I video mostrano le responsabilità del governo sugli scontri
I lacrimogeni sembrano sparati dalle finestre del ministero di Grazia e Giustizia

È il corpo della polizia penitenziaria che sembra responsabile del lancio dei lacrimogeni sulla folla di studenti in fuga dalla sede del ministero della Giustizia durante gli scontri avvenuti martedì 14 novembre a Roma, e a dare tale certezza vi sono numerosi indizi che insieme fanno una prova: ma tale struttura poliziesca è soltanto una comparsa della complessiva messinscena che le istituzioni borghesi hanno realizzato il 14 novembre a danno degli studenti e delle masse popolari in lotta.
Già il 16 novembre scorso Leo Beneduci, segretario nazionale del sindacato di polizia penitenziaria Osapp dice - a proposito dell'armamento di reparto di cui è dotato il personale di polizia penitenziaria che è istituzionalmente preposto alla sorveglianza e difesa del ministero della Giustizia - che i lacrimogeni che si vedono nei filmati sono sicuramente a strappo e che "non sono in dotazione degli uomini in sede, erano in uso nelle carceri diversi anni fa" confermando quindi da persona esperta che tali ordigni provengono comunque dalle armi in dotazione alla polizia penitenziaria ma commettendo un piccolo errore: infatti i lacrimogeni a strappo fanno tuttora parte integrante della dotazione degli agenti carcerari come confermato dal secondo comma dell'articolo 15 del Decreto del Presidente della Repubblica 12 dicembre 1992 n. 551 nel testo vigente che prevede tuttora - tra gli altri armamenti in dotazione speciale di reparto di questo corpo di polizia - "artifici lacrimogeni e nebbiogeni... per lancio a mano e artifici per lancio con arma lunga o con apposito dispositivo di lancio".
La precisazione di Leo Beneduci secondo cui si tratta di lacrimogeni a strappo e non da lancio dovrebbe escludere che essi provenissero dai reparti mobili schierati almeno cento metri dietro gli studenti in fuga, dal momento che il lancio manuale di un qualsiasi uomo può scagliare tali oggetti a qualche decina di metri e quindi non avrebbe potuto colpire il palazzo per rimbalzarvi.
D'altra parte ci sono le dichiarazioni del ministro Severino che, chiudendo l'inchiesta interna dice testualmente il 19 novembre che "la visione completa delle registrazioni delle telecamere, in un lungo lasso di tempo ha dimostrato che non c'è stato accesso di estranei nel ministero", intendendo ovviamente dire che non vi sono entrati uomini di altre forze di polizia, con particolare riferimento ai reparti di polizia e carabinieri schierati in strada contro gli studenti.
D'altra parte, a confutare la relazione del RACIS dei carabinieri cui il ministro della Giustizia Severino aveva conferito l'incarico di far luce sull'accaduto e che aveva concluso che i lacrimogeni erano stati sparati dalla polizia che proveniva dal lungotevere e poi erano rimbalzati sulla facciata del ministero, c'è uno dei numerosi video girati nell'occasione in cui si vede che più di un lacrimogeno proviene con evidenza dal palazzo del ministero della Giustizia sulla folla degli studenti in fuga: in modo particolare due partono dall'interno di altrettante finestre spalancate del secondo piano, proprio sopra le stanze occupate dal ministro Paola Severino, mentre il terzo sembra provenire dal tetto dell'edificio.
È anche a prima vista difficile condividere la versione dei carabinieri immediatamente fatta propria dalla Severino secondo cui i proiettili avrebbero rimbalzato dai muri del palazzo, dal momento che semmai avrebbero rimbalzato sulle finestre di vetro dopo averle colpite senza romperle: tuttavia si vede dalle immagini che tali ordigni provengono dall'interno del palazzo e probabilmente sono stati lanciati da persone che si trovavano a qualche metro dalle finestre spalancate.
Le responsabilità politiche del ministro della Giustizia Severino e dell'intero governo per avere scatenato prima e giustificato poi gli scontri si uniscono alla messinscena istituzionale dei corpi di polizia: prima le cariche di polizia e carabinieri sul lungotevere per mettere in fuga gli studenti che, passati sotto il ministero della giustizia, si sono visti piovere sulla testa ordigni provenienti dai piani alti, ordigni che se avessero colpito qualcuno in testa avrebbero potuto ammazzarlo, infine il tentativo di depistaggio inscenato dal ministro Severino in combutta con i carabinieri del RACIS che hanno palesemente interpretato le immagini a loro uso e consumo e viceversa sono stati smascherati da evidenti prove visive, il tutto per dare un chiaro e durissimo messaggio a chi protesta intorno alle sedi istituzionali dalle quali (questo è il chiaro monito) d'ora in poi si può sparare (solo lacrimogeni, per ora).

21 novembre 2012