Sotto l'egida di Usa, Ue e Nato. Russia e Cina contrari ( La storia del Kosovo )
Il Kosovo dichiara l'indipendenza dalla Serbia
Per rafforzare la loro presenza neocolonialista gli imperialisti europei inviano nel nuovo Stato una "missione civile di polizia" di duemila uomini
Belgrado: "Stato fantoccio illegale
"

Il testo della Dichiarazione di Indipendenza del Kosovo è stato approvato dal parlamento di Pristina riunito il 17 febbraio alla presenza del presidente Fatmir Sejdiu e del premier Hashim Thaci. "Proclamiamo il Kosovo stato indipendente e sovrano. (...) Una Repubblica democratica, laica e multietnica, diretta dai principi di non discriminazione e di difesa equa secondo la legge. Noi difenderemo e promuoveremo i diritti di tutte le comunità in Kosovo e creeremo le condizioni necessarie per la loro partecipazione effettiva ai processi politici e decisionali", recita la dichiarazione che dovrebbe tutelare anche la minoranza serba. La dichiarazione era votata dai 109 parlamentari presenti, assenti per protesta i rappresentanti della minoranza serba. Convalidata formalmente la votazione, in Parlamento è stata esposta la nuova bandiera: una sagoma gialla del nuovo Stato su uno sfondo blu scuro, sormontata da sei stelle.
In simultanea arrivava da Belgrado la condanna della Serbia. La Serbia "non riconoscerà mai l'indipendenza del Kosovo", ha affermato il presidente o Boris Tadic mentre il primo ministro Voijslav Kostunica sosteneva che "nasce illegalmente uno Stato fantoccio. Il Kosovo è un falso Stato".
La dichiarazione di indipendenza corona le aspirazioni della maggioranza del popolo kosovaro riemerse in seguito al crollo della ex Jugoslavia e represse nel sangue dal regime nazionalista serbo di Slobodan Milosevic nel 1998 che già nel 1990 aveva sciolto il parlamento kosovaro, cancellato l'autonomia della regione, proibito l'uso della lingua albanese, chiusi giornali e radio, licenziati migliaia di impiegati kosovari albanesi dal settore pubblico.
I nazionalisti serbi chiudevano ogni spazio a una possibile intesa politica finanche sull'autonomia del Kosovo e i massacri dei kosovari a opera dell'esercito serbo nel 1998 offrirono il pretesto alle potenze imperialiste per lanciare l'inaccettabile aggressione alla Serbia e mettere il paese sotto il proprio controllo con l'avallo dell'Onu. Un controllo sul campo che non impediva tra l'altro la cacciata dal Kosovo di una buona parte della minoranza serba. Sotto il controllo imperialista finiva anche il legittimo processo di indipendenza del popolo kosovaro.
Le trattative sul futuro del Kosovo iniziavano in applicazione della risoluzione Onu 1244 del 10 giugno 1999 che legittimava l'occupazione imperialista e indicava che occorreva "stabilire un'amministrazione ad interim per il Kosovo come parte della missione civile internazionale sotto la quale la popolazione del Kosovo possa godere di una sostanziale autonomia all'interno della Repubblica Federale di Jugoslavia, che sarà decisa dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite". Trattative che si concluderanno con un nulla di fatto lo scorso dicembre per le richieste di indipendenza kosovare negate da Belgrado.
Il 10 gennaio il nuovo parlamento di Pristina, uscito dalle elezioni politiche del 17 novembre scorso, approvava la formazione di un governo di coalizione guidato dal premier Hashim Thaci e preparava la strada alla proclamazione di indipendenza, annunciata per il 17 febbraio.
Il 14 febbraio si riuniva a porte chiuse sul caso Kosovo il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, su richiesta della Russia e della Serbia. Secondo l'ambasciatore serbo all'Onu, Pavle Jevremovic "il Consiglio di sicurezza è la sede di questa crisi. Una dichiarazione unilaterale d'indipendenza comporterà uno smembramento della Serbia. Nessun paese può accettarlo". Da Mosca Putin definiva l'appoggio unilaterale all'indipendenza del Kosovo un atto "immorale e illegale" temendo anche effetti a catena in casa propria. In effetti il 18 febbraio a Mosca i leader dei tre autoproclamati stati di Abkhazia, Sud-Ossezia e Transdnistria in una conferenza stampa annunciavano di aver chiesto alla Russia, sulla base del precedente kosovaro, un riconoscimento formale della loro indipendenza rispettivamente dalla Georgia, i primi due, e dalla Moldavia, il terzo. Con la Russia si schierava la Cina che si diceva "profondamente preoccupata" per l'indipendenza del Kosovo. Preoccupata come la Russia per l'effetto di trascinamento su situazioni interne, come quella della regione di Xinjiang, la regione del nordovest con una forte minoranza musulmana. D'altra parte sulla stessa lunghezza d'onda e per le stesse ragioni si troveranno anche paesi europei fra i quali la Spagna. La riunione al Palazzo di Vetro si chiudeva senza un accordo.
Anche il governo di Belgrado aveva compiuto i propri passi il 14 febbraio approvando all'unanimità "l'annullamento" della preannunciata dichiarazione unilaterale d'indipendenza del Kosovo. E considerava "nulla" e "illegale" anche la missione Eulex che l'Ue si preparava a inviare in Kosovo.
La missione "civile" europea era stata decisa al vertice europeo di Bruxelles del 14 dicembre con l'approvazione di un documento nel quale si affermava che la Ue farà in pieno la sua parte per accompagnare il processo di transizione in atto verso un nuovo status per la provincia serba a maggioranza albanese, ovvero per mettere sotto il proprio controllo l'indipendenza del Kosovo. La missione Eulex è composta da circa duemila uomini fra poliziotti, doganieri e magistrati, che dovrebbero affiancare per poi sostituire la missione Unmik dell'Onu che ha amministrato la provincia serba dal 1999. È coordinata dal diplomatico olandese Peter Feith, che sarà il Rappresentante speciale Ue a Pristina, e dal generale francese Yves de Kermabon, col potere di "correggere o annullare le decisioni delle autorità pubbliche". Il via libera alla missione è stato dato il 14 febbraio dalla presidenza di turno slovena della Ue. In mancanza di un via libera dell'Onu, che non ci poteva essere per l'opposizione di Russia e Cina, la legalizzazione di Eulex è data, secondo un diplomatico europeo, da "una lettura estensiva della 1244", dell'Onu. La "missione civile di polizia" godrà dell'appoggio militare dei 17.000 soldati della Nato, di cui 2.700 italiani.
Il 21 febbraio l'Italia riconosceva l'indipendenza del Kosovo, una decisione presa dal Consiglio dei ministri, con la sola opposizione del ministro Ferrero, nel corso di una riunione ad hoc. "L'Italia è allineata con la maggior parte dei paesi europei riguardo a questo delicato e importante problema" affermava il premier Romano Prodi. Il giorno precedente durante un dibattito davanti alle Commissioni Esteri di Camera e Senato, il ministro degli Esteri D'Alema aveva sostenuto che riconoscere il nuovo Stato "è interesse dell'Italia", che contribuisce al contingente Kfor della Nato e si appresta ad inviare altri 200 uomini nel quadro della missione Eulex. "Se non riconoscessimo sollecitamente il Kosovo questi uomini non avrebbero la necessaria copertura politica e diplomatica per operare sul terreno e interagire con le autorità di Pristina. Dovremmo ritirarli. Il che non gioverebbe a nessuno". Ovvio che abbia ricevuto l'apprezzamento di Gianfranco Fini, i due colleghi ancora una volta in sintonia sulla politica estera imperialista dell'Italia.

27 febbraio 2008