Nel nome di Gelli e Gentile
La legge Aprea uccide la scuola pubblica e instaura la scuola del regime neofascista
Affossiamo il ddl, lottiamo per la scuola pubblica, unitaria, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti

Il disegno di legge (ddl) "Norme per l'autogoverno delle istituzioni scolastiche e la libertà di scelta educativa delle famiglie, nonché per la riforma dello stato giuridico dei docenti" (n° 953), presentato alla Camera dei deputati il 12 maggio 2008 è approdato alla commissione cultura della Camera per l'approvazione definitiva. Il primo firmatario, Valentina Aprea, ex- viceministro ed attuale presidente della Commissione del Pdl ha dichiarato: "Subito dopo le europee presenteremo il testo, dopo tutti i passaggi necessari con il governo, con la maggioranza e con l'opposizione, per arrivare così a una votazione a fine giugno su un testo condiviso.
Si tratta di uno dei più gravi e pericolosi provvedimenti di questa mostruosa legislatura: trasforma le scuole in Fondazioni, dando il potere di gestione ai privati ed alle famiglie, cancella i finanziamenti statali in nome dell'autonomia scolastica e del federalismo fiscale creando scuole di serie A e scuole di serie B, abolisce le Rsu e riduce al minimo la contrattazione sindacale, sostituisce i consigli di circolo e di istituto con i Cda, esclude studenti e personale Ata dagli organi di governo, introduce le assunzioni per chiamata diretta, gerarchizza e precarizza al massimo il corpo docenti abolendo la libertà di insegnamento e subordinando la didattica al volere dei Consigli di amministrazione (vedi articolo de Il bolscevico www.pmli.it/disegnoleggeapreanondevepassare.htm).
Molti governi, compresi quelli di "centro-sinistra", ci hanno provato con una lunga serie di controriforme che hanno finito per rivoltare la scuola come un calzino, nessuno però era arrivato a tanto: fare tabula rasa della scuola pubblica così come la conosciamo, per instaurare al suo posto la scuola della terza repubblica, dove i figli degli operai e dei poveri stanno da una parte, quelli dei borghesi e dei ricchi dall'altra. Un progetto preso a prestito dal modello di gestione delle attuali scuole private e cattoliche e dalle indicazioni contenute nel piano golpista della P2 di Gelli.
Ripercorrendo la storia più in profondità si può dire che si tratta di norme che si ricollegano direttamente alla "riforma" dell'allora ministro-gerarca Gentile che notoriamente assicurò l'egemonia e la stabilità al regime mussoliniano, che si tratta di norme sfacciatamente anti-costituzionali che fanno carta straccia della cosiddetta "libertà di ricerca e d'insegnamento" sancita nell'art. 33 della Costituzione del 1948: "l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento". Un principio democratico-borghese, nato proprio dallo spirito resistenziale e antifascista. Un principio che il governo del neoduce Berlusconi vuole svuotare e stravolgere totalmente grazie alla "ridefinizione della funzione docente" e degli "organi di governo" per smantellare dalle fondamenta l'assetto pubblico dell'istruzione scolastica, privatizzarla e fascistizzarla completamente, per passare al più presto, a fare lo stesso per l'università "covo della sinistra".

Scuole, fondazioni e privatizzazione
Già nella premessa si delinea l'obbiettivo di smantellare la scuola statale per sostituirla con una scuola privatizzata, laddove si annuncia che le scuole saranno trasformate in Fondazioni private e saranno gestite in nome della "libertà di scelta educativa delle famiglie", una possibilità prevista nell'art. 2: ogni istituzione scolastica "può costituirsi in fondazione, con la possibilità di avere partner che ne sostengano l'attività, che partecipino ai suoi organi di governo e che contribuiscano a raggiungere gli obiettivi strategici indicati nel piano dell'offerta formativa".
A costoro, e si tratta di "enti pubblici e privati, altre fondazioni, associazioni di genitori o di cittadini, organizzazioni non profit", anche aggregati "in consorzio" a formare vere e proprie lobby familistiche territoriali, è regalato un potere straordinario di gestione, progettazione e controllo sulle "scuole azienda". In pratica, in nome del concetto di "autonomia scolastica" esse potranno avere una scuola pubblica a loro totalmente asservita.
Lo Stato al contrario, privato del compito di istituire scuole pubbliche per ogni ordine e grado (art. 33 Costituzione) diviene semplice sussidiario, anche nell'erogare fondi perché recita il ddl "la sussidiarietà (insieme all'autonomia ed alla meritocrazia) diventa la stella polare di questo cambiamento". E se lo Stato si ritira dal finanziamento della scuola, come prescrive la devoluzione federalista figlia degli accordi bipartisan, è evidente che ci saranno scuole finanziate (di serie A), soprattutto nel regioni del Nord e scuole non finanziate (di serie B) che cadranno a pezzi, soprattutto nelle regioni del Sud, nelle aree arretrate e povere e negli istituti che i privati non hanno interesse a finanziare.
Le nuove scuole modello del regime neofascista saranno governate da un Consiglio di Amministrazione - si legge sempre nell'introduzione - che è "l'organo di gestione della scuola" e "concorre alla definizione e alla realizzazione degli obiettivi educativi e formativi, attraverso percorsi articolati e flessibili" (art.1.5).
Gli attuali Consigli d'Istituto, organi di governo controllati dal corpo docente, vengono sostituiti da un verticistico e mussoliniano strumento politico-economico di controllo e gestione della scuola, formato da 11 persone, "compreso il dirigente scolastico, che ne è membro di diritto". In quali rapporti proporzionali sarà il preside manager con il presidente del Cda e gli altri membri dei consorzi esterni, non è dato sapere. L'assise governativa dovrà comunque avere al proprio interno (art. 6.1): "l'ente tenuto per legge alla fornitura dei locali della scuola" (come se il padrone di casa di un affittuario dovesse poi prendere, di diritto, parte alla gestione della famiglia), "esperti in ambito educativo, tecnico o gestionale" (chi sono? quali titoli hanno?), "una rappresentanza dei docenti", "dei genitori" e solo "negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, degli studenti", ovviamente con funzione consultiva e senza diritto di voto.

Abolita la libertà di insegnamento, porte aperte ai licenziamenti
Quello che però più conta e su cui intendiamo in questa sede focalizzare l'attenzione è che nel ddl è proprio la libertà d'insegnamento ad essere sottoposta a vincoli, come si legge fin dall'introduzione: "La legge, nel dare attuazione al principio costituzionale della libertà di insegnamento, non può limitarsi alla mera definizione della libertà, ma ha il compito di stabilire regole precise con riferimento ai vari aspetti che incidono su di essa, come, ad esempio, il modo con cui si identificano le attività del docente, l'eventuale tipologia della funzione docente, i rapporti fra il docente e la scuola, i rapporti fra la scuola e gli altri pubblici poteri, le procedure di assunzione, la stabilità del rapporto, i princìpi su eventuali 'carriere' eccetera". Dove si vuole andare a parare in concreto lo si capisce nel gravissimo passaggio successivo: "in tale prospettiva il concetto di 'stato giuridico' include, tra l'altro: l'identificazione e la configurazione della funzione docente e i contenuti e i limiti della libertà di insegnamento" (corsivo nostro, ndr).
Il governo vuole insomma una "libertà di insegnamento" molto limitata e ben vigilata, sottoposta a diversi controllori, a cui per altro nessuno è tenuto a chiedere titoli culturali e professionali, e che avranno persino il potere di mettere becco sulle progressioni di carriera e persino sullo stesso "status giuridico", strada maestra per arrivare alla libertà di licenziamento.
I legislatori si sono spinti al punto da depennare negli articoli del testo di legge il concetto stesso di "libertà d'insegnamento" sostituendolo con la parola "libertà didattica" (art. 5.1). Il ministro Gelmini e una ex-insegnante come il ministro Aprea non possono non sapere, e di fatto sanno bene, che "la libertà di insegnamento" riguarda anche le strategie d'insegnamento, gli obbiettivi e i contenuti prefissati, e che limitarla fino ad abolirla significa con tutta evidenza asservire il corpo docente al familismo, alle logiche aziendali ed alle politiche governative, clerico-fasciste, ultraliberiste, antipopolari, antioperaie ed antistudentesche.

Schedatura del lavoro didattico dei docenti
La nuova organizzazione scolastica prevede una vera e propria schedatura del lavoro dei docenti a disposizione dei Cda delle scuole aziende e delle fondazioni. Nel dettaglio 1) il docente deve procedere nella "sua funzione educativa... in collaborazione con la famiglia di ciascun allievo, e i relativi risultati educativi costituiscono l'oggetto della specifica responsabilità professionale del docente" (corsivo nostro, ndr) (art. 12.3). 2) Tale "responsabilità" sarà valutata e costituirà anche elemento di progressione di carriera (anche economica). 3) "Le valutazioni periodiche costituiscono credito professionale documentato utilizzabile ai fini della progressione di carriera (anche economica) e sono riportate nel portfolio personale del docente". 4) In caso di formulazioni di giudizio negativo sul docente si potrà procedere immediatamente "alla sospensione temporanea della progressione economica automatica per anzianità del docente".
E chi non supera l'esame, magari perché rifiuta il meccanismo perverso dei continui concorsi che il decreto prevede? O perché ha fatto già durissimi concorsi a cattedra ordinari? O perché ha già anni ed anni d'esperienza, e certamente potrebbe lui insegnare ai novelli "esperti" di nomina ministeriale?
Non è difficile capire a quali meccanismi si andrà incontro introducendo un tale livello di meritocrazia neofascista nelle scuole, basta immaginare un consiglio di amministrazione allineato alle posizioni del governo in camicia nera.
In questo contesto non stupisce il forte ridimensionamento della contrattazione nazionale, tanto caro anche ai ministri-gerarchi Brunetta e Sacconi, con la cancellazione della rappresentanza sindacale a livello di scuola e l'istituzione al suo posto di una "rappresentanza sindacale unitaria regionale per i docenti e l'area contrattuale della docenza", scorporata da quella sindacale, e da cui resta totalmente escluso il personale ausiliario, tecnico, amministrativo (ATA). Allo scopo è stato previsto che "le materie riservate alla contrattazione nazionale e integrativa regionale e di istituto sono individuate secondo criteri di essenzialità e di compatibilità con i princìpi fissati dalla presente legge" (art. 22).
Intanto alle private (paritarie) andranno i soldi della collettività sottratti a quelle pubbliche. Anzi si legge ancora nella presentazione è proprio questa la sfida: "resta la sfida di riallocare le risorse finanziarie destinate all'istruzione partendo dalla libertà di scelta delle famiglie".
Vale appena sottolineare che in queste scuole, che in Italia sono soprattutto cattoliche, chi comanda è l'ente gestore, di cui già per contratto i docenti sono tenuti ad abbracciare l'ideologia: "Nelle scuole paritarie la responsabilità amministrativa appartiene all'ente gestore" (art.1.7). Punto e basta!

Affossare la legge Aprea
Le studentesse e gli studenti delle scuole medie superiori hanno cominciato a far sentire la loro voce organizzando proteste e lotte significative contro lo smantellamento della scuola pubblica e in difesa del diritto allo studio uguale per tutti. Anche i sindacati confederali, i Cobas e associazioni di genitori e insegnanti hanno espresso forti critiche sul ddl Aprea e si stanno mobilitando. Affossare la legge Aprea e le controriforme Gelmini è la parola d'ordine unitaria per allargare il più possibile questo fronte di lotta contro la politica scolastica neofascista, federalista, classista, aziendalista, meritocratica ed europeista del governo del neoduce Berlusconi, per la difesa della scuola pubblica, unitaria, gratuita intesa come servizio sociale, la difesa del diritto allo studio uguale per tutti, del tempo pieno e prolungato, della collegialità dell'insegnamento, per rivendicare finanziamenti pubblici per strutture e laboratori, per l'assunzione in ruolo di personale docente e Ata adeguato per coprire le attività di sostegno ai bambini svantaggiati, stranieri e Rom, per la messa a norma degli edifici scolastici.
Noi marxisti-leninisti ci battiamo per la scuola pubblica, unitaria, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti.

16 settembre 2009