Calpestando l'art. 11 della Costituzione
L'Italia di Napolitano e Berlusconi è scesa in guerra contro la Libia
La "sinistra" borghese, con in testa il PD, più guerrafondaia della destra
Nelle piazze di Napoli, Bologna e Fucecchio il PMLI condanna la guerra

Presidente l'Italia è in guerra, ha chiesto il 20 marzo un giornalista a Giorgio Napolitano nella sua tappa di Milano per le celebrazioni dei 150 anni d'Italia. "Non siamo entrati in guerra. Siamo impegnati in un'operazione autorizzata dal Consiglio di sicurezza dell'Onu. La carta delle Nazioni Unite ha un capitolo, il settimo, che prevede anche azioni con le forze armate volte a reprimere la violazione della pace", è stata l'ipocrita risposta del nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, che dietro il paravento della Carta dell'Onu, che comunque non obbliga nessun paese a mettere in pratica l'articolo sette, nasconde la sue fregola interventista. L'Italia è in guerra contro la Libia, calpestando l'articolo 11 della Costituzione. Una guerra subito condannata dal PMLI nelle manifestazioni in piazza come quella di Napoli, e attraverso le diffusioni tra le masse a Bologna e Fucecchio.
Una guerra che sembrerebbe del tutto particolare a sentire il nuovo Mussolini, Berlusconi, che il 21 marzo ha assicurato che i nostri Tornado impiegati sui cieli della Libia "non hanno sparato e non spareranno", in evidente contrasto con quanto affermato dal ministro della Guerra, Ignazio La Russa, che ha promesso alla coalizione imperialista l'impiego dei caccia italiani per neutralizzare i radar di Gheddafi e dai compiti operativi rivelati dai piloti impiegati nelle prime missioni. Una contraddizione risolta con la cacciata dei giornalisti dalla base di Trapani e dal divieto ai piloti di rilasciare dichiarazioni. Della guerra forse sapremo solo quello che sarà utile al governo e a Berlusconi, impegnato a tenere a bada i mugugni opportunisti all'interno della sua stessa maggioranza da parte della Lega. Per sua fortuna trova schierata dalla sua parte la "sinistra" borghese, con in testa il PD, più guerrafondaia della destra, e gli "oppositori" Casini e Fini.
Fino all'ultimo Berlusconi ha tentato di non tagliare i ponti coll'amico Gheddafi ma di fronte all'azione decisa dei concorrenti imperialisti francesi e inglesi e per difendere lo spazio economico, commerciale e politico che l'Italia imperialista si è conquistato in Libia, è dovuto "scendere in campo", mettere a disposizione il nostro paese quale base logistica dell'intervento militare e mandare in missione i Tornado.
La riunione straordinaria del Consiglio dei ministri del 18 marzo si concludeva con un comunicato nel quale si affermava che ogni decisione sarebbe stata presa in accordo con il Quirinale mentre "il Parlamento sarà costantemente informato ai fini delle decisioni che intenderà adottare". Decisioni già prese, come comunicavano il ministro degli Esteri, Franco Frattini, e La Russa alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, dopo la riunione del consiglio. L'Italia "parteciperà attivamente" all'attuazione della risoluzione delle Nazioni Unite sulla Libia, autorizza "l'uso delle sue basi e non solo", informava Frattini. L'offerta delle basi, precisava La Russa, è "senza nessun limite restrittivo all'intervento, quando si ritenesse necessario per far rispettare la risoluzione Onu". Il ministro della Guerra concludeva avanzando una ipotesi di impiego dell'aviazione sottolineando che "abbiamo forte capacità di neutralizzare radar di ipotetici avversari, e su questo potrebbe esserci una nostra iniziativa: possiamo intervenire in ogni modo".
Gli aerei da impiegare saranno i Tornado nella versione speciale denominata Ecr, una squadra di aerei di base a San Damiano vicino a Piacenza, equipaggiati con missili americani Agm-88 harm che si dirigono verso le emissioni radar per distruggerle. Un tipo di missione che i Tornado italiani hanno già svolto nel 1999 durante l'aggressione Nato alla Serbia, sotto il governo D'Alema.
Un precedente non necessario, sarebbe arrivato comunque al governo l'appoggio convinto del PD. "Nei limiti della risoluzione dell'Onu siamo pronti a sostenere il ruolo attivo dell'Italia", affermava il segretario Pierluigi Bersani, che a scanso di equivoci chiariva: "Il governo conosce la nostra disponibilità, noi chiediamo soltanto che in queste ore non ci siano dichiarazioni estemporanee e contraddittorie. Bisogna parlare con gli altri Paesi disponibili e con la Nato. Nessuno faccia lo stratega, questa è una cosa seria". Si preoccupava soprattutto di non far fare una "brutta figura" all'imperialismo italiano. Anzi, PD, assieme a FLI e UDC, insisterà per un ruolo di primo piano nell'azione militare.
Massimo D'Alema, da esperto, consigliava il governo di agire sotto lo scudo dell'Alleanza atlantica: "Siamo a rischio ritorsioni e dobbiamo chiedere che si attivi un dispositivo di protezione della Nato, una rete di sicurezza indispensabile" per prevenire reazioni da Gheddafi. Un punto sul quale ovviamente il ministro Frattini era d'accordo.  
Chi comanda l'operazione, era la preoccupazione di Frattini che proponeva per il compito la Nato, allo scopo di tenere a bada il protagonismo di Sarkozy e Cameron. Come sottolineava il direttore de il Giornale di Berlusconi: "non possiamo lasciare che Sarkozy e soci mettano mano da soli sulla Libia, sui nostri interessi economici e sulle nostre strategie politiche". Il famigerato trattato italo-libico, firmato da Berlusconi a Bengasi nel 2008, approvato anch'esso a larga maggioranza, era forzatamente superato, anzi "sospeso" lo scorso 27 febbraio, per gli interessi imperialisti dell'Italia in Libia oggi servono i Tornado.
La posizione della Lega era anticipata da Bossi: "era meglio la posizione tedesca, maggior cautela, con le bombe stanno facendo venire qui milioni di immigrati". Preludio all'astensione in parlamento. Le preoccupazioni della Lega non sono certo per il popolo libico quanto per i flussi, quello del petrolio che per la guerra si potrebbe interrompere e quello dei profughi verso l'Italia, il paventato esodo di massa.
Da registrare la posizione di Nichi Vendola, che sostiene che se fosse stato in parlamento avrebbe votato no al bombardamento su Tripoli ma aggiunge che la "risoluzione Onu in qualche maniera dà una copertura legale alle decisioni assunte dei paesi occidentali. Che poi ci sia una contraddizione tra questi impegni di carattere palesemente militare e il precetto scolpito nell'articolo 11 della Costituzione è una questione di grande rilievo. Che resta aperta". E no, non resta aperto un bel nulla. La decisione Onu viola la sovranità della Libia e l'adesione dell'Italia calpesta la Costituzione. Prima dell'inizio dell'aggressione aveva affermato che "dobbiamo lavorare per impedire il massacro dei civili in Libia ma anche per evitare che si ripetano copioni tragici che hanno visto soluzioni militari precipitare in pericolosi e terribili pantani (sic!). Serve infinita saggezza da parte di tutti". Di sicuro meno ipocrisia da parte di Vendola.
In parlamento si asterrà anche l'IDV. Una vergogna. Non c'è verso, quando sono in ballo i fondamentali interessi imperialisti dell'Italia tutti rispondono all'appello e solo la piazza può fermare le fregole interventiste di Napolitano e Berlusconi che hanno calzato l'elmetto. E insieme sventolano il tricolore imperialista e festeggiano a suon di bombe il 150esimo dell'Italia, e assieme al centesimo anniversario della colonizzazione libica avvenuta nel 1911.
Via l'Italia dalla guerra alla Libia.
Libia libera da Gheddafi e dagli imperialisti.
Abbattiamo il governo guerrafondaio di Berlusconi.

23 marzo 2011