Benedette da Napolitano
Le liberalizzazioni di Monti rafforzano il mercato capitalistico
Le ferrovie private esonerate dall'applicare il contratto nazionale di lavoro. Gestione dei rifiuti ai privati. La rete pubblica del gas sul mercato. Non toccato il permesso ai petrolieri di trivellare le coste. La farsa delle imprese ai giovani
Scioperano le categorie interessate

Con l'approvazione del decreto sulle liberalizzazioni, avvenuta il 20 gennaio, che segue l'altro decreto denominato "Salva Italia", una stangata di 30 miliardi di euro quasi tutti a carico dei lavoratori, dei pensionati e delle masse popolari, il governo Monti avrebbe avviato la cosiddetta fase 2, quella finalizzata alla crescita e allo sviluppo economico del nostro Paese. Un decreto benedetto personalmente dal nuovo Vittorio Emanuele III, Giorgio Napolitano.
Prima del varo, il presidente del Consiglio accompagnato dal sottosegretario Antonio Catricalà, ex numero uno dell'Antitrust, dal ministro per la Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi e dal sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti si è infatti recato al Colle per illustrare la bozza del provvedimento e riceverne il consenso. Fornendo un'ulteriore conferma, anche in questa circostanza, del ruolo anomalo, rispetto alla consuetudine costituzionale, assunto da Napolitano nel dopo governo Berlusconi, con forti accenti presidenzialisti.
Monti ha descritto le sue liberalizzazioni , in varie interviste rilasciate ai mass-media e alle televisioni, come una "rivoluzione", una scossa necessaria per vincere "corporazioni consolidate e per portare il Paese fuori dalla recessione". Con esse, la spara grossa il tecnocrate borghese, si otterrebbe addirittura "un incremento del Pil di 11 punti nel lungo periodo, insieme a un +8% dei consumi e occupazione, +18% per gli investimenti , +12% dei salari reali". Insomma la panacea per risolvere la più grave crisi economica, finanziaria e sociale degli ultimi 80 del capitalismo italiano. Calma! Ma questa è pura propaganda per allocchi. Ammesso che questo termine sia appropriato, se di "rivoluzione" si tratta è di tipo neoliberista. Ispirata a quella teoria economica borghese che da Reagan in poi ha progressivamente dominato in tutto il globo, ha accompagnato la "globalizzazione" dei mercati ed è parte in causa delle gigantesche ingiustizie sociali e dei guasti ambientali che si sono prodotti nonché della devastante crisi finanziaria ed economica che dal 2008, partendo dagli Usa, si è estesa all'Europa e, in vari modi, al resto del mondo. È una balla che queste liberalizzazioni di per sé siano in grado di superare la recessione in atto. Così come è una balla che saranno realizzati i risultati suddetti, specie riguardo all'occupazione e ai salari. Così come del tutto teorico e fondato su ipotesi fasulle è il risparmio di 1.800 euro a famiglia che si ricaverebbe dalla riduzione di tariffe e prezzi derivante dalle liberalizzazioni.

Nessun beneficio alle masse popolari
Certo, i provvedimenti assunti dal governo della grande finanza, della UE e del massacro sociale, dove la parte del leone la fanno le privatizzazioni rafforzano, tendono a rafforzare, il mercato capitalistico. Ma questo, va detto con estrema chiarezza, non porterà benefici alle masse popolari, non aumenterà il potere d'acquisto di lavoratori, pensionati e di utenti e consumatori in genere. Tutti i vantaggi se li papperanno le grandi imprese capitalistiche sia che operino nella distribuzione, sia che operino nel campo dei servizi e delle professioni. Ed è questo un dato che salta agli occhi non appena si esaminano i punti principali che compongono il decreto Monti. Non si capirebbe altrimenti l'entusiasmo sguaiato del presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia che in proposito ha esclamato: "Avanti così... ci saranno gli strilli: lasciamoli strillare - ha proseguito - l'importante è che il governo vada avanti per questa strada". "Per la prima volta c'è un disegno complessivo di liberalizzazioni che Confindustria chiede da sempre". Più chiaro di così? Marcegaglia può stare tranquilla, nonostante le proteste che ormai interessano numerose categorie e ogni parte d'Italia, Monti intende tirare a diritto, senza farsi intralciare né dalla piazza né dal parlamento al quale ha già chiesto di astenersi dal chiedere modifiche ed è comunque pronto a mettere la fiducia. La democrazia borghese messa sotto i piedi. Cosa c'è di liberale in questo?
Privatizzazioni neoliberiste e distruzione dei diritti e delle libertà sindacali, il tutto per compiacere i "poteri forti" di cui è espressione, è, in buona sostanza, la cifra di riconoscimento delle liberalizzazioni di Monti. Questo binomio lo si trova nel capitolo dedicato al trasporto ferroviario dove si prospettano ulteriori passi verso la privatizzazione, a uso e consumo di capitalisti alla Montezemolo e alla Della Valle già massicciamente presenti nel settore, e insieme la concessione alle aziende private di non applicare il contratto collettivo nazionale di lavoro. Ciò a conferma dell'art. 8 introdotto dall'ex governo Berlusconi nella manovra economica dell'estate del 2011 che prevedeva il sistema delle deroghe e del modello Marchionne imposto prima a Pomigliano e poi all'intero gruppo Fiat.
In questa chiave antisindacale va letta anche la misura della totale liberalizzazione degli orari di apertura e chiusura dei negozi che in teoria dovrebbe favorire l'aumento delle vendite delle merci e incentivare i consumi. In realtà si tradurrà in un incremento dello sfruttamento dei lavoratori, già intenso nel settore del commercio e dei servizi, aumenterà i costi di gestione dei piccoli esercizi e impossibilitati a reggere la concorrenza li costringerà a chiudere. Solo la grande distribuzione potrà farne largo uso per aumentare i suoi affari.
Una delle idee fisse di Monti e del suo governo è, oltre alla modifica-cancellazione dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, la privatizzazione dei servizi pubblici locali. Anch'essa una rivendicazione reiterata della Confindustria e del capitale finanziario. Nella bozza era prevista la privatizzazione della gestione dell'acqua nonostante che ben 26 milioni di italiani nel referendum dello scorso giugno si fossero espressi contro. Viste le reazioni suscitate e la protesta montante la privatizzazione dei servizi idrici nel testo finale è stata, per il momento, accantonata. Ma restano le altre privatizzazioni concernenti i servizi pubblici locali con in testa la gestione dei rifiuti e dei trasporti pubblici, bus e treni. "Qua sono stati introdotte le iniziative - ha detto in conferenza stampa il ministro Corrado Passera - per favorire le aggregazioni di imprese con aziende più competitive spingendo verso pratiche di concorrenza per l'affidamento. Dobbiamo liberalizzare e privatizzare - ha proseguito - dove è possibile", anche i "beni comuni", per favorire i grandi pescecani capitalisti monopolisti italiani o esteri che siano.
Rientra nella stessa logica liberista e capitalista la separazione della Snam dall'Eni e la sua contestuale privatizzazione per la gestione della rete del gas, da realizzarsi entri i prossimi sei mesi. Una grossa operazione privatizzatrice, un grande regalo alle grandi società private se si tiene conto che la Snam Spa detiene Snam Rete Gas, (gasdotti), Stogit (stoccaggi), Italgas (vendita) e Gnl Italia (rigassificatori). Questa potrebbe fare, nel prossimo futuro, da viatico ad altre colossali privatizzazioni tra le quali: Fincantieri, Tirrenia, Rai, Finmeccanica, Poste, Enel, la stessa Eni per citarne alcune.
Odiosa la norma a favore delle multinazionali del petrolio e del gas e a danno ambientale che permette loro di trivellare i fondali marini, non più dodici miglia ma a cinque, in pratica sotto costa e anche in aree preziose da un punto di vista ambientale, protette o in attesa di questo riconoscimento. Potrebbero essere a rischio, in ipotesi, zone come: l'isola di Gallinara, l'arcipelago toscano, la costa del Monte Conero, capo Testa, il Golfo Orosei, le isole Eolie e Pantelleria, la Penisola salentina, l'arcipelago della Maddalena, ecc. Insomma, invece di investire sullo sviluppo dell'energia pulita e rinnovabile il governo Monti insiste sul petrolio: l'obiettivo sarebbe quello di aumentare la produzione nazionale da 80 mila a 104 mila barili al giorno. Ridicola la motivazione per giustificare la liberalizzazione delle trivellazioni: aumenterebbe la considerazione delle agenzie di rating sulle possibilità economiche dell'Italia.
C'è dell'altro nella furia liberista di Monti. Vedi il capitolo finanza di progetto e misure per infrastrutture ed edilizia. In questo ambito sono previsti i "projet bond" per garantire finanziariamente gli investitori anche nella fase della costruzione dell'opera e il diritto di prelazione per incentivare i privati ad assumere il ruolo di promotore in grandi opere. In questo ambito è previsto pure per i privati la costruzione e la gestione dei servizi di nuove carceri; come fece a suo tempo la Thatcher in Gran Bretagna. Ai costruttori di nuove abitazioni si concede inoltre l'esenzione dell'Imu per tre anni sull'invenduto e la sterilizzazione dell'Iva.
Nel decreto Monti c'è pure una spruzzata di demagogia a buon mercato dedicata ai giovani disoccupati ai quali dice, senza temere il ridicolo: mettete su un'impresa. Per l'occasione è stata inventata una nuova figura di società denominata "società semplificata a responsabilità limitata (Ssrl). La possono aprire, sulla base dei dettami approvati, i giovani sotto i 35 anni. Basta versare, è detto fra il serio e il faceto, un capitale di un euro. Ammesso che siano previsti per esse meno vincoli e meno tasse (per quanto tempo?) le banche faranno credito senza garanzie, i fornitori daranno fiducia a una società senza capitale sociale? È una norma questa destinata a rimanere, per lo più, sulla carta.
Veniamo alle liberalizzazioni che riguardano i taxi, le farmacie, i distributori di benzina e gli avvocati che sono state quelle che hanno fatto più rumore a seguito della protesta che queste categorie hanno tempestivamente organizzato; anche se per amor della verità, oggettivamente, per peso economico, non sono tra le principali del pacchetto varato dal governo. In estrema sintesi. Per i taxi l'obiettivo è quello di aumentare le licenze con misure di compensazione (soldi?) per chi la licenza ce l'ha già. Possibilità di avere più licenze anche part-time. Per le farmacie il decreto riduce a 3 mila, in luogo di 4-5 mila, il numero di abitanti per l'apertura di una farmacia. Le Regioni in deroga a questa norma, possono istituire nuove altre farmacie in luoghi maggiormente frequentati. Come le stazioni ferroviarie, per esempio. Per i distributori di benzina, che detto per inciso sono gestiti direttamente dalle società petrolifere, si dà la possibilità ai centri commerciali di aprire ex-novo impianti di distributori di benzina. Agli attuali distributori si dà un contentino, quello di poter vendere altri articoli di commercio. Per i professionisti, e segnatamente per gli avvocati, sono abrogate le tariffe minime e massime per rendere libera la contrattazione tra cliente e professionista e fornire il preventivo diventa obbligatorio.

Plaudono la Confindustria e i grandi monopoli
In specie su queste ultime liberalizzazioni governo e Confindustria, con l'ausilio dei mass-media di regime, hanno fatto un baccano infernale: è stato detto che esse sono necessarie e improcrastinabili per aiutare il Paese a uscire dalla crisi, doverose per vincere "corporativismi" non più tollerabili, convenienti per i consumatori, propedeutiche per favorire i giovani nell'inserimento delle attività lavorative e professionali. Demagogia e falsità! Anche in queste liberalizzazioni il governo cura gli interessi dei petrolieri e dei grandi capitalisti a scapito degli altri. In esse inoltre c'è una spinta a favorire la concentrazione in società capitalistiche più forti le quali possono fare incetta di licenze di taxi e, per la guida, assumere lavoratori dipendenti magari con un misero salario e orari impossibili, a favorire le grandi catene di farmacie, e a dare campo libero, sull'esempio in vigore negli Usa, a grandi studi di avvocati dove sfruttare schiere di giovani neodiplomati o comunque deboli contrattualmente. Con tanti saluti per la "libera concorrenza" e la riduzione di prezzi e tariffe. Se a Monti stanno tanto a cuore i diritti dei consumatori e degli utenti perché non ha dato il via, sul serio, sulla base di una legge credibile ed efficace alla Class-action?
Il tecnocrate borghese gode dell'appoggio aperto non solo di Napolitano ma anche dell'intero parlamento, in testa il PD di Bersani, il PDL di Berlusconi e il Terzo polo di Casini e Fini, a parte la Lega di Bossi che già pensa alle prossime tornate elettorali. Ma nel Paese non è così. La fiducia popolare ottenuta d'impeto dopo le dimissioni del governo Berlusconi è in via di logoramento. E anzi cresce il malcontento e la voglia di contestazione. La rivolta di massa esplosa in Sicilia, che noi riteniamo giusta e da appoggiare ne è l'emblema. La mobilitazione dura e determinata dei tassisti, tuttora in piedi è un'altra conferma. Inoltre, gli avvocati hanno annunciato 7 giorni di stop, i primi due il 23 e 24 febbraio. I benzinai hanno in programma la serrata di 10 giorni da definire nelle date. I ferrovieri dell'Orsa si fermano 24 ore il 26 gennaio. Gli autotrasportatori sono fermi ovunque. Per venerdì 27 gennaio è indetto da USB e Cobas lo sciopero generale di 8 ore contro la manovra del governo e in difesa dei "beni comuni". L'11 febbraio ci sarà a Roma la grande manifestazione nazionale della FIOM contro il modello Marchionne e le misure del governo.
Una contestazione sindacale, sociale e di piazza che deve svilupparsi ancora e deve trovare il suo naturale sbocco nella proclamazione dello sciopero generale con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi per cacciare via questo governo della grande finanza, della UE e del massacro sociale.

25 gennaio 2012