Fatto a pezzi l'articolo 138 della Costituzione
Il governo Letta-Berlusconi vara il ddl sul percorso delle controriforme costituzionali
Il golpista Napolitano: "Le riforme sono un inconfutabile e ineludibile bisogno"
Grande ammucchiata nella Consulta, un organo non previsto dalla Costituzione

Il 6 giugno il Consiglio dei ministri ha varato il disegno di legge (ddl) costituzionale che traccia il percorso per arrivare in tempi rapidi alla controriforma presidenzialista della Costituzione del 1948. Il varo stesso del ddl è avvenuto in tempi super rapidi, con largo anticipo rispetto alla scadenza del 30 giugno fissata dalla mozione governativa sulle "riforme" costituzionali approvata il 29 maggio dal parlamento nero. Due giorni prima, con un apposito decreto del presidente del Consiglio, era stata insediata anche la Commissione di "saggi", composta da 35 "esperti" di diritto costituzionale, tra cui 10 donne, che dovrà coadiuvare il governo Letta-Berlusconi nell'elaborazione delle proposte di revisione costituzionale.
Tutta questa fretta si deve espressamente a Napolitano, che forte della sua rielezione plebiscitaria e dei poteri extracostituzionali che ciò gli ha permesso di arrogarsi, ha messo alla frusta governo, partiti del regime e parlamento affinché "tengano il ritmo" e portino a compimento la riscrittura della Costituzione nei tempi stabiliti, cioè al massimo entro la fine del prossimo anno. Dando loro appuntamento per una "verifica" del lavoro svolto già alla prossima festa della Repubblica del 2 giugno 2014. È lui a tutti gli effetti il vero regista dell'operazione, un ruolo che esercita con piglio presidenzialista travalicando ogni confine ai suoi poteri imposto dalla Costituzione, secondo la quale dovrebbero limitarsi a funzioni puramente notarili e anzi di salvaguardia dei principi costituzionali, non certo di farsi invece primo promotore di una loro controriforma radicale nonché supremo controllore dei tempi di attuazione della stessa.
E guai a criticarlo per questo suo comportamento sempre più sfacciatamente anticostituzionale e golpista! Al punto che le sue puntigliose rampogne non hanno risparmiato nemmeno un giornale da sempre suo fiancheggiatore come "l'Unità", da lui accusato di "tirarmi da una parte nella disputa in corso tra forze politiche", per aver pubblicato un suo intervento del 23 gennaio 2008 in parlamento in cui sottolineava i problemi di "riequilibrio delle istituzioni" esistenti anche in Francia a proposito del regime semi-presidenziale e definiva "più ponderata e saggia" per l'Italia la scelta di "un riequilibrio entro la forma di governo parlamentare": ottenendo peraltro le pronte e servili scuse del suo direttore, Claudio Sardo.

Il viatico di Napolitano ai "saggi" e alle "riforme" costituzionali
Con ciò il rinnegato Napolitano dimostra di meritarsi ampiamente l'appellativo che gli abbiamo dato di nuovo Vittorio Emanuele III, re che aprì le porte a Mussolini e alla trasformazione dello Stato borghese liberale nella tenebrosa dittatura fascista, lui che ha voluto dedicare espressamente il suo secondo e senza precedenti mandato al compimento ufficiale della trasformazione, già avvenuta di fatto, della Repubblica parlamentare in repubblica presidenziale, secondo il piano della P2 di Gelli e le ambizioni del nuovo Mussolini, Berlusconi.
Non a caso ha voluto subito ricevere al Quirinale la Commissione dei "saggi", guidati da Letta e Alfano e accompagnati dai ministri Quagliariello e Franceschini e dal sottosegretario Patroni Griffi, per dare loro il suo personale viatico esortandoli a "non diffondere pessimismo basandosi sul fallimento delle esperienze precedenti", con chiara allusione ai precedenti tentativi parlamentari andati a vuoto, dalla Commissione Bozzi fino alla Bicamerale golpista di D'Alema. E questo perché stavolta, ha sottolineato l'inquilino del Quirinale, "riforme, modifiche, adeguamenti, ripensamenti dell'ordinamento della Repubblica rappresentano un inconfutabile e ineludibile bisogno".
Il ddl del governo incide direttamente sull'art. 138 della Costituzione, quello che fissa una rigida procedura per le modifiche della stessa. L'intento è quello di scardinarlo per accelerare la controriforma presidenzialista della Costituzione, che manomette quasi l'intera seconda parte della Carta, quella che concerne l'ordinamento della Repubblica: e precisamente i titoli I (parlamento), II (presidente della Repubblica), III (governo) e V (Regioni, Province e Comuni). Tra i principali obiettivi dichiarati della controriforma ci sono il depotenziamento del parlamento, con la soppressione del bicameralismo perfetto e la riduzione del numero dei parlamentari, il cambiamento della forma dello Stato da parlamentare a presidenziale (con l'elezione diretta del capo dello Stato), il rafforzamento dei poteri del governo, la ridefinizione dei rapporti tra Stato centrale e potere locale nel quadro del federalismo.

Parlamento espropriato dalla Consulta super-parlamentare
Ma per poter procedere a questa riscrittura radicale della Costituzione del 1948, e non correre il rischio di un altro fallimento, c'è bisogno appunto di riscrivere prima l'art. 138 per renderlo più facilmente aggirabile, ed è a questo scopo che serve il ddl governativo, la cui approvazione è prevista entro il prossimo ottobre. Con la sua approvazione sarà infatti insediato anche il Comitato di 20 senatori e 20 deputati, scelti tra i membri delle rispettive commissioni Affari costituzionali e presieduto dai loro attuali presidenti: una sorta di nuova Bicamerale, non prevista dalla Costituzione, a cui è demandato il potere effettivo di formulare, d'intesa con il governo e la sua Commissione di "saggi", le varie proposte di "riforme" costituzionali. "Riforme" che il parlamento potrà solo discutere ed eventualmente anche emendare, ma solo dopo essere stato espropriato del potere esclusivo di pensarle, elaborarle e formularle che la Costituzione oggi gli assegna.
In altre parole questo potere è trasferito a questa sorta di Consulta super-parlamentare, una grande ammucchiata dei partiti delle "larghe intese", in cui tra l'altro quello del neoduce fa la parte del leone attraverso un meccanismo che assegna i posti non in base alla consistenza parlamentare, che giocherebbero a favore del PD, ma ai voti elettorali e al numero di partiti-civetta che compongono le coalizioni, tra cui quella di "centro-destra" è guarda caso la più infarcita. Al parlamento resterà tutt'al più la facoltà di apportare dei ritocchi marginali a disegni di legge preventivamente scritti dal governo e dai suoi "saggi" e blindati nel Comitato dei 40 dai partiti della maggioranza delle "larghe intese".
Il ddl governativo fissa rigidamente anche i tempi della controriforma, per rientrare nei 18 mesi già annunciati da Letta in parlamento: entro febbraio 2014 il Comitato consegnerà i testi della "riforma" al parlamento. A quel punto Camera e Senato avranno tre mesi a testa per la prima approvazione. L'intervallo tra la prima e la seconda approvazione sarà ridotto da tre mesi, come stabilisce adesso l'art.138, ad un mese soltanto, cioè a una pura formalità, così da poter concludere l'intero iter entro l'ottobre 2014. Alla fine del percorso ci sarà un referendum confermativo anche nel caso che l'approvazione della controriforma abbia ottenuto la maggioranza dei due terzi del parlamento, così da imprimerle anche un marchio plebiscitario.

I 35 "saggi" espressione delle "larghe intese"
Anche la scelta dei "saggi" la dice lunga su come questa partita si giochi con le carte truccate da parte del banco: ossia la maggioranza delle "larghe intese" PD-PDL-Scelta civica, insieme con il codazzo dei loro partiti di finta opposizione, SEL, Lega e Fratelli d'Italia. Basti pensare che tra i 35 ce ne sono ben 6 che nel 2008 firmarono insieme ad altri 30 giuristi a favore del Lodo Alfano per concedere l'immunità a Berlusconi: Giuseppe De Vergottini, Beniamino Caravita di Torrito, Giovanni Pitruzzella (avvocato di Schifani, promosso all'Antitrust), Niccolò Zanon, Ginevra Cerrina Feroni e Ida Nicotra. Dei 100 che invece firmarono contro c'è solo Valerio Onida, il quale peraltro il posto se l'è guadagnato lo stesso difendendo le ragioni di Napolitano nella contesa con la procura di Palermo sulla cancellazione delle sue intercettazioni con Mancino.
Poi ce ne sono altri che sostennero a suo tempo la legge ad personam del legittimo impedimento per Berlusconi, come Lorenza Violini e l'editorialista del "Corriere della Sera", Michele Ainis. C'è Giuseppe Di Federico, membro del Consiglio superiore della magistratura, che nel 1995 fu indagato per un caso di nepotismo all'ateneo di Bologna, poi avvicinatosi a Forza Italia, e che difese Piero Grasso contro i pm palermitani Lo Forte e Scarpinato per il caso del pentito Giuffrè. C'è Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale finito nell'inchiesta sulla P3. C'è poi Anna Maria Poggi, legata a Comunione e liberazione e fedelissima del ministro della Difesa, Mario Mauro. E ci sono perfino, udite, udite, l'ex ministro degli Esteri del governo Berlusconi, Franco Frattini, e l'ex UDC Francesco D'Onofrio, che nel 2003 a Lorenzago di Cadore fu tra i 4 "saggi" del "centro-destra" che partorirono la controriforma costituzionale neofascista e presidenzialista del governo Berlusconi poi bocciata dal referendum popolare.
Per l'area di "centro-sinistra", oltre al decano dell'inciucio Luciano Violante, ci sono tra gli altri i costituzionalisti Augusto Barbera e Lorenza Carlassare, l'ex senatore PD Stefano Ceccanti, il renziano Francesco Clementi, l'editorialista de "la Repubblica", Nadia Urbinati. Non risulta invece nessuno ascrivibile all'area del Movimento 5 Stelle.
Non per nulla, appresa la composizione della Commissione dei "saggi" e salutando il varo del ddl che dà il via alla controriforma presidenzialista della Costituzione, il neoduce Berlusconi ha dichiarato trionfante: "Siamo riusciti ad arrivare a questa svolta epocale in cui siamo riusciti a mettere insieme il centrodestra e il centrosinistra ponendo fine a una lunga guerra fredda, ad una guerra civile. Abbiamo un governo forte che può fare quelle riforme e che una sola parte non poteva fare". E Letta gli ha fatto subito eco dalle telecamere di La7, dichiarando al programma della Gruber che "Il governo può durare tutta la legislatura: quattro anni e dieci mesi. Perché no?".

12 giugno 2013