Il capo del governo socialista francese si giustifica dicendo che nel
trotzkismo aveva visto "un'alternativa allo stalinismo''
JOSPIN
COSTRETTO AD AMMETTERE DI ESSERE STATO UN TROTZKISTA
Un'altra
prova che i trotzkisti, come Bertinotti, sono degli agenti del grande capitale
Il capo del
governo francese, il socialista Lionel Jospin, nel corso dell'intervento del 5
giugno all'Assemblea nazionale è stato costretto ad ammettere di essere stato
un trotzkista. Lo stesso giorno il quotidiano Le Monde aveva pubblicato una
documentata inchiesta con le prove dell'appartenenza di Jospin, col nome di
battaglia Michel, a una organizzazione trotzkista che praticava l'"entrismo''
ovvero l'infiltrazione dei propri militanti in altri partiti. Appartenenza
conosciuta negli ambienti politici francesi che però Jospin si è ostinato per
anni a negare.
Al servizio del quotidiano si riferiva una interrogazione di un deputato
dell'opposizione al capo del governo che ammetteva: "è vero, negli anni
sessanta ero interessato alle idee trotzkiste e ho annodato rapporti con una
formazione di quel movimento. Si tratta di un itinerario personale, intelletuale
e politico di cui non ho motivo di arrossire. Ero spinto dall'impegno contro il
colonialismo e lo stalinismo''. A giudicare da come ha difeso nei suoi quattro
anni di governo l'imperialismo e il neocolonialismo francese è da ritenere che
la molla principale sia stata l'impegno contro Stalin e l'anticomunismo.
Affermava infine che non ne aveva parlato prima perché pensava "che la
cosa non appassionasse nessuno''. Una motivazione ipocrita dopo che per anni ha
continuato a negare il passato trotzkista, a dire che forse si sbagliavano con
suo fratello Olivier, e che cerca di liquidare la vicenda come un normale
percorso "giovanile'' di formazione politica.
Le inchieste giornalistiche che lo hanno inchiodato sono più precise. Lo
racconta a Le Monde Boris Frenkel, uno dei fondatori dell'Oci (Organizzazione
comunista internazionale) che oggi si chiama Pci (Partito comunista
internazionale), reclutatore e maestro, assieme all'altro capobastone trotzkista
Pierre Lambert, del giovane Jospin allora allievo dell'Ena (la scuola nazionale
di amministrazione), la prestigiosa scuola superiore che forma i futuri quadri
dello Stato e che lo porterà nel rango di alto funzionario del ministero degli
Esteri. Per queste ragioni farà parte di una cellula coperta e la sua
appartenenza all'organizzazione è nota a poche persone. Dal corpo diplomatico
esce alla fine degli anni '60 e lo ritroviamo nel 1971 nel partito socialista
appena rifondato da Mitterrand a Epinay. I suoi rapporti con l'organizzazione
trotzkista continueranno però per almeno una decina di anni, financo quando
diventa segretario del PSI. A coronare il "successo'' della politica
entrista dell'Oci.
Questa la strategia trotzkista che Jospin ha tentato di negare. Le Monde ricorda
che Jospin ha mentito nel '95 quando intervistato affermò di non essere mai
stato trotzkista e di essere stato scambiato con suo fratello Olivier. Una linea
difensiva ridicola e strafottente che terrà fino all'ultimo. A fine maggio il
periodico Parisien pubblica un'intervista a un membro della cellula segreta
della defunta Oci che conferma l'appartenenza di Jospin all'organizzazione da
poco uscita dalla clandestinità. L'intervistato afferma che anche Mitterrand
"era perfettamente a conoscenza della doppia appartenenza'' di Jospin e non
ebbe nulla da ridire. Jospin tace ancora ma a fronte del nuovo servizio di Le
Monde è costretto all'ammissione.
Altri parlamentari del partito socialista francese hanno ammesso il loro passato
trotzkista, fra i quali anche il ministro senza portafoglio all'insegnamento
professionale Jean Luc Melenchon.
L'entrismo trotzkista è una pratica seguita dappertutto. Fra gli imbroglioni
trotzkisti e opportunisti di "sinistra'' entrati nei governi non mancano
gli esempi italiani, dai trotzkisti storici Giorgio Ruffolo e Rino Formica nel
PSI e ministri, rispettivamente alle Finanze e all'Ambiente, nei governi della
nuova destra e della P2 Andreotti-Craxi dell'89 e del '91 ai recenti ministri
dell'Ulivo Luigi Berlinguer e Pierluigi Bersani del PDS e Edo Ronchi e Gianni
Mattioli dei Verdi. E non a caso Jospin è difeso a spada tratta dai trotzkisti
del PRC che su Liberazione del 7 giugno ritengono che nell'ammissione di Jospin
non vi sia "nulla di trascendentale'' e che anzi la sua dichiarazione di
sentirsi orgoglioso del suo passato politico sia una sua mossa per conquistarsi
le simpatie e i voti della "sinistra della sinistra'' alle prossime
presidenziali. Una chiamata a raccolta della cosiddetta "sinistra plurale''
che tanto piace a Bertinotti per coprire a sinistra il potere della borghesia.
Il percorso politico di Jospin è invece un'altra prova che i trotzkisti, come
Bertinotti, sono degli agenti al servizio del grande capitale.
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