10 mila sfilano a Torino contro la Tav e la retata fascista
Ferma e determinata risposta al blitz fascista contro il movimento No Tav che ha portato all'arresto di 26 attivisti, 15 obblighi di dimora, perquisizioni in 15 province. Qualificata e combattiva partecipazione di una delegazione del PMLI
"La valle non si arresta. Libertà per i No Tav"

"Una retata non fermerà la protesta della Val di Susa". E così è stato. Nonostante il freddo e la neve, sabato 28 gennaio in 10 mila hanno invaso Torino. Il popolo No Tav è sceso in piazza compatto e più unito che mai per protestare contro il blitz fascista, scattato all'alba di giovedì 26 gennaio e che su ordine del procuratore Giancarlo Caselli, ha portato all'arresto di 26 manifestanti, 15 obblighi di dimora, denunce e perquisizioni in tutta Italia per gli scontri attorno al cantiere di Chiomonte del 27 giugno e del 3 luglio 2011. Ma il popolo No Tav si è ritrovato in piazza anche, ed era il motivo per cui era stata indetta già da tempo questa manifestazione, per portare in città le cariole cariche di "macerie", ossia filo spinato, cartucce di gas lacrimogeno, alberi tagliati, raccolti dal presidio della Maddalena di Chiomonte, espugnata con la forza e con le ruspe da poliziotti, carabinieri e alpini, al movimento No Tav e militarizzata per proteggere il famigerato cantiere geognostico.
Un corteo combattivo e determinato ha percorso con slogan e striscioni le vie del centro da Porta Nuova a piazza Vittorio, passando per piazza Castello, dove, davanti alla sede della Regione Piemonte presidiata da un fitto cordone di poliziotti in assetto antisommossa, sono stati scaricati i detriti della Maddalena. Il grande striscione d'apertura con Asterix e Obelix "La Valle non si arresta, libertà per i No Tav", rappresentava la forte risposta del movimento alla retata fascista. E poi cartelli sparsi, come "Nicola Cosentino in parlamento, i No Tav in galera", o come "Tra i nostri Monti la Tav non Passera", ironizzando sul doppio senso dei nomi del presidente del consiglio e del ministro per lo sviluppo. "Mancano i soldi per la scuola e la ricerca ma li si spreca per l'alta velocità che non serve!", recitava un altro. Il coro "Giù le mani dalla Valsusa" è stata la colonna sonora che ha accompagnato il corteo per tutto il tragitto.
A sfilare, prima di tutto una nutrita rappresentanza dei valligiani, assieme giovani dei centri sociali, pezzi del sindacato, tra cui la Fiom con il segretario torinese Federico Bellono che ha dichiarato: "è importante ribadire il carattere popolare e democratico del movimento e le ragioni mai tanto forti contro quest'opera". Presenti anche molti amministratori valsusini e i partiti come Sel, Sinistra Critica, Movimento cinque stelle, Comunisti italiani e Rifondazione Comunista. Con una rossa e combattiva delegazione composta da militanti e simpatizzanti della Lombardia, il PMLI ha sfilato sotto le bandiere del Partito di cui una abbinata a quella dei No Tav. Fin dal concentramento i compagni, hanno diffuso centinaia di volantini riportanti il comunicato stampa del Partito dal titolo "Uniamoci per la libertà dei No Tav arrestati, contro la retata fascista di Monti, Cancellieri e Caselli" suscitando l'interesse dei manifestanti tra i quali c'è chi ne ha chiesto più di una copia. Diffuse anche copie abbinate dei nn. 1 e 2 de "Il Bolscevico". Al grido di "Liberi tutti, liberi subito" e di "No Tav No Tav" e intonando "Bella Ciao", "Fischia il Vento" e i "Ribelli della montagna", i nostri compagni hanno qualificato politicamente la propria presenza nel corteo riuscendo a coinvolgere le decine di manifestanti circostanti.
Alla delegazione dei marxisti-leninisti lombardi sono giunti i ringraziamenti della Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI in cui tra l'altro si sottolinea: "Sotto la direzione del compagno Angelo Urgo, voi avete rappresentato al meglio tutto il Partito e diffondendo centinaia e centinaia di volantini, sotto la pioggia e il nevischio, voi avete fatto capire concretamente che il PMLI si considera parte integrante dell'esemplare movimento No Tav e fa quanto gli è possibile per sostenerlo e per difendere i suoi militanti dalla repressione fascista del governo Monti. Tra l'altro abbiamo saputo che diversi Comitati No Tav hanno rilanciato il Comunicato dell'Ufficio stampa del PMLI".
Chi non si aspettava la grande partecipazione al corteo di Torino - ha detto a caldo Alberto Perino, uno dei leader storici del Movimento No Tav - vuol dire che non ha capito niente. Il popolo No Tav non si spaventa, sono vent'anni che abbiamo messo in conto di poter venire arrestati. Giovedì hanno messo in galera qualcuno che gli serviva per affermare che il movimento No Tav non fosse pacifico e popolare ma fatto di infiltrati". Del resto, aveva comunque dichiarato, sempre Perino all'indomani del blitz, "la nostra azione di disobbedienza civile comporta anche la possibilità di infrangere le leggi ingiuste. E per noi quel cantiere e quelle recinzioni sono illegittime". Come illegittimi lo sono stati gli arresti, per i quali i No Tav parlano di due pesi e due misure nel comportamento della procura. "Si tratta di un'operazione di marchio fascista - denuncia sempre Perino - anche se porta la firma di Caselli. Ed è stata fatta in tutta l'Italia, per tutti quelli che alzano la testa: camionisti, tassisti, pescatori, pastori". Per i No Tav la retata è stata fatta per dare un esempio a "tutti quelli che pensano di dire di no a Monti e ai banchieri". Duro sul blitz poliziesco anche il leader della Fiom Cremaschi, presente alla manifestazione di Torino, che sostiene che il governo Monti "in un momento di tensioni sociali crescenti fa di tutto per fermarle. Invece che ascoltarle, le reprime. Si vuole dare un segnale di repressione a tutte le proteste sociali che crescono e cresceranno nel Paese ed è questa la cosa più grave e inaccettabile di tutte".
In solidarietà con la manifestazione di Torino e contro gli arresti altre clamorose proteste si sono svolte, sempre il 28 gennaio, nel resto del Paese, come a Napoli dove una trentina di attivisti hanno occupato un binario della stazione centrale e ritardato di mezz'ora la partenza di un Freccia rossa per Milano. A Mestre un altro gruppo di No Tav ha occupato alcuni uffici di Trenitalia nella stazione ferroviaria esponendo striscioni con la scritta "No Tav né in Val di Susa né in Veneto". E poi a Padova giovani del centro sociale Pedro hanno occupato la saletta Vip Freccia Rossa, e a Cosenza dove si è svolto un presidio in piazza XI settembre per protestare contro la perquisizione nei confronti del segretario della Filctem Cgil Giuseppe Tiano.
Mentre, la sera stessa di giovedì 26 gennaio in ben 8 mila avevano partecipato alla fiaccolata a Bussoleno (comune della Val di Susa), per testimoniare la solidarietà agli arrestati e denunciare l'attacco strumentale e mediatico al movimento. Mentre a Torino un corteo di alcune centinaia di manifestanti aveva bloccato il centro al grido "Liberi e libere subito". Innumerevoli sono invece gli attestati di solidarietà giunti agli arrestati e al movimento No Tav da tutto il paese, a partire dal Comitato 3,32 dell'Aquila, al Comitato No F35, agli AteneinRivolta, alla Sapienza in Mobilitazione, ai Centri sociali, e tanti tanti altri.

I reali obiettivi del blitz fascista
Insomma il movimento No Tav non solo non ci sta a farsi criminalizzare ma ha ben chiaro che è di fronte ad un teorema politico voluto da Monti e dal ministro dell'Interno Cancellieri a cui si prestato a fare da braccio armato il procuratore Giancarlo Caselli per stroncare definitivamente il braccio di ferro col movimento No Tav.
Sono i fatti che parlano da soli. A partire dalla sproporzione tra le dimensioni dell'operazione poliziesca e i reati contestati. Partiamo dalla retata, che è partita da un'inchiesta della Digos e della Procura di Torino sugli scontri del 27 giugno, lo sgombero del presidio permanente della Maddalena e del 3 luglio quando in 70 mila No Tav assediarono il cantiere di Chiomonte. È l'alba quando parte il blitz contro decine di attivisti del movimento. I reati contestati sono: resistenza a pubblico ufficiale, lesioni e danneggiamento in concorso. La maxi-operazione vede coinvolte massicciamente le "forze dell'ordine" e scatta in quindici province: Torino, Asti, Milano, Trento, Palermo, Roma, Padova, Genova, Pistoia, Cremona, Macerata, Biella, Bergamo, Parma e Modena. Vengono perquisiti tre centri sociali, El Paso, il Metzcal e il Barocchio. Tra gli arrestati o agli obblighi di dimora ci sono pensionati, studenti (tre minorenni) un consigliere comunale storico militante del movimento, un barbiere di paese, una donna al 7 mese di gravidanza, un sindacalista della CGIL, un dirigente del PRC, un militante dell'Arci che, paradossalmente tre anni fa aveva regalato una t-shirt a Caselli in segno di riconoscenza per la difesa della Costituzione. Eppure tutti i titoli dei quotidiani e dei telegiornali centrano l'attenzione solo sull'arresto di un ex brigatista (oggi 67enne), di un ex Prima Linea (60 anni), e sugli arrestati che gravitano attorno ai centri sociali e anarchici. Lo scopo palese è di far passare la tesi, tra l'opinione pubblica ma anche all'interno del movimento, che la lotta contro la Tav è inquinata dalle "frange violente" e addirittura potrebbe prestare il fianco al terrorismo.

Il teorema di Caselli contro il movimento
Per il magistrato Livio Pepino, che è stato membro del Consiglio superiore della magistratura e presidente di Magistratura democratica, il blitz contro i No Tav "è qualcosa di assai più grave" di una "forzatura soggettiva". È "una tappa della trasformazione dell'intervento giudiziario da mezzo di accertamento e di perseguimento delle responsabilità individuali (per definizione diversificate) a strumento per garantire l'ordine pubblico". Infatti il magistrato sottolinea non solo che gli arresti, nei tempi e modi come sono avvenuti (a 7 mesi dai fatti), non erano obbligatori, ma fa notare che nella stessa ordinanza di custodia cautelare si ammette con candore che è il movimento No Tav il bersaglio della misura: "I lavori per la costruzione della linea ferroviaria Torino-Lione proseguiranno almeno altri due anni: pertanto, non avrà fine, a breve termine, il contesto in cui gli episodi violenti sono maturati; peraltro, il movimento No Tav ha pubblicamente preannunciato ulteriori iniziative per contrastare i lavori". Inoltre l'inchiesta, spiega ancora Pepino, decontestualizza totalmente gli avvenimenti, ossia la grande mobilitazione popolare "il cui fine non era aggredire le 'forze dell'ordine'" ma ostacolare l'apertura del cantiere ritenuto illegittimo. Invece nell'ordinanza tutto è ridotto "ad una aggressione collettiva e preordinata" nei confronti delle forze dell'ordine. Come spariscono il fittissimo lancio di lacrimogeni ad altezza d'uomo e di conseguenza si decontestualizza la reazione dei manifestanti che si sono difesi come hanno potuto.
Quindi conclude Pepino "tanto basta per segnalare che la questione riguarda direttamente il rapporto tra conflitto e giurisdizione e non solo - come si cerca di accreditare - alcune frange isolate ed estremiste".

1 febbraio 2012