento questa lotta, se si rimane imbrigliati nella cieca osservanza della Costituzione, dal momento che sì la "sovranità appartiene al popolo", ma la esercita "nelle forme e nei limiti della Costituzione", quindi anche nelle forme e nei limiti del lavoro salariato, dal quale i lavoratori non possono assolutamente uscire. Ecco perché bisogna liberarsi dalla gabbia del parlamentarismo e del riformismo se si vuole veramente trasformare la società.
Per non parlare poi degli articoli che vengono spudoratamente e impunemente violati. Parlo specificamente dell'art. 11, secondo cui "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali", articolo, questo, che è stato violato tantissime volte, nella guerra e nelle spedizioni militari contro la Serbia, l'Afghanistan e l'Iraq, l'intervento in Libano e altri, senza che i responsabili fossero in qualche modo puniti.
Lo stesso discorso vale anche per l'antifascismo. Benché sia un valore fondante della Costituzione, esso è continuamente calpestato dal concesso proliferare di partiti e gruppi neofascisti che, da buoni allievi delle squadracce nere di Mussolini, si scagliano in azioni violente contro comunisti, democratici, antifascisti e immigrati. Tutto questo nel vergognoso silenzio e immobilismo delle alte cariche dello Stato. Questo significa gettare fango sulla gloriosa lotta di Resistenza, significa negare la forte tradizione antifascista del nostro popolo.
Conclusa questa analisi, bisogna dire che, benché nominalmente esista ancora, la Costituzione del '48 di fatto è stata soppressa dai continui stravolgimenti operati dai vari governi che si sono succeduti nel tempo, in particolare con la parziale realizzazione del "Piano di rinascita democratica" della P2 di Gelli, avviato già con Craxi, ma che ha avuto un'impennata significativa con i governi del neoduce Berlusconi. Parlando degli stravolgimenti della Costituzione, mi riferisco in particolare alle leggi antisciopero, la legge Gasparri sul sistema radiotelevisivo, la legge Schifani salva-Berlusconi, la legge Pecorella, le leggi sull'elezione diretta dei presidenti delle province e dei sindaci, ecc. Anche il governo Prodi non è però esente da critiche, in particolare con il Dpef 2008-2011, insieme al quale varava il disegno di legge delega per il federalismo fiscale, atto con il quale tentava di far rientrare dalla finestra l'infame "devolution" bocciata dagli elettori nel referendum costituzionale del 2006, oltre a moltissimi altri provvedimenti che ora manca il tempo di elencare, di fatto anticostituzionali, ma che sono stati tollerati.
Tutto questo andava a costituire la seconda repubblica di stampo neofascista, presidenzialista e federalista, la cui completa attuazione è stata fermata dalle masse con la bocciatura del referendum costituzionale del 2006, con il quale il governo di Berlusconi aveva cercato di far avallare la nuova Costituzione presidenzialista.
Nonostante tutti questi provvedimenti che hanno portato al calpestamento della Costituzione del '48, non sono finiti qui i tentativi di cambiarla definitivamente e instaurare, oggi, la terza repubblica.
La marcia verso la terza repubblica vede camminare insieme, uno a fianco all'altro, il neoduce Berlusconi e il leader liberale e anticomunista del Partito Democratico, Veltroni. Costoro si erano già trovati d'accordo sulle "riforme istituzionali condivise" prima delle elezioni del mese scorso, e adesso il loro "inciucio" si realizza ulteriormente; doppiamente criminale è la posizione di Veltroni, che non solo sostiene Berlusconi nell'accartocciamento finale (fatto passare come semplice "riforma") della Costituzione, ma lo legittima anche agli occhi delle masse come una persona "democratica" e "giusta". Complimenti, questi, che gli sono fruttati il riconoscimento da parte di Berlusconi e dei suoi sgherri di essere "aperto al dialogo", "libero da vecchie ideologie" e cose del genere.
La terza repubblica che si vuole creare è una repubblica marcatamente presidenzialista e federalista, che appiattirà di fatto ogni diritto democratico in modo che la borghesia in camicia nera possa spadroneggiare come meglio crede. Vuole essere, in sostanza, un nuovo regime fascista, un regime impossibile da riconoscere per chi del fascismo ha solo l'idea iconografica del manganello e dell'olio di ricino, ma facilmente individuabile da chi comprende che il fascismo si sta affermando, restaurato con nuove forme, nuove parole e nuove bandiere, ma con gli stessi caratteri fondamentali che aveva ai tempi di Mussolini. Non lo dimostra forse, per non citare altri esempi, la sanguinosa e criminale repressione della protesta contro il G8 a Genova del 2001?
Per noi marxisti-leninisti i comunisti non possono che stare all'opposizione dei governi che reggono il sacco a questo sistema, indipendentemente che siano dichiaratamente di destra o che si coprano dietro una fraseologia e una simbologia di "sinistra". I comunisti devono usare la lotta nelle piazze, nelle fabbriche, nelle scuole, per fermare l'avanzata della terza repubblica neofascista.
Per i marxisti-leninisti, l'obiettivo storico della classe operaia resta il raggiungimento del socialismo. Lo sfruttamento dei lavoratori non è affatto cambiato dai tempi della Rivoluzione d'Ottobre, circa novant'anni fa, quando per la prima volta nella storia dell'umanità venne rovesciato il capitalismo. La via dell'Ottobre resta la via da percorrere per conquistare un mondo migliore libero dalle catene dello sfruttamento capitalista.
In conclusione, l'unica e vera alternativa di sinistra per i comunisti e per le masse lavoratrici e popolari è lottare senza tregua contro questo sistema capitalista sfruttatore e assassino per la conquista dell'Italia unita, rossa e socialista!

18 giugno 2008