Riproposti nel Protocollo sul welfare di Prodi
I lavori usuranti la foglia di fico di tutte le controriforme previdenziali
Introdotti nel 1993 solo nel 2001 una prima applicazione
Nel decreto legge permangono i limiti di spesa
I lavori usuranti, o per meglio dire la normativa sui lavori usuranti: quando e perché è stata introdotta? Come funziona? Comporta dei benefici, e quali? Politicamente, che giudizio se ne può dare?
Il tema, sconosciuto ai più, è tornato di attualità col Protocollo Prodi del 23 luglio 2007 sul welfare, pensioni e competitività e col successivo disegno di legge (ddl) proposto dal ministro del Lavoro Damiano, che recepisce tale Protocollo, approvato dal consiglio dei ministri il 17 ottobre scorso e ora in discussione in parlamento come collegato alla Finanziaria 2008. Un tema che è importante approfondire e mettere in chiaro anche perché sia il governo sia i vertici sindacali confederali Cgil, Cisl e Uil con l'aggiunta questa volta dell'Ugl, cioè il sindacato legato al partito fascista di Fini, presentano la parte dedicata ai lavori usuranti come il fiore all'occhiello degli accordi di luglio, la parte che giustificherebbe in modo equo l'elevamento dell'età pensionabile fino a 61-62 anni nel 2013 da attuarsi attraverso i famosi scalini e le quote (età anagrafica più anni di contributi versati).
La categoria dei lavori usuranti entra per la prima volta nella legislazione italiana agli inizi degli anni '90. Più esattamente la normativa nasce col decreto legislativo n.374, 11 agosto 1993 in applicazione della "riforma" previdenziale del governo Amato (Dlgs n.503/1992) che, tra l'altro, prevedeva l'elevamento dell'età pensionabile delle pensioni di vecchiaia a 65 anni per gli uomini e a 60 per le donne. Nella circostanza fu previsto che alcune figure di lavoratori addetti a lavori particolarmente usuranti avrebbero beneficiato di uno sconto del requisito contributivo e un abbuono per quello relativo all'età anagrafica. L'argomento viene ripreso due anni dopo senza alcuna applicazione concreta. L'occasione la fornisce la successiva "riforma" delle pensioni del governo Dini (Legge n.335, 8 agosto 1995); una vera controriforma liberista questa, che non solo alza progressivamente l'età pensionabile e gli anni di contributi necessari per andare in pensione di anzianità ma, a regime, cancella il sistema di calcolo retributivo per istituire quello, assai peggiore, contributivo.
Come per la "riforma" pensionistica Amato, anche per la "riforma" Dini dunque, si ritirano fuori dal cassetto i lavori usuranti i quali a ben vedere, sono utilizzati sia dal governo, sia dai sindacati complici nelle suddette controriforme, come contropartita per tenere buoni i lavoratori, specie quelli che, appunto, svolgono attività più pesanti e logoranti per il fisico. Ma si tratta di una contropartita di scarso rilievo rispetto alle modifiche complessive peggiorative apportate alla previdenza pubblica e ancora una volta senza effetti pratici. Sì perché la normativa è solo annunciata ma sempre rinviata per una sua definizione specifica nel dettaglio. Ci vorranno altri due anni per istituire (legge 449/1997) una commissione tecnico-scientifica che elabori delle indicazioni in materia; e ci vorranno altri due anni per recepire il 19 maggio 1999 queste indicazioni in un decreto del ministero (Dm) del lavoro (conosciuto come decreto Salvi). Tuttavia si dovrà aspettare ancora la Finanziaria 2001 (art.78, commi da 8 a 18) per far decollare l'applicazione del suddetto decreto a causa di disaccordi intervenuti tra datori di lavoro e sindacati sulla ripartizione della copertura dell'onere.
Ormai diventati una costante, i lavori usuranti sono presenti nella "riforma" previdenziale del governo Berlusconi (Legge n.243/2004) che prevedeva per gennaio 2008 di portare il requisito dell'età anagrafica da 57 a 60 più 35 di contributi per la pensione di anzianità e, come già detto, nell'attuale "riforma" pensionistica del governo Prodi

I mestieri pesanti
Ma quali sono i lavori pesanti individuati nel corso dell'iter legislativo? Nel Dlgs. n.374/93 le attività che furono riconosciute usuranti sono le seguenti. Lavoro notturno continuativo. Lavori alle linee di montaggio con ritmi vincolanti. Lavori espletati direttamente dai lavoratori in spazi ristretti: all'interno di condotti, di cunicoli di servizio, di pozzi di fognature, di serbatoi, di caldaie. Lavori in altezza: su scale aeree, con funi a tecchia o parete, su ponti a sbalzo, su ponti a castello installati su natanti, su ponti mobili a sospensione. A questi lavori sono assimilabili quelli del gruista, dell'addetto alla costruzione di camini e copritetto. Lavori in cassoni ad aria compressa. Lavori svolti da palombari. Lavori in celle frigorifere o all'interno di ambienti con temperatura uguale o inferiore a cinque gradi centigradi. Lavori ad alte temperature: addetti ai forni e fonditori dell'industria metallurgica e soffiatori nella lavorazione del vetro cavo. Autisti di mezzi rotabili in superficie. Marittimi imbarcati a bordo. Personale addetto ai reparti di pronto soccorso, rianimazione e chirurgia di urgenza. Trattoristi. Addetti a serre o fungaie. Lavori di asportazione dell'amianto da impianti industriali, da carrozze ferroviarie e da edifici industriali e civici.
Nel Dm 19 maggio 1999, le mansioni indicate con particolare gravità di usura sono le seguenti. Lavori in galleria, cava o miniera: mansioni svolte in sotterraneo con carattere di prevalenza e continuità. Lavori nelle cave: mansioni svolte da addetti alle cave di materiale di pietra e ornamentale. Lavori nelle gallerie: mansioni svolte dagli addetti al fronte di avanzamento, con carattere di prevalenza e continuità. Lavori in cassoni ad aria compressa. Lavori svolti da palombari. Lavori ad alte temperature: mansioni che espongono ad alte temperature, quando non sia possibile adottare misure di prevenzione, quali, a titolo esemplificativo, quelle degli addetti alle fonderie di seconda fusione, non comandata a distanza, dai refrattaristi, degli addetti a operazione di colata manuale. Lavorazione del vetro cavo: mansioni dei soffiatori dell'industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffio. Lavori espletati in spazi ristretti: con carattere di prevalenza e di continuità e in particolare delle attività di costruzione, riparazione e manutenzione, navale, le mansioni svolte continuativamente all'interno di spazi ristretti, come intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi di strutture. Lavori di asportazione dell'amianto: mansioni svolte con carattere di prevalenza e continuità.
Sempre nel Dm 19 maggio 1999 sono indicati i criteri per individuare le mansioni usuranti. Attesa di vita al compimento dell'età pensionabile. Prevalenza della mansione usurante. Mancanza di possibilità di prevenzione. Elevata frequenza di infortuni con particolare riferimento alle fasce di età superiori ai 50 anni. Compatibilità psicofisica in funzione dell'età. Età media della pensione di invalidità. profilo ergonomico. Esposizione ad agenti chimici, fisici, biologici, individuati secondo la normativa esistente.
Allo stato attuale e fino all'approvazione della prossima legge finanziaria, i "benefici" derivanti da attività usuranti sono i seguenti: riduzione del limite di età fino a un massimo di 60 mesi per la pensione di vecchiaia e di 12 mesi per quella di anzianità; riduzione del requisito contributivo di 1 anno ogni 10 anni della suddetta attività fino a un massimo di 24 mesi; per le pensioni interamente contributive: riduzione di 1 anno (come massimo) ogni 6 anni di attività usurante o, in alternativa, l'aumento di 1 anno del coefficiente di trasformazione ogni 6 anni di tale attività.

Ddl Damiano
Da notare che nella lista dei lavori usuranti del decreto Salvi sono scomparsi il lavoro notturno continuativo e i lavori alle linee di montaggio con ritmi vincolanti. Nel disegno di legge Damiano queste due assenze vengono in qualche modo recuperate. Infatti, per indicare i lavori particolarmente usuranti si richiama, oltre la lista presente nel decreto Salvi, il lavoro notturno, come definito dal Dlgs. n.66/2003, nonché gli addetti alle linee a catena e i conducenti di mezzi pubblici pesanti. Nel decreto legislativo n.66/2003 è specificato cosa si intende per "lavoro notturno", ossia un periodo di almeno 7 ore consecutive tra la mezzanotte e le cinque del mattino; e cosa si intende per "lavoratore notturno": qualsiasi lavoratore che nel periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero, oppure che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro.
Per avere diritto alla deroga, ovvero conservare il diritto al pensionamento anticipato con 35 anni di contributi e 57 di età (fino al 2013 dopodiché di anni ce ne vorranno 58), occorre essere stati impegnati, nel periodo transitorio della "riforma", almeno 7 anni negli ultimi 10 di attività lavorativa; a regime occorrerà un periodo di almeno la metà dell'intera attività lavorativa.
C'è però il vincolo delle disponibilità finanziarie da non dimenticare così stabilite: 83 milioni di euro per il 2009; 200 milioni per il 2010; 312 milioni per il 2011; 350 milioni per il 2012; 383 milioni di euro infine per il 2013. È opinione comune che questi stanziamenti siano insufficienti a coprire le necessità. Nel protocollo del 23 luglio figurava anche il limite di 5.000 pensionamenti all'anno. Questo tetto nel ddl è stato tolto.
Ma quanti sono i lavoratori che, secondo i mestieri e le mansioni fissate a termine di legge, svolgono attività particolarmente usuranti? I dati del governo, elaborati sulle percentuali Istat, parlano di oltre 1.300.000 così suddivisi: 362.000 impegnati nelle attività segnalate nel decreto Salvi; 870.000 impegnati nel lavoro notturno in base al Dlgs. 66/2003; 90.000 nelle linee a catena; 40.000 i conducenti di treni, autobus, metropolitane, tranvie.

Alcune riflessioni
Per concludere alcune riflessioni sintetiche. La prima. Fino a pochi anni fa la normativa sui lavori usuranti non esisteva. Essa nasce come conseguenza della controriforma previdenziale di stampo liberista che peggiora le prestazioni, a partire dall'elevamento dell'età pensionabile sia per la pensione di vecchiaia, sia per quella di anzianità. La seconda. Per arrivare a una prima applicazione di questa normativa, dalla sua introduzione nel 1993, sono passati ben 8 anni (2001). Nel frattempo tutti coloro ai quali erano stati promessi gli abbuoni non hanno ottenuto nulla. La terza. La normativa elaborata e rimaneggiata più volte, fino al disegno di legge Damiano, è tutto sommato poca cosa nel senso che: i diretti interessati, sulla base dei requisti individuati, a nostro avviso troppo limitati e discriminatori, rappresentano una stretta minoranza rispetto all'insieme della platea dei futuri pensionati; i benefici previsti sono solo una deroga parziale alla conservazione delle vecchie regole sull'età pensionabile; numerosi i vincoli per ottenere tali benefici. La quarta riflessione. Non siamo certo noi a disconoscere che ci sono dei lavori più pesanti, più pericolosi e più usuranti di altri. Ma allora perché non gli sono stati riconosciuti dei benefici pensionistici prima che iniziasse questo processo controriformatore di cui abbiamo parlato? Invece, come si è visto, essi sono stati usati strumentalmente per contenere la protesta e i conflitti che i provvedimenti previdenziali peggiorativi via via assunti hanno suscitato, specie tra gli operai.

14 novembre 2007