Con l'avallo di Ciampi
L'Italia di Berlusconi partecipa alla spartizione dell'Iraq
In partenza le truppe italiane di occupazione

Ora non c'è nemmeno più la scusa della "missione umanitaria": le forze armate italiane parteciperanno all'occupazione militare dell'Iraq, senza se e senza ma, insieme alle truppe dei due capofila imperialisti, Stati Uniti e Gran Bretagna, e agli altri Stati "ascari" che hanno accettato di essere della partita.
Il piano è stato annunciato ai primi di maggio a Londra, e sta per essere messo a punto in questi giorni a Varsavia. L'Iraq sarà diviso in tre o forse anche quattro zone. Quella Sud, comprendente Bassora, rimarrà sotto il comando britannico, ma ad affiancare i 20 mila soldati inglesi ci saranno gli italiani, con il contingente più grosso (3-4000 uomini) e, con forze minori, spagnoli, danesi, olandesi, albanesi e lituani. La zona centrale, con Baghdad, sarà sotto il controllo Usa, che attualmente dislocano 135 mila uomini, ma che in autunno secondo i piani americani potrebbero ridursi a 20-30 mila, poco più di una divisione. La zona Nord, comprendente Mosul e Kirkuk, sarebbe affidata ai polacchi, che avendo partecipato alla guerra si sono guadagnati la palma di capofila della "nuova Europa" tanto cara a Bush e Rumsfeld. Sotto il loro comando agirebbero truppe di altri paesi dell'Est, tra cui Repubblica Ceca, Lettonia, Estonia, Romania, Bulgaria e Ucraina.
Il piano anglo-americano di estendere l'occupazione militare dell'Iraq a una "forza multinazionale" composta dai loro più fedeli alleati risponde all'esigenza di liberare forze Usa dal compito di controllare un paese così vasto e insicuro come l'Iraq, e renderle disponibili per altre aggressioni militari già in cantiere, secondo la strategia della "guerra infinita" di Bush. Inoltre il coinvolgimento di altre nazioni permetterà a Washington di risparmiare sulle ingenti spese di mantenimento delle proprie truppe in Iraq, stimate in 250 mila dollari all'anno per ciascun soldato.
Dalla "forza multinazionale" sono esclusi naturalmente i paesi che sono stati contrari alla guerra, come Francia e Russia. La Germania viene trattata in modo diverso. Gli Usa vorrebbero farla partecipare, ma sotto il comando polacco, a sottolineare la nuova gerarchia delle alleanze che gli americani intendono imporre all'Europa. Nessun ruolo, se non la pura gestione dell'emergenza umanitaria, è previsto per l'Onu. La "forza multinazionale" potrebbe essere schierata in Iraq già alla fine di maggio.
L'Italia è tra i paesi che hanno già aderito. E lo ha fatto, come al solito, in tutta segretezza e senza informare il parlamento e il paese, tranne che a cose fatte. La forza italiana, che a giugno potrebbe essere schierata sul terreno, è già pronta, a conferma di come tutto sia stato deciso da tempo a livello di governi. Un primo gruppo di una quindicina di carabinieri è già in Iraq per preparare il terreno all'arrivo del contingente italiano.
A guidarlo sarà la brigata Garibaldi, di stanza a Salerno, ma parteciperanno, secondo il piano del capo di Stato maggiore Mosca Moschini, reparti di tutte le quattro armi, carabinieri compresi. In pratica sarà formata dal contingente di 3-4.000 uomini deciso e approvato dal parlamento nero per "proteggere" gli "aiuti umanitari", solo che stavolta non avrà nemmeno più bisogno di questa foglia di fico. Gli italiani vanno in Iraq per partecipare alla sua occupazione militare, punto e basta. Come del resto si sapeva già da tempo. Solo che l'opposizione di cartone dell'Ulivo faceva finta di non saperlo e di credere alla balla degli "aiuti umanitari" per coprire il proprio opportunismo e collaborazionismo. Ed è così che ha dato il suo avallo all'intervento imperialista con l'astensione parlamentare, e ora è troppo tardi per tornare indietro.
Tant'è vero che il ministro della Difesa Martino, che si è subito recato a Washington per assicurare al suo collega Rumsfeld che l'Italia è prontissima per la missione Iraq, ha potuto dichiarare con sufficienza che "un voto non sarebbe necessario ma se l'opposizione lo chiede non ci sono obiezioni". Successivamente Martino (che in segno di ringraziamento per l'appoggio italiano pare sarà proposto dagli americani quale prossimo segretario della Nato), ha precisato che il governo chiederà al parlamento di approvare solo i finanziamenti (si parla di 350 milioni di euro solo per i primi sei mesi) e gli aspetti giuridici della missione, essendo quest'ultima già stata approvata con il voto del 3 aprile scorso.
Un altro disgustoso avallo alla nuova missione imperialista italiana è venuto da Ciampi, che si è rimangiato come se niente fosse la promessa che durante la guerra fu costretto a pronunciare davanti ai dimostranti che lo contestavano: "Non un soldato italiano è andato in Iraq, né mai ci andrà", aveva detto. Ora, a guerra "conclusa", si è rimesso l'elmetto di capo delle forze armate per dare la sua benedizione alla missione imperialista italiana in Iraq, dichiarando ipocritamente, come ha fatto a Bergamo, che: "Dopo una guerra che vorremmo si fosse saputa evitare, ora il popolo iracheno, che si è lasciato alle spalle le ferite di una sanguinosa dittatura, deve ricreare nuove istituzioni di governo. L'Italia e l'Europa si apprestano a dare, con i loro uomini e le loro idee, un significativo contributo alla ricostruzione materiale, civile e istituzionale".
E con ciò ha dato il suo viatico personale ad un'operazione che serve all'Italia di Berlusconi per guadagnarsi, come l'Italia di Mussolini con l'entrata in guerra a fianco della Germania di Hitler, un posto al tavolo dei banditi imperialisti che si stanno spartendo l'Iraq e le sue ricchezze.