La protesta dei lavoratori del gruppo Omega invade la capitale
Strappato al governo l'impegno dell'apertura del tavolo di confronto a Palazzo Chigi

La lotta paga. È questo l'insegnamento che viene dall'intensa giornata di mobilitazione del gruppo Omega del 17 novembre scorso che finalmente ha strappato al governo Berlusconi l'impegno ad occuparsi del dramma di Eutelia/Agile, Phonemedia e di tutte le altre società del gruppo con l'apertura di un tavolo di confronto presso Palazzo Chigi che si terrà il 26 novembre prossimo.
Lo sciopero generale del 17 dei lavoratori dell'intero gruppo Omega indetto unitariamente dai metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm e da quelli delle comunicazioni Fistel, Slc e Uilcom, con manifestazione a Roma, aveva infatti tra gli obiettivi principali quello di strappare l'intervento "urgentissimo" della presidenza del Consiglio dei ministri con "lo scopo di affrontare il nodo della proprietà e delle logiche delle operazioni condotte sulle spalle dei lavoratori e della collettività", "aprire una nuova fase" e "salvaguardare quelle attività ancora presenti in azienda e dare prospettive ai lavoratori". Un appello che finora era rimasto cinicamente inascoltato nonostante i 1.200 licenziamenti già annunciati di Eutelia/Agile e una crisi che rischia di far precipitare un gruppo di 11 mila dipendenti, buona parte dei quali senza stipendio già da quattro mesi.
Fin dal concentramento è stato subito chiaro che i 5 mila lavoratori che avevano raggiunto la capitale da tutta Italia, Napoli, Torino, Milano, Bari, Firenze, Pistoia e Roma, non avrebbero fatto ritorno a casa senza risultati. 5 mila lavoratori che, sottolineano i precari della Phonemedia di Trapani, contano per "cinquantamila", visto che non riscuotendo da più di tre mesi erano stati costretti a una colletta per far partire per Roma un lavoratore su 10.
Sono le 10 quando il corteo si muove da piazza Esquilino con alla testa lo striscione "Eutelia, Monte dei Paschi, Mediaset: loschi affari sulla pelle dei lavoratori". Ma quando i lavoratori giungono alla fine di via Cavour invece di proseguire il percorso dettato dalle istituzioni e dalla polizia, che avrebbero voluto far passare il corteo per il Colosseo e lontano dai luoghi "che danno fastidio", si bloccano gridando a gran voce di voler girare verso piazza Venezia in direzione di Palazzo Chigi. Inizia così la trattativa tra i sindacalisti e le forze dell'ordine per modificare il percorso. Ma dall'alto le direttive di negare piazza Venezia ai lavoratori sono granitiche. Altrettanto lo sono la determinazione e la combattività dei lavoratori. Essi decidono di bloccare via Cavour. Nel frattempo monta la rabbia dei lavoratori delle retrovie del corteo blindato da uno smisurato schieramento di "forze dell'ordine" in tenuta antisommossa. Solo per evitare che la situazioni degeneri si arriva a un primo punto di incontro: trenta rappresentanti potranno procedere verso via del Corso, alla volta di Palazzo Chigi. È la prima vittoria della giornata. Ma quando ai lavoratori giunge la notizia che dal primo incontro con il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Gianni Letta, arrivano solo generiche e inconsistenti promesse, il clima in via Cavour torna a scaldarsi. Non pochi sono quelli che propongono di forzare il cordone di poliziotti. Ma alla fine si ricorre allo stratagemma di far finta di sciogliere il corteo per poi a gruppetti di cinque, dieci lavoratori, raggiungere e bloccare via del Corso e organizzare un sit-in sotto Palazzo Chigi. Che la misura è colma lo si capisce quando dall'assemblea improvvisata si levano all'unisono le parole "finché non c'è risposta da qui non ci si sposta". "Invervenire subito!" è lo slogan che rimbomba incessante per le vie di Roma e poi sotto le finestre di palazzo Chigi. Sono le quattro del pomeriggio, dopo oltre 6 ore di blocco stradale, quando finalmente Gianni Rinaldini, segretario della Fiom, porta la notizia della convocazione per giovedì 26 novembre. "C'è voluto uno sciopero di otto ore, una foltissima manifestazione nazionale a Roma e un sit-in sotto Palazzo Chigi per ottenere una data di un incontro col governo, ovvero ciò che l'esecutivo avrebbe potuto e dovuto fissare già da tempo". Ma in attesa di quel tavolo, continua Rinaldini, "non staremo di certo a guardare: mentre in ogni luogo di lavoro continueranno le assemblee, da domani inizieremo le procedure per l'amministrazione controllata dell'azienda per arrivare pronti all'incontro con il governo". Intanto i lavoratori decidono che il 26 presiederanno Palazzo Chigi in piazza.
Tra i lavoratori rimangono comunque palpabili la rabbia e la disperazione per essere stati messi sul lastrico dalla gestione delinquenziale del gruppo Omega, vittime di una "trappola" fatta di società in stato di crisi acquistate per pochi spicci, di milioni di soldi pubblici ottenuti per la creazione e il mantenimento di "buona occupazione" che invece hanno preso la strada dei paradisi fiscali e di chiusura delle aziende. Tra questi c'è tutta la rabbia di Brian, ex Olivetti, che insieme ai suoi colleghi di Ivrea è memoria storica della triste fine dell'informatica italiana. Racconta come è con l'acquisizione da parte di Eutelia (che ha fatto la sua fortuna coi numeri pornografici) che l'ex Olivetti è stata progressivamente depredata, degli immobili, della professionalità, delle commesse. E poi la svendita ad Agile, "una srl che può fallire tranquillamente e che oggi è controllata da una scatola vuota come Omega", su cui sono stati caricati solo i debiti, compresi i 45 milioni di tfr che i lavoratori temono di non rivedere più. "Eutelia", denuncia Brian "aveva bisogno di ripulirsi per diventare appetibile a chi, come Mediaset, è interessato al vero boccone della società, la rete telefonica". E sono in molti, tra cui il sindacato, quelli che credono che proprio questo sia uno dei motivi della riottosità e del disinteresse dimostrato fino ad oggi dal governo del neoduce Berlusconi ad occuparsi del salvataggio di Eutelia/Agile visto che Mediaset, in caso di fallimento di Agile, potrebbe acquistare quei 13 mila chilometri di fibra ottica che interessano all'azienda del presidente del consiglio per competere con Sky a prezzi di saldo.

25 novembre 2009