La guida suprema dell'Iran risponde alle "aperture" di Obama
Khamenei: "Gli Usa devono offrire gesti concreti e non solo parole"

Il presidente americano Obama in un messaggio del 20 marzo aveva rilanciato la sua politica della "mano tesa" verso l'Iran e, rivolto al governo di Teheran, aveva affermato che occorreva "stabilire rapporti costruttivi tra Usa, Iran e comunità internazionale" e avviare una "nuova stagione" del dialogo. "Voi avete il diritto al vostro posto nella comunità delle nazioni, ma questo comporta vere responsabilità, e quel posto non può essere raggiunto con il terrorismo o con le armi ma piuttosto con azioni pacifiche che dimostrino la vera grandezza del popolo e della civiltà iraniana", aggiungeva Obama. Seppur detto con altre parole rispetto a Bush, non mancava nel messaggio l'attacco alla politica antimperialista dell'Iran e al suo diritto a sviluppare il nucleare civile.
A questa supposta "apertura" dell'imperialismo americano rispondeva la guida suprema iraniana Ali Khamenei che in un discorso televisivo dalla città di Mashhad, nord est dell'Iran, ricordava che per avere dei progressi nelle relazioni tra i due paesi non bastano le "parole" ma servono atti concreti. Se gli Stati Uniti "cambieranno, noi cambieremo il nostro atteggiamento", affermava Khamenei ma al momento gli Usa "usano lo slogan 'cambio', ma in pratica non vediamo alcun cambiamento, nemmeno la letteratura è cambiata. Se dite la verità, perché non vediamo cambiamenti. I vertici americani e gli altri devono sapere che non ci si può prendere gioco degli iraniani e minacciarli. Il cambiamento del linguaggio non è sufficiente, deve essere reale".
"Non abbiamo nessuna esperienza della nuova amministrazione e del presidente Usa - proseguiva Khamenei - osserveremo e giudicheremo. Cambiate e il nostro atteggiamento cambierà. Se voi non cambierete atteggiamento, sappiate che il nostro popolo si è rafforzato, è diventato più forte in questi ultimi trent'anni. Il nostro popolo non accetta che gli si proponga di negoziare e al tempo stesso si agiti la bandiera delle minacce".
"Ci propongono di negoziare e ristabilire le relazioni diplomatiche. Parlano di cambiamento. Ma chi è stato a cambiare? Dove sono i segni del cambiamento, avete revocato le sanzioni contro l'Iran, avete sbloccato i nostri capitali congelati negli Stati Uniti, avete messo fine alla propaganda ostile contro il nostro Paese, avete interrotto il vostro sostegno incondizionato al regime sionista?" sottolineava Khamenei che accusava inoltre gli Usa di sostenere gruppi ostili all'Iran, come i guerriglieri sunniti Jundallah che hanno condotto numerosi attentati negli ultimi anni: "questi ribelli che agiscono alla frontiera fra l'Iran e il Pakistan hanno legami con elementi americani. Abbiamo le registrazioni delle loro conversazioni, e purtroppo questo sostegno continua".
Proseguiva Khamenei: "i vertici americani devono sapere che non ci si può prendere gioco degli iraniani, offrire negoziati e insieme minacciarli. Il nuovo presidente americano ci fa gli auguri di Capodanno e allo stesso tempo ci accusa di appoggiare il terrorismo e di volere le armi atomiche. Ci tende la mano guantata di seta ma sotto potrebbe essere fusa nel ferro". D'altra parte, ricordava Khamenei, gli Stati Uniti sono il paese "più odiato nel mondo" e "dovrebbero smetterla di interferire negli affari interni degli altri paesi".
Nel gennaio scorso Obama aveva già avanzato la stessa offerta di dialogo in una intervista a Al-Arabiya cui il presidente iraniano Ahmadinejad aveva ribattuto: "Obama si scusi per sessant'anni di atti malvagi e di crimini compiuti contro l'Iran", a partire dal colpo di Stato contro Mossadegh nel 1953 organizzato dalla Cia per continuare con "l'incoraggiamento dato a Saddam negli anni 80 ad attaccare l'Iran". E rivolgendosi direttamente a Obama aveva aggiunto: "dovete finire con l'arroganza e la retorica contro le altre nazioni come se solo gli americani fossero cittadini di prima classe e il resto dell'umanità di terza o di quarta. Chi parla di cambiamento deve mettere fine alla presenza militare americana nel mondo, ritirare le truppe e restare all'interno delle proprie frontiere, senza intromettersi più negli affari interni di altri popoli".
Al momento quale atto concreto delle aperture verso l'Iran resta l'invito a Teheran, formulato dalla Clinton, a partecipare alla conferenza per la stabilizzazione dell'Afghanistan che si è aperta il 31 marzo all'Aja e a cui ha partecipato il viceministro degli Esteri Mohammed Mehdi Akhundzadeh. Da ricordare che anche l'amministrazione Bush aveva autorizzato contatti con Teheran per la stabilizzazione dell'Iraq e per l'Afghanistan, pur tenendo ferme le minacce e le provocazioni contro l'Iran inserito nell'"asse del male".

15 aprile 2009