Con una risoluzione approvata a larghe intese
La Lombardia verso la secessione
Casa del fascio e Ulivo apripista per il futuro ordinamento federale dell'intera Repubblica. Il governo Prodi si è dichiarato favorevole

Dal corrispondente della Cellula "Lenin" della provincia di Bergamo
Per la razzista Lega Nord il 3 aprile 2007 verrà ricordato come una data "storica". Quel giorno, infatti, la Lombardia è divenuta ufficialmente la prima Regione ad aver approvato una risoluzione in Consiglio nella quale si chiedono, in base a quanto sancito dall'art. 116 della Costituzione, maggiori competenze legislative allo Stato. Un regalo al populismo xenofobo in camicia nero-verde, alle forze confindustrial-fasciste e alle lobby cattoliche più reazionarie come Comunione e Liberazione, forti sostenitrici delle politiche sociali privatizzatrici di Roberto Formigoni, confezionato nientemeno che dal "centro-sinistra".
L'articolo 116 della Costituzione, tanto per ricordare, fa parte integrante della famosa "riforma" del Titolo V approvata, sul finire della tredicesima legislatura, dall'allora in carica governo Amato, che ha costituzionalizzato il principio del federalismo fiscale e promosso una forma di regionalismo anche differenziato, aprendo così a un federalismo competitivo o asimmetrico, in altre parole a misura dei locali interessi padronali e fortemente antipopolare.

Approvazione bipartisan
La risoluzione del 3 aprile 2007 è stata approvata ad ampissima maggioranza, con i voti della Casa del fascio e delle forze cosiddette moderate dell'Unione. Gli unici voti contrari sono arrivati da PRC e PdCI. La Regione rivendica più autonomia in dodici ambiti: ambiente; beni culturali; giustizia di pace; organizzazione sanitaria; comunicazione; protezione civile; previdenza complementare integrativa "su base regionale"; infrastrutture; ricerca scientifica e tecnologica; università per arrivare a "costruire il Sistema universitario regionale" (proposto dall'Ulivo); cooperazione transfrontaliera (anch'essa richiesta dall'Ulivo) e sistema bancario regionale (rivendicato dall'Italia dei valori) per "far fronte alle esigenze e alle peculiarità del sistema imprenditoriale regionale".
Il documento prevede tra gli obiettivi della Regione anche la possibilità di trattenere quote maggiori del canone e della raccolta pubblicitaria Rai. L'Unione è stata compatta solo nel bocciare ulteriori "devoluzioni" in tema di sanità soltanto perché "spetta già alle Regioni".

L'Ulivo incalza da destra Formigoni
Per mostrarsi più realista del re agli occhi dei poteri forti, l'Unione lombarda fa le pulci al "centro-destra", rivendicando il ruolo positivo che sta giocando il governo Prodi nel favorire la progressiva attribuzione di prerogative dallo Stato centrale alla Regione. Hanno spiegato infatti i capigruppo dell'Ulivo Guido Galperti e Giuseppe Benigni: "La maggioranza di centro-destra poteva mettere in campo questa iniziativa anche prima. Potremmo chiederci come mai in 5 anni di governo, dopo la riforma del centro-sinistra del 2001, l'asse Milano-Roma non ha poi attuato il federalismo e siamo dovuti arrivare noi per darvi l'avvio - ha sostenuto Galperti, capogruppo regionale della Margherita-Ulivo -. Ma noi soprassediamo e dimostriamo di voler lavorare assieme, davvero per il bene della nostra comunità". Sulla stessa linea Benigni, capogruppo DS-Ulivo, che ha sottolineato l'importanza di procedere in modo pragmatico: "Per portare a termine il processo cominciato oggi serve il consenso dei cittadini e delle forze politiche, che oggi c'è e che può estendersi, se l'interlocuzione con il governo sarà leale e pragmatica".

Il ministro Chiti dice "sì"
La palla infatti ora passa al governo Prodi. Al più presto, entro la fine della primavera, si insedieranno le due commissioni, governativa e regionale, che dovranno mettere a punto un testo unificato. Poi il testo dovrà essere sottoposto alle Camere, dove dovrà essere approvato a maggioranza qualificata.
Dal ministro delle riforme, il rinnegato Vannino Chiti è già arrivata la conferma della disponibilità del governo all'applicazione del Titolo V della Costituzione, anche dell'art. 116 che permette alle Amministrazioni regionali di chiedere più competenze arrivando al cosiddetto federalismo fiscale. In fondo, ha detto il ministro, "non si tratta di un braccio di ferro tra Stato e Regione".
Il vero braccio di ferro, è sempre più chiaro, è tra il proletariato e il suo Partito, il PMLI, e la borghesia in camicia nera, i cui interessi sono tutelati, con diverse sfumature, da tutte le forze politiche del parlamento regionale, sia del "centro-destra" sia del "centro-sinistra". Pur avendo votato contro, infatti, restano comunque ambigui sia il PdCI sia il PRC. L'attore Bebo Storti, rappresentante dei Comunisti italiani, ha motivato il no sostenendo, da posizioni interclassiste, che "dodici punti sono pochi e si dovrebbe avere maggiore attenzione alle esigenze dei cittadini". Il PRC, con Mario Agostinelli e Luciano Muhlbauer, ha confermato il suo dissenso totale verso questo modello di devolution, già bocciata dalle masse popolari con il referendum, ma al tempo stesso "ha espresso la volontà di essere parte attiva in questo processo" (Lombardia in Europa, 7 aprile 2007).

30 maggio 2007