Sporca operazione neofascista del governo Berlusconi
"Italiane", un libro contro le donne
Tra le "eroine" del neoduce l'amante e la moglie di Mussolini e perfino repubblichine e torturatrici di partigiani

Un'operazione propagandistica neofascista e revisionistica, volta ad esaltare le donne della borghesia e del fascismo e proporle come "modello" alle masse femminili italiane. Non c'è altro modo possibile per definire l'"omaggio" che la ministra del dipartimento per le Pari opportunità della presidenza del Consiglio, la forzista Stefania Prestigiacomo, ha voluto fare alle donne facendo stampare e distribuire "gratuitamente" in un milione di copie (tutte a spese dei contribuenti) il libro in tre volumi, "Italiane".
Il libro, il cui primo volume è stato fatto uscire strumentalmente in coincidenza con l'8 Marzo, seguito dagli altri due rispettivamente l'8 aprile e l'8 maggio, contiene le biografie di 247 donne vissute tra l'unità d'Italia e i giorni nostri, nelle quali, secondo la presentazione della stessa Prestigiacomo, "ricche e povere, del nord e del sud, raffinate e incolte, belle e meno belle, umili e proterve, sensuali e angelicate, in tutte risiede la forza e l'intelligenza. Ed il merito di aver contribuito, clamorosamente o impercettibilmente, alla crescita collettiva delle donne, alla loro evoluzione, alla loro coscienza di essere protagoniste".
In realtà, al di là del linguaggio pomposo della ministra, che sembra non a caso una miscela di retorica populista fascista e di letteratura "rosa", nel libro non solo non c'è traccia delle tante donne - antifasciste, partigiane, operaie, lavoratrici, sindacaliste - che hanno veramente contribuito alla lotta per l'emancipazione delle masse femminili italiane; non solo i tre volumi sono invece zeppi di donne dell'alta borghesia e perfino dell'aristocrazia, di imprenditrici, personaggi dello spettacolo, della moda, della letteratura "rosa" e scandalistica, dirigenti politiche della destra e della "sinistra" riformista e revisionista, e chi più ne ha più ne metta; ma vi compaiono non certo casualmente veri e propri personaggi-simbolo del fascismo, che credevamo relegati per sempre nella pattumiera della storia, e che invece vengono fatti riemergere con tranquilla "noncuranza" ed elevati con i più vari e assurdi pretesti al rango di "eroine" della storia d'Italia e dell'emancipazione femminile.
Tra queste troviamo nientemeno che l'amante del Duce, Claretta Petacci, la cui biografia è stata affidata non a caso al direttore del Tg2, il fascista di AN Mauro Mazza. Anzi, insieme a lei troviamo praticamente tutta la parte femminile della famiglia allargata del Duce: dalla moglie, donna Rachele, la cui biografia è stata scritta, riguarda caso, dal fascista Pietrangelo Buttafuoco (Secolo d'Italia, Il Foglio), "moglie appartata che costituisce il modello della popolana italiana capace di affrontare con coraggio e dignità la buona e la cattiva sorte", secondo la sbrigativa e assolutoria sentenza delle curatrici del libro, la storica di destra Lucetta Scaraffia e la "femminista" di Forza fascisti Eugenia Roccella; alla di lei e del Duce figlia, Edda Ciano, affidata alla benevola penna dell'editorialista neofascista del CdS Galli della Loggia.
A queste tre illustri "eroine" del fascismo, per buon peso, il libro del governo Berlusconi aggiunge altre figure se possibile ancor più squalificate ed esecrabili, non certo degne della lotta per l'emancipazione femminile ma semmai della galleria degli orrori della storia d'Italia, come Piera Gatteschi Fondelli, generale comandante del Saf, il corpo delle ausiliarie della Rsi, e l'attrice del regime Luisa Ferida (biografia di Anna Foa), che insieme al marito, l'attore Osvaldo Valenti, fece parte della famigerata banda Koch, specializzata nelle torture ai partigiani e agli antifascisti che venivano praticate nella cosiddetta "villa triste" a Milano.
A proposito di queste squallide figure ripescate dalle fogne della storia dal governo del neoduce Berlusconi, in una lettera di protesta inviata alla ministra Prestigiacomo dal Coordinamento femminile dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, si legge fra l'altro: "Siamo curiose di sapere a quali titoli rientrino nell'ambito delineato figure come quella di Claretta Petacci. Con tutta la pietas per l'esito tragico della sua vita, non ci pare si possa sostenere che da lei sia derivato un contributo all'evoluzione delle donne... L'unico titolo che le si può riconoscere è quello della fedeltà al suo uomo. Ma questa è una qualità che si ritrova, purtroppo, anche in figure tutt'altro che commendevoli, come alcune donne della mafia".
Nella lettera, oltre a stigmatizzare l'inserimento della tenebrosa figura di torturatrice e cocainomane della Ferida, si contesta anche quello di Rachele Guidi Mussolini, ricordando che al contrario di quanto affermano le due curatrici del libro "non fu molto appartata, incline com'era a costruire attorno a sé una specie di corte di fedelissimi e tutt'altro che aliena dal partecipare a intrighi politici e a stringere rapporti con i nazisti", come confermato dalla sua denuncia ai tedeschi di un prete romagnolo reo di aver predicato contro il regime e spedito a morire a Dachau. "Ma non ritiene, Onorevole Ministro - sottolinea in proposito la lettera - che il tipo della popolana italiana evocato sia rappresentato molto più adeguatamente da altre figure, tra cui la contadina Genoveffa Cocconi, madre dei sette Fratelli Cervi? Ma Genoveffa, chissà perché, non è stata ritenuta degna di menzione tra le oltre duecento donne di Italiane".
Che alla base di questa sporca operazione vi sia anche l'ormai dilagante campagna revisionistica di riabilitazione del fascismo, favorita dall'imbelle, codarda e complice "sinistra borghese", non ci possono quindi essere dubbi. Lo dimostrano le stesse stizzite reazioni con cui i fascisti hanno accolto le critiche al libro, come nell'articolo di fondo sul Secolo d'Italia del 10 marzo dal titolo "La sinistra gelosa di Rachele e Claretta", dove si legge: "Quanto alle biografie `proibite', la sensazione è che agisca a sinistra il più classico dei sentimenti femminili: la gelosia. Nel dramma personale e pubblico di Donna Rachele, di Claretta Petacci e di Luisa Ferida c'è il riassunto folgorante del dramma di una nazione, come spesso avviene nelle storie delle donne al centro della storia. Al confronto le altre, le Tina Anselmi, le Elda Pucci, le Marisa Bellisario, e persino le Anna Kuliscioff, impallidiscono, sbiadiscono, spariscono. Ovvio che si irritino, come reginette della festa finite a far da tappezzeria nel giorno del loro compleanno. Bene, dovranno abituarsi".
Dovremmo cioè "abituarci" a veder riscritta la storia del Paese in chiave fascista, a veder riabilitati i peggiori arnesi fascisti e alla messa alla gogna degli antifascisti e di chi ha lottato per il socialismo. Ma l'obiettivo di quest'operazione neofascista va ancora oltre, è parte integrante del disegno che mira a fare tabula rasa dell'8 Marzo e delle conquiste delle donne, per distoglierle dalla lotta di classe e relegarle nel ghetto della famiglia, schiave dei miti borghesi del carrierismo, della televisione, del mondo dello spettacolo, della moda, ecc.
Per noi invece il modello che deve ispirare oggi le donne sono le coraggiose operaie della Fiat di Melfi che hanno lottato fianco a fianco dei loro compagni per i sacrosanti diritti salariali e per ritmi di lavoro meno disumani, e non certo le "Italiane" che piacciono al neoduce Berlusconi e alle sue tirapiedi borghesi neofasciste.

15 settembre 2004