1917 - 7 Novembre - 2012. 95° Anniversario del capolavoro di Lenin e Stalin
Seguiamo la via universale della Rivoluzione d'Ottobre
La via dell'Ottobre è la via che segue il PMLI per conquistare l'Italia unita, rossa e socialista

La via dell'Ottobre è la via che segue il PMLI per conquistare l'Italia unita, rossa e socialista e per noi celebrare il 95° Anniversario della Rivoluzione d'Ottobre significa trarre nuova linfa, forza e ispirazione da quell'evento storico che ha aperto una nuova era nella storia del mondo.
Pubblichiamo in questa occasione i primi tre capitoli dell'opera "L'estremismo, malattia infantile del comunismo", scritta da Lenin nell'aprile-maggio 1920. In quest'opera Lenin esordisce indicando il modello dell'Ottobre russo a tutti i paesi per il "loro inevitabile e non lontano avvenire". Per poi, a conclusione del terzo capitolo e in aperta polemica con i traditori della II Internazionale socialdemocratica, esortare che nelle "questioni essenzialissime della rivoluzione proletaria tutti i paesi dovranno fare inevitabilmente ciò che ha fatto la Russia".
Ed è appunto questa la missione del PMLI: fare in Italia ciò che fecero Lenin e Stalin in Russia.

I - In che senso si può parlare del significato internazionale della rivoluzione russa?

Nei primi mesi dopo che il proletariato aveva conquistato il potere politico in Russia (25 ottobre, cioè 7 novembre, 1917) poteva sembrare che le immani differenze esistenti tra la Russia arretrata e i paesi progrediti dell'Europa occidentale avrebbero reso la rivoluzione del proletariato in questi paesi assai poco simile alla nostra.
Attualmente abbiamo già alle nostre spalle un'esperienza internazionale imponente, la quale attesta nel modo più preciso che alcune caratteristiche fondamentali della nostra rivoluzione non hanno un significato locale, specificamente nazionale, esclusivamente russo, ma un significato internazionale. E non parlo qui di significato internazionale nel senso lato del termine: non alcuni, ma tutti i tratti fondamentali e molti tratti secondari della nostra rivoluzione hanno un significato internazionale, nel senso che questa rivoluzione esercita un'influenza su tutti i paesi. Mi riferisco qui al senso più stretto del termine: se per significato internazionale si intende la portata internazionale o l'inevitabilità storica che si ripeta su scala internazionale ciò che è avvenuto da noi, bisogna riconoscere un tale significato ad alcune caratteristiche fondamentali della nostra rivoluzione.
Naturalmente, sarebbe un gravissimo errore voler esagerare questa verità, estenderla a più di alcuni tratti fondamentali della nostra rivoluzione. E sarebbe altrettanto sbagliato trascurare il fatto che, dopo la vittoria della rivoluzione proletaria anche in uno solo dei paesi progrediti, si determinerà con tutta verosimiglianza una brusca svolta: la Russia cesserà in breve di essere un paese modello e sarà di nuovo un paese arretrato (in senso "sovietico" e socialista).
Ma nel presente momento storico le cose stanno in modo tale che il modello russo indica a tutti i paesi qualcosa di molto essenziale del loro inevitabile e non lontano avvenire. Gli operai avanzati di tutti i paesi già da tempo hanno capito questo fatto o, ancora più spesso, non l'hanno tanto capito quanto invece intuito e presentito con l'istinto proprio della classe rivoluzionaria. Deriva da qui il "significato" (in senso stretto) internazionale del potere sovietico e dei principi teorici e tattici del bolscevismo. Questo non hanno compreso i capi "rivoluzionari" della II Internazionale, come Kautsky in Germania, Otto Bauer e Friedrich Adler in Austria, i quali si sono quindi rivelati come dei reazionari, che difendono il peggior opportunismo e il socialtradimento. L'opuscolo anonimo La rivoluzione mondiale (Weltrevolution), pubblicato a Vienna nel 1919 (Sozialistiche Bücherei, Heft 11, Ignaz Brand), mostra tra l'altro con singolare evidenza tutto uno svolgimento, tutto un giro di idee, o, meglio, tutto un abisso di incomprensioni, di pedanteria, di pusillanimità e tradimento degli interessi della classe operaia, condito con la salsa della "difesa" dell'idea della "rivoluzione mondiale".
Ma su tale opuscolo bisognerà soffermarsi minuziosamente in altra occasione. In questa sede ci limitiamo a rilevare ancora una cosa: in tempi assai remoti, quando era ancora un marxista, e non un rinnegato Kautsky, affrontando la questione da storico, previde la possibilità di una situazione in cui lo spirito rivoluzionario del proletariato russo sarebbe stato di esempio all'Europa occidentale. Questo accadeva nel 1902, quando Kautsky pubblicava nella rivoluzionaria Iskra un articolo intitolato Gli slavi e la rivoluzione. In quell'articolo Kautsky scriveva: "Oggi (in antitesi al 1848) si può ammettere non soltanto che gli slavi sono entrati nel novero dei popoli rivoluzionari, ma che anche il centro di gravità del pensiero e dell'azione rivoluzionari si sposta sempre più verso gli slavi. Il centro rivoluzionario si sposta da occidente a oriente. Nella prima metà dell'Ottocento questo centro era in Francia e, talora, in Inghilterra. Nel 1848 anche la Germania si è schierata tra le nazioni rivoluzionarie... Il nuovo secolo si apre con avvenimenti i quali inducono a pensare che ci stiamo avvicinando a un ulteriore spostamento del centro rivoluzionario, cioè al suo trasferimento in Russia... La Russia, che ha attinto dall'occidente tanta iniziativa rivoluzionaria, è forse oggi pronta a diventare essa stessa una fonte di energia rivoluzionaria per l'occidente. Il rinfocolato movimento rivoluzionario russo sarà forse il mezzo più potente per sradicare lo spirito di infrollito filisteismo e superficiale politicantismo che comincia a diffondersi nelle nostre file e farà nuovamente divampare in vivida fiamma l'ardore della lotta e l'appassionata dedizione ai nostri grandi ideali. Da molto tempo ormai la Russia non è più per l'Europa occidentale semplicemente il baluardo della reazione e dell'assolutismo. Oggi invece avviene forse l'opposto. L'Europa occidentale sta diventando il baluardo della reazione e dell'assolutismo in Russia... Forse già da un pezzo i rivoluzionari russi l'avrebbero fatta finita con lo zar, se non dovessero lottare al tempo stesso contro il suo alleato, contro il capitale europeo. Vogliamo sperare che questa volta riusciranno ad avere la meglio su entrambi i nemici e che la nuova Santa Alleanza crollerà più rapidamente di quelle che l'hanno preceduta. Ma, comunque si concluda la lotta divampante attualmente in Russia, non saranno vani il sangue e le sofferenze dei martiri che essa genererà, purtroppo, in numero più che sufficiente. Il sangue e le sofferenze feconderanno i germogli del rivolgimento sociale in tutto il mondo civile e ne renderanno più rigoglioso e più rapido lo sviluppo. Nel 1848 gli slavi sono stati il rigido gelo che ha stroncato i fiori della primavera dei popoli. Oggi forse è loro riservato di essere l'uragano che spazzerà il ghiaccio della reazione e apporterà irrefrenabilmente ai popoli una nuova e felice primavera" (Karl Kautsky, Gli slavi e la rivoluzione, art. pubblicato nell'Iskra, giornale socialdemocratico rivoluzionario russo, n. 18, 10 marzo 1902).
Scriveva bene Karl Kautsky diciotto anni fa!

II - Una delle condizioni fondamentali per la vittoria dei bolscevichi

Senza dubbio, quasi tutti ormai vedono che i bolscevichi non si sarebbero mantenuti al potere, non già due anni e mezzo, ma neanche due mesi e mezzo, se nel nostro partito non fosse esistita una disciplina severissima, realmente ferrea, se il nostro partito non avesse avuto l'appoggio pieno e incondizionato di tutta la massa della classe operaia, cioè di tutti i suoi elementi pensanti, onesti, devoti sino all'abnegazione, autorevoli e capaci di guidare o di conquistare gli strati arretrati.
La dittatura del proletariato è la guerra più eroica e più implacabile della nuova classe contro un nemico più potente, contro la borghesia, la cui resistenza si decuplica per effetto del suo rovesciamento (sia pure in un solo paese) e la cui potenza non consiste soltanto nella forza del capitale internazionale, nella forza e nella solidità dei legami internazionali della borghesia, ma anche nella forza dell'abitudine, nella forza della piccola produzione; poiché, per sventura, la piccola produzione sussiste tuttora in misura grandissima, ed essa genera incessantemente il capitalismo e la borghesia, ogni giorno, ogni ora, in modo spontaneo e su scala di massa. Per tutti questi motivi la dittatura del proletariato è necessaria, e la vittoria sulla borghesia è impossibile senza una guerra lunga, tenace, disperata, per la vita o per la morte, senza una guerra che esige padronanza di sé, disciplina, fermezza, inflessibilità e unità di volere.
Lo ripeto, l'esperienza della dittatura del proletariato che ha vinto in Russia ha mostrato chiaramente a chi non sa pensare e a chi non ha mai dovuto riflettere su questo problema che la centralizzazione assoluta e la più severa disciplina del proletariato sono una delle condizioni fondamentali per la vittoria sulla borghesia.
Di questo problema si parla spesso. Ma si riflette in maniera tutt'altro che adeguata sul suo significato, sulle condizioni che rendono possibile la vittoria. Non bisognerebbe invece accompagnare più spesso le acclamazioni al potere sovietico e ai bolscevichi con l'analisi più seria delle ragioni per cui i bolscevichi sono riusciti a forgiare la disciplina indispensabile al proletariato rivoluzionario?
Il bolscevismo, come corrente del pensiero e come partito politico, esiste dal 1903. Soltanto la storia del bolscevismo, per tutto il periodo della sua esistenza, può spiegare in maniera soddisfacente perché esso sia riuscito a creare e a mantenere nelle condizioni più difficili la ferrea disciplina necessaria alla vittoria del proletariato.
Si pone anzitutto il problema: da che cosa è mantenuta la disciplina del partito rivoluzionario del proletariato? Da che cosa viene messa alla prova? Da che cosa viene rafforzata? In primo luogo, dalla coscienza dell'avanguardia proletaria e dalla sua dedizione alla rivoluzione, dalla sua fermezza e abnegazione, dal suo eroismo. In secondo luogo, dalla capacità di questa avanguardia di collegarsi, avvicinarsi, unirsi fino a un certo punto e, se si vuole, fondersi con la più grande massa dei lavoratori, dei proletari anzitutto, ma anche con la massa lavoratrice non proletaria. In terzo luogo, dalla giusta direzione politica realizzata da questa avanguardia, dalla giustezza della sua strategia e dalla sua tattica politica, a condizione che le grandi masse si convincano per propria esperienza di questa giustezza. Senza tali condizioni la disciplina di un partito rivoluzionario, realmente capace di essere il partito della classe d'avanguardia che deve rovesciare la borghesia e trasformare tutta la società, non può essere garantita. Senza tali condizioni i tentativi di creare una disciplina si tramutano inevitabilmente in bolle di sapone, in frasi vuote, in farse. D'altra parte, queste condizioni non possono nascere di colpo, ma sono il risultato di un lavoro lungo, di un'esperienza dura. La loro creazione è facilitata da una giusta teoria rivoluzionaria, la quale, a sua volta, non è un dogma, perché si costituisce in modo definitivo solo in stretta connessione con la pratica di un movimento veramente di massa e veramente rivoluzionario.
Se il bolscevismo, negli anni 1917-1920, in circostanze incredibilmente difficili, è riuscito a elaborare e a realizzare con pieno successo il centralismo più severo e una disciplina di ferro, la ragione è da ricercare unicamente in un complesso di caratteristiche storiche particolari della Russia.
Da un lato, il bolscevismo è sorto nel 1903 sul fondamento solidissimo della teoria marxista. E la giustezza di questa teoria rivoluzionaria - e soltanto di questa - era stata dimostrata non soltanto dall'esperienza mondiale di tutto il secolo XIX, ma anche e soprattutto dall'esperienza delle esitazioni e dei brancolamenti, degli errori e delle delusioni del pensiero rivoluzionario in Russia. Per circa mezzo secolo, approssimativamente dagli anni Quaranta agli anni Novanta del secolo scorso, il pensiero d'avanguardia ha cercato avidamente in Russia, sotto il giogo dello zarismo quanto mai selvaggio e reazionario, una giusta teoria rivoluzionaria e ha seguito con zelo e diligenza sorprendente ogni "ultima parola" detta in questo campo dall'Europa e dall'America. La Russia è pervenuta in realtà al marxismo, come all'unica teoria rivoluzionaria giusta, attraverso il travaglio di una storia semisecolare di tormenti e sacrifici inauditi, di un eroismo rivoluzionario mai visto, di un'energia incredibile e di ricerche instancabili, studi, tentativi pratici, delusioni, verifiche, confronti con l'esperienza dell'Europa. In virtù dell'emigrazione, imposta dallo zarismo, la Russia rivoluzionaria nella seconda metà dell'Ottocento ha potuto disporre, come nessun altro paese al mondo, di una grande ricchezza di legami internazionali, di un'ottima conoscenza delle forme e delle teorie del movimento rivoluzionario.
Dall'altro lato, il bolscevismo, sorto su questo fondamento teorico granitico, ha vissuto una storia pratica quindicennale (dal 1903 al 1917) che non ha uguali al mondo per ricchezza di esperienze. Non c'è infatti un solo paese che in questo quindicennio abbia fatto, anche solo approssimativamente, quanto la Russia nel senso dell'esperienza rivoluzionaria, della rapidità e varietà di successione delle diverse forme del movimento, legale e illegale, pacifico e violento, clandestino e aperto, ristretto e di massa, parlamentare e terroristico. In nessun paese è stata concentrata in così breve spazio di tempo una tale ricchezza di forme, sfumature, metodi di lotta di tutte le classi della società contemporanea, di una lotta, inoltre, che, per effetto dell'arretratezza del paese e della pesante oppressione zarista, è andata maturando con singolare rapidità e si è appropriata con particolare avidità e successo l'"ultima parola" dell'esperienza politica americana ed europea.

III - Le fasi principali della storia del bolscevismo

Anni di preparazione della rivoluzione (1903-1905). Dappertutto si sente l'approssimarsi della grande tempesta. In tutte le classi fermento e preparazione. All'estero la stampa degli emigrati pone teoricamente tutte le questioni fondamentali della rivoluzione. I rappresentanti delle tre classi principali, delle tre correnti politiche più importanti, - la borghesia liberale, la democratica piccolo-borghese (coperta dietro le insegne delle tendenze "socialdemocratica" e "socialrivoluzionaria") e la proletaria rivoluzionaria, - annunciano e preparano, attraverso l'aspro scontro delle loro concezioni tattiche e programmatiche, l'imminente lotta aperta delle classi. Tutti i problemi, intorno ai quali si svolge la lotta armata delle masse negli anni 1905-1907 e 1917-1920, si possono (e si devono) studiare, nella loro forma embrionale, sulla stampa di quel periodo. Beninteso, oltre alle tre tendenze principali, si delineano innumerevoli formazioni intermedie, transitorie, ambigue. O, meglio, nella lotta degli organi di stampa, dei partiti, delle frazioni e dei gruppi si cristallizzano le tendenze politiche e ideali che sono in realtà tendenze di classe; le classi si forgiano l'arma politica e ideale di cui hanno bisogno per le future battaglie.
Anni di rivoluzione (1905-1907). Tutte le classi operano apertamente. Tutte le concezioni tattiche e programmatiche vengono messe alla prova dall'azione delle masse. Gli scioperi assumono un'ampiezza e un'acutezza senza precedenti. Lo sciopero economico si trasforma in sciopero politico, e quest'ultimo in insurrezione. I rapporti esistenti tra il proletariato come forza dirigente e i contadini esitanti, instabili, da esso diretti vengono verificati nella pratica. Nello sviluppo spontaneo della lotta si genera la forma organizzativa dei soviet. Le discussioni di questo periodo sulla funzione dei soviet preludono alla grande lotta degli anni 1917-1920. L'avvicendarsi delle forme parlamentari e non parlamentari di lotta, della tattica del boicottaggio e di quella della partecipazione al parlamento, delle forme legali e illegali di lotta, nonché i nessi e rapporti reciproci tra queste forme, tutto questo si distingue per una meravigliosa ricchezza di contenuto. Ogni mese di questo periodo, nel senso dell'apprendimento degli elementi fondamentali della scienza politica, - da parte delle masse e dei capi, da parte delle classi e dei partiti - equivale a un anno di "pacifico" sviluppo "costituzionale". Senza la "prova generale" del 1905 non sarebbe stata possibile la vittoria della rivoluzione nell'ottobre 1917.
Anni di reazione (1907-1910). Lo zarismo trionfa. Tutti i partiti rivoluzionari e d'opposizione sono sconfitti. Scoraggiamento, demoralizzazione, scissioni, sfacelo, tradimento, pornografia invece di politica. Si accentua la tendenza all'idealismo filosofico; si rafforza il misticismo come copertura dello spirito controrivoluzionario. Ma al tempo stesso proprio la grande sconfitta è per i partiti rivoluzionari e per la classe rivoluzionaria una lezione effettiva e molto utile, una lezione di dialettica storica, una lezione che fa loro capire e apprendere l'arte di condurre la lotta politica. Gli amici si conoscono nella sventura. Gli eserciti sconfitti sanno trarre insegnamenti dalla sconfitta.
Lo zarismo vittorioso è costretto ad affrettare la distruzione delle sopravvivenze della vita patriarcale preborghese in Russia. Lo sviluppo borghese spinge avanti la Russia con prodigiosa rapidità. Le illusioni sulla possibilità di porsi al di fuori o al di sopra delle classi, le illusioni sulla possibilità di evitare il capitalismo cadono in frantumi. La lotta di classe assume forme del tutto inedite e ancora più nette.
I partiti rivoluzionari devono portare a termine la loro istruzione. Hanno imparato a condurre l'offensiva. Bisogna adesso capire che questa scienza deve essere integrata da un'altra scienza, da quella che insegna come ritirarsi in buon ordine. Bisogna capire - e la classe rivoluzionaria impara a capire in base alla sua amara esperienza - che non si può vincere senza aver appreso la scienza dell'offensiva e la scienza della ritirata. Fra tutti i partiti rivoluzionari e d'opposizione sconfitti i bolscevichi si ritirano con maggiore ordine, con minori perdite per il loro "esercito", conservandone meglio il nucleo, con scissioni minori (per profondità e insanabilità), con una minore demoralizzazione e con una maggiore capacità di riprendere il lavoro nel modo più ampio, giusto ed energico. I bolscevichi raggiungono quest'obiettivo solo perché smascherano implacabilmente ed espellono tutti i rivoluzionari a parole, i quali non vogliono capire che bisogna ritirarsi, che bisogna sapersi ritirare, che bisogna imparare comunque a lavorare legalmente nei parlamenti più reazionari, nelle organizzazioni sindacali, cooperative, assicurative, ecc., più reazionarie.
Anni di ripresa (1910-1914). All'inizio la ripresa è incredibilmente lenta, ma, in seguito, dopo i fatti della Lena del 1912, diventa un po' più rapida. I bolscevichi, sormontando incredibili difficoltà, respingono i menscevichi, la cui funzione di agenti della borghesia nel movimento operaio è stata compresa perfettamente da tutta la borghesia dopo il 1905. La borghesia aiuta pertanto in mille modi i menscevichi nella lotta contro i bolscevichi. E questi ultimi non avrebbero raggiunto il loro obiettivo, se non avessero applicato la giusta tattica della combinazione del lavoro clandestino con l'utilizzazione obbligatoria delle "possibilità legali". Nella Duma ultrareazionaria i bolscevichi conquistano tutta la curia operaia.
Prima guerra mondiale imperialistica (1914-1917). Il parlamentarismo legale, in presenza di un "parlamento" ultrareazionario, è di grande utilità per il partito del proletariato rivoluzionario, per il partito dei bolscevichi. I deputati bolscevichi vengono deportati in Siberia. Nella stampa dell'emigrazione tutte le sfumature di pensiero, dal socialimperialismo al socialsciovinismo, dal socialpatriottismo all'internazionalismo conseguente e non conseguente, dal pacifismo alla negazione rivoluzionaria delle illusioni pacifistiche, trovano la loro piena espressione. I dotti imbecilli e le vecchie comari della II Internazionale, che dinanzi all'abbondanza delle "frazioni" del socialismo russo e all'asprezza della loro lotta arricciano il naso con boria e disprezzo, non appena la guerra li priva della lodata "legalità" in tutti i paesi progrediti, non riescono a organizzare nemmeno in modo approssimativo uno scambio di opinioni così libero (illegale) o una così libera (illegale) elaborazione di concezioni giuste come quelli realizzati dai rivoluzionari russi in Svizzera e in vari altri paesi. Appunto per questo i socialpatrioti dichiarati e i "kautskiani" di tutto il mondo si rivelano come i peggiori traditori del proletariato. E, se negli anni 1917-1920 il bolscevismo riesce a vincere, una delle ragioni fondamentali di questa vittoria sta nel fatto che il bolscevismo, sin dalla fine del 1914, smaschera implacabilmente l'infamia, la pusillanimità e l'abiezione del socialsciovinismo e del "kautskismo" (a cui corrispondono il longuettismo in Francia, le concezioni dei dirigenti del partito laburista indipendente e dei fabiani in Inghilterra, Turati in Italia, ecc.) e che le masse si convincono in seguito sempre più, per esperienza propria, della giustezza delle idee bolsceviche.
Seconda rivoluzione in Russia (dal febbraio all'ottobre 1917). L'incredibile decrepitezza e fossilizzazione dello zarismo (con l'ausilio dei colpi e del peso di una guerra crudelissima) creano un'incredibile forza distruttiva che si rivolge contro di esso. In pochi giorni la Russia si trasforma in una repubblica democratica borghese, che - nelle condizioni della guerra - è più libera di qualsiasi altro paese al mondo. Il governo - come nelle repubbliche più "rigorosamente parlamentari" - viene costituito dai capi dei partiti di opposizione e rivoluzionari, e il titolo di capo di un partito d'opposizione nel parlamento, anche in quello più reazionario, agevola la successiva funzione di questo capo nel corso della rivoluzione.
In poche settimane i menscevichi e i "socialisti-rivoluzionari" si appropriano a meraviglia tutti i metodi e modi, le argomentazioni e i sofismi degli eroi europei della II Internazionale, dei ministerialisti e della restante turba opportunistica. Tutto quello che leggiamo oggi su Scheidemann e Noske, su Kautsky e Hilferding, su Renner e Austerlitz, su Otto Bauer e Friedrich Adler, su Turati e Longuet, sui fabiani e sui capi del partito laburista indipendente in Inghilterra, tutto questo sembra (ed è di fatto) una noiosa ripetizione, un ritornello vecchio e ben noto. Tutto questo l'abbiamo già visto tra i menscevichi. La storia ha fatto uno dei suoi scherzi e ha costretto gli opportunisti di un paese arretrato a precorrere gli opportunisti di molti paesi progrediti.
Se tutti gli eroi della II Internazionale sono falliti e si sono coperti di vergogna nella questione del significato e della funzione dei soviet e del potere sovietico, se con singolare "chiarezza" si sono coperti di vergogna e impantanati in tale questione i capi dei tre importanti partiti ora usciti dalla II Internazionale (cioè il Partito socialdemocratico indipendente di Germania, il partito longuettista francese e il partito laburista indipendente inglese), se tutti costoro si sono rivelati schiavi dei pregiudizi della democrazia piccolo-borghese (proprio come i piccoli borghesi del 1848 che si chiamavano "socialdemocratici"), ebbene, noi avevamo visto tutto ciò dall'esempio dei menscevichi. La storia ha fatto questo scherzo: nel 1905 sono sorti in Russia i soviet; dal febbraio all'ottobre 1917 i soviet sono stati contraffatti dai menscevichi, che sono falliti per la loro incapacità di comprenderne la funzione e l'importanza; oggi l'idea del potere sovietico è sorta in tutto il mondo e si diffonde con inaudita rapidità in seno al proletariato di tutti i paesi, mentre tutti i vecchi eroi della II Internazionale, per effetto della stessa incapacità di comprendere la funzione e l'importanza dei soviet, falliscono dappertutto come i nostri menscevichi. L'esperienza ha dimostrato che in alcune questioni essenzialissime della rivoluzione proletaria tutti i paesi dovranno fare inevitabilmente ciò che ha fatto la Russia.
I bolscevichi hanno cominciato con molta prudenza la loro lotta vittoriosa contro la repubblica parlamentare (di fatto) borghese e contro i menscevichi e l'hanno preparata in modo tutt'altro che semplice, a dispetto delle opinioni che vengono spesso ripetute in Europa e in America. All'inizio del periodo indicato non abbiamo incitato a rovesciare il governo, ma abbiamo chiarito l'impossibilità di rovesciarlo senza operare mutamenti preliminari nella composizione e nell'indirizzo dei soviet. Non abbiamo proclamato il boicottaggio del parlamento borghese, della Costituente, ma fin dalla conferenza di aprile (1917) del nostro partito abbiamo dichiarato ufficialmente, in nome del partito, che una repubblica borghese con un'Assemblea costituente è migliore di una repubblica borghese senza Assemblea costituente, ma che tuttavia la repubblica sovietica, "operaia-contadina", è migliore di qualsiasi repubblica parlamentare democratica borghese. Senza tale preparazione lunga, prudente, circostanziata, previdente, non avremmo potuto né riportare la vittoria nell'ottobre 1917 né difendere questa vittoria.


Lenin, "L'estremismo, malattia infantile del comunismo", capitoli I-II-III, Opere complete, Ed. Riuniti, vol. 31, pagg. 11-21