Sull'Assemblea nazionale promossa dal Comitato "Il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta"
Non convincono del tutto i 10 punti di "liberiamoci dalla precarietà"

Si è tenuta a Roma dal 19 al 20 novembre l'assemblea nazionale "Liberiamoci della precarietà" promossa dal Comitato "Il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta", rete nazionale che racchiude numerosi movimenti dei precari e in cui riveste un ruolo di spicco, fra gli altri, la responsabile politiche giovanili della CGIL, Ilaria Lani. Lo stesso Comitato il 9 Aprile scorso aveva organizzato una mobilitazione nazionale contro la precarietà.
L'assemblea di Roma, a cui hanno preso parte "centinaia di giovani, attivisti di coordinamenti, associazioni, reti di lavoratrici e lavoratori precari" (dal comunicato finale), ha elaborato dieci proposte per "salvare una generazione e questo Paese" dalla piaga sociale della precarietà. Fra queste figurano un "contratto stabile per lavoro stabile", l'abrogazione delle "forme di lavoro più precarizzanti", l'incremento dei pagamenti per il lavoro discontinuo, l'estensione dell'indennità di disoccupazione, il "reddito minimo di inserimento" per disoccupati o chi ha redditi al di sotto della soglia di povertà, garantire ai precari pieni diritti sindacali, a partire dal "diritto di voto, di assemblea, di sciopero", il diritto alla maternità, alla malattia ed alla casa. Richiesto anche un intervento sulla previdenza per "garantire a chi oggi lavora con un contratto precario un futuro previdenziale dignitoso".
Rivendicata a gran voce anche una "riforma del sistema fiscale che colpisca la rendita finanziaria e immobiliare, che reintroduca la tassa di successione, che prelevi dai grandi patrimoni".
Per quanto diverse proposte siano assolutamente necessarie e condivisibili, non si può dire la stessa cosa sul metodo assunto dall'assemblea per realizzarle: si punta tutto, o quasi, sul "confronto" con il governo Monti, su cui aleggiano pesanti e pericolose illusioni, alimentate non solo dalla CGIL (come non vedere in questa apertura a Monti una replica di quella già dimostrata dal vertice riformista del sindacato guidato dalla Camusso?) ma anche da altre componenti del Comitato, per esempio il giornale online "La Repubblica degli Stagisti", che il 19 novembre ha pubblicato un articolo non risparmiando gli elogi alla nuova ministra del Lavoro, Elsa Fornero, esaltando i suoi richiami ad un "welfare universale" ed alla "lotta alla precarietà". Come se questi fossero veramente gli intenti del governo della grande finanza, dell'UE e della macelleria sociale. Tra l'altro la Fornero propone il passaggio dalla precarietà alla "flessibilità": cambia il nome ma non la sostanza.
I punti avanzati dall'assemblea romana sono stati criticati dalla rete "San Precario". Innanzitutto perché ritiene che molte proposte, per quanto condivisibili, siano volte solo a "migliorare" anziché eliminare la precarietà. "C'è un vuoto assordante, inoltre, sugli aspetti legati alle forme di rappresentanza della condizione di precarietà e nulla viene detto sulle pratiche a livello politico e a livello sociale che dovrebbero consentire il raggiungimento degli obiettivi preposti. Ciò non può sorprendere, se analizziamo l'humus culturale e politico al cui interno si dipana la matassa dell'iniziativa 'Il nostro tempo è adesso'. Lo sponsor sindacale di riferimento è la CGIL e quello politico il Partito Democratico: due organizzazioni che non necessitano di ripensare nuove forme di (auto)rappresentanza, in quanto già le posseggono (e soprattutto le controllano)". Inoltre "San Precario" stigmatizza giustamente il "dialogo" con il governo Monti, denunciando come le politiche di welfare saranno sottomesse al "potere finanziario" che l'ha generato, e ricorda come anche "la negoziazione sindacale non sembra vivere un momento particolarmente felice, all'indomani dell'accordo sindacale del 28 giugno e dell'approvazione dell'art. 8 della finanziaria di agosto".
Allo stesso tempo bisogna però stare attenti a rivendicazioni fuorvianti, come il "reddito minimo garantito", che può risultare "accattivante" specie per chi si trova in condizioni di vita e lavoro molto difficili e precarie, ma che rischia di compromettere la lotta per la piena occupazione e, soprattutto, di essere funzionale alla classe dominante borghese, e al suo governo Monti, che può così evitare le giuste e legittime rivolte degli sfruttati elemosinando pochi soldi (la stessa Fornero è favorevole, almeno a parole, al "reddito minimo"). Ciò non esclude comunque la lotta per potenziare gli "ammortizzatori sociali", a partire dall'indennità di disoccupazione che deve essere pari al salario medio degli operai dell'industria.
Noi marxisti-leninisti riteniamo che, per sconfiggere la precarietà, occorra lottare per il lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato per tutti, senza rinunciare ma anzi rivendicando con forza l'abrogazione delle norme che hanno legalizzato la precarietà (legge 30, pacchetto Treu, legge Gelmini...), rivendicazione che per esempio manca nei dieci punti dell'assemblea di Roma.

30 novembre 2011