I marxisti-leninisti e l'"AltraRiforma" dell'università

di Federico Picerni*

Le studentesse e gli studenti marxisti-leninisti stanno partecipando attivamente al forte movimento in difesa dell'istruzione pubblica, contro la nera politica scolastica e universitaria classista, aziendalista, meritocratica e clericale di stampo mussoliniano perseguita dal governo del neoduce Berlusconi. All'alba del 2011, che si preannuncia un nuovo anno di lotte (e noi certamente ci impegneremo in tal senso), ci sembra doveroso aprire un confronto con il movimento studentesco in merito agli scopi della lotta. Abbiamo pensato di farlo partendo dal progetto dell'autoriforma dell'università.
L'"AltraRiforma", un processo tuttora in corso di elaborazione, è allo stesso tempo una dichiarazione d'intenti e un insieme di rivendicazioni, in quanto enuncia le politiche effettuate dai governi recenti e al contempo propone obiettivi di lotta e nuove misure da contrapporre alla "riforma" Gelmini. Riteniamo dunque utile cominciare dal dire che ne pensiamo, basandoci sul testo propositivo del Coordinamento "Link", per sviluppare un discorso su quali pensiamo siano gli obiettivi che il movimento deve porsi. Si tratta, in altre parole, di stabilire a quale modello di università ci opponiamo e a quale aspiriamo.

Il carattere di classe dell'istruzione e della cultura
Non è possibile capire appieno le controriforme universitarie, e quindi nemmeno combatterle efficacemente e a fondo, se non si individuano le forze sociali (cioè le classi) che le promuovono e sostengono.
L'istruzione non è distaccata ma anzi investita in pieno dalla lotta di classe. La classe dominante borghese, come del resto ogni altra classe che ha detenuto e deterrà il potere, sa bene che la scuola e l'università sono centri di educazione ideologica e politica, dove non vengono trasmesse "conoscenze generali" sulla base di un piano didattico "apolitico", come vanno dicendo tanto la destra quanto la "sinistra" del regime; dall'università borghese devono uscire i futuri quadri e tecnici del sistema capitalista, imbevuti della cultura e del metodo di pensare borghesi trasmessigli da tale istituzione e dai livelli scolastici precedenti.
Non è un caso che le controriforme universitarie classiste, aziendaliste e meritocratiche, che hanno avuto come guida programmatica il "Piano di rinascita democratica" della P2 di Gelli, siano cominciate proprio negli anni '80, dopo cioè la conclusione delle Grandi Rivolte del Sessantotto e del Settantasette che avevano messo a fuoco il carattere di classe dell'istruzione e compreso, nel complesso, che occorreva abbattere il capitalismo per trasformare davvero il sistema d'istruzione.
Con la "riforma" Gelmini e le leggi più recenti, il carattere marcatamente di classe dell'università si è palesato con ancora maggior chiarezza, in quanto ai privati viene permesso non solo di interferire, finanziare e condizionare l'università, ma anche di entrare a farne parte a pieno titolo nonché di controllarne gli organismi di governo. Insomma l'università è asservita culturalmente, politicamente, organizzativamente e programmaticamente alle necessità economiche della borghesia e questo è detto esplicitamente anche nei testi delle varie leggi.
In questa società capitalista non è possibile cambiare fondamentalmente la natura dell'istruzione, né illudersi di poterle dare un'impostazione interclassista. L'esperienza insegna che è possibile strappare delle conquiste in ambito democratico borghese, che è quello su cui dobbiamo puntare.

L'"AltraRiforma" dell'università
Con l'"AltraRiforma" dell'università abbiamo punti di convergenza per quanto riguarda i finanziamenti alle borse di studio, le agevolazioni per i trasporti e le attività culturali, il finanziamento straordinario dell'edilizia scolastica, lo stanziamento di un fondo anticrisi per aiutare gli studenti in difficoltà nel proseguire gli studi, la contrarierà alla valutazione (e quindi al finanziamento) degli atenei sulla base della successiva immissione degli studenti nel mondo del lavoro, il ruolo unico della docenza per combattere il baronato. A tutto ciò però noi aggiungiamo la necessità di mettere fine al sistema del "3+2" e dei "crediti formativi" e al numero chiuso, nonché il divieto per i privati di finanziare l'università.
Il testo espone anche una serie di rivendicazioni di "riforma" degli organi di governo. Per quanto siamo d'accordo con la rivendicazione per cui "nessun esterno può comporre gli organi di governo dell'ateneo", riteniamo le altre decisamente insufficienti, poiché non colpiscono la burocrazia e non danno vero potere agli studenti. Al massimo vengono proposti il referendum studentesco su "temi inerenti la didattica, l'organizzazione dell'ateneo, delle facoltà e dei singoli corsi, sul diritto allo studio e su ogni tema che coinvolge la vita universitaria" e periodiche assemblee di facoltà con sospensione delle lezioni, solo però per "favorire un rapporto diretto tra gli studenti e i loro rappresentanti".
Non vengono avanzate nemmeno rivendicazioni per una maggiore presenza, quantomeno paritetica, degli studenti nel consiglio d'amministrazione. Ciò sarebbe, per quanto parziale, decisamente necessario alla luce del fatto che ormai i consigli d'amministrazione vengono svuotati di ogni componente elettiva e riempiti di esterni, addirittura con la recente legge Gelmini anche un "esterno" potrà divenire presidente del consiglio di amministrazione, dotato di strapoteri decisionali rispetto allo stesso rettore. L'"AltraRiforma" si limita a chiedere un "aumento delle percentuali di rappresentanza" degli studenti, il riconoscimento delle loro "specifiche competenze" e la "possibilità di esprimere un parere vincolante sui temi che riguardano più direttamente gli studenti" (quali?), e ad assegnare al senato accademico la possibilità di dare "indirizzi politici" mentre adesso può solo formulare proposte.
Si propone anche di sostituire il CNSU (Consiglio nazionale studenti universitari, organo ufficialmente consultivo e di fatto strumento del governo per soffocare i movimenti) con una "conferenza nazionale studenti-MIUR", ma pur sempre con funzioni consultive, nulla quindi garantisce che non svolgerebbe il medesimo ruolo di puntello governativo, neanche la possibilità di convocare referendum studenteschi nazionali o la partecipazione dei componenti della conferenza ai lavori delle commissioni parlamentari e ministeriali inerenti agli affari dell'università.
Manca una critica della cosiddetta autonomia universitaria, che permette ai singoli atenei di scegliere e gestire autonomamente la didattica, i bilanci (facendoli pesare sugli studenti e sul personale docente e tecnico-amministrativo), le altre attività finanziarie (facendo affari con le banche ed altri soggetti privati). Certo, il testo attacca "l'utilizzo degenerato dell'autonomia" che "ha consentito ai baroni una gestione dissennata dei bilanci degli atenei, un vero e proprio saccheggio dell'università", lasciando però intendere che l'autonomia è un principio valido se applicato "con coscienza", mentre in realtà l'autonomia di cui si parla equivale a privatizzazione e federalismo secessionista e dunque non possiamo non rivendicare l'abrogazione di tutta la legislazione sull'autonomia universitaria.

Il governo delle università
In conclusione ci pare che l'"AltraRiforma" non indichi una vera via d'uscita, radicale e generale, dal progetto complessivo di università che avevano e hanno in mente Gelmini, Moratti, Berlinguer e Zecchino. Più che mettere in discussione questo modello di università, che è poi l'università del capitalismo, si accontenta di ritagliare piccoli spazi autogestiti (i referendum, la partecipazione degli studenti alle scelte didattiche e organizzative, ecc.) ma non va al cuore dei problemi; tanto più che questi stessi piccoli spazi autogestiti, una volta conquistati, non hanno alcuna garanzia di essere mantenuti in quanto sarebbero pur sempre condizionati dalla posizione subalterna degli studenti. Accettare le regole del gioco imposte dal governo significa legarsi da soli le catene ai piedi.
Ci pare inoltre che il progetto dell'autoriforma, così come è stato concepito, punti molto sul dialogo con le istituzioni borghesi, in quanto una delle cause del "fallimento" della "riforma" viene visto nella mancanza di discussione pubblica e partecipata. In realtà la classe dominante borghese e il suo governo non hanno nessun interesse a dialogare con gli studenti, e anche quando lo fanno è solo per correre ai ripari e salvare la faccia: lo dimostra bene il fatto che il nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, ha "accolto" gli studenti dopo lo storico assedio e assalto al Parlamento blindato, solo per invitarli a tornare nell'ambito della lotta legale; cosa che comunque non gli ha impedito di firmare la legge Gelmini dimostrando ancora una volta le sue vere fattezze di opportunista politico di prim'ordine.
Anche parlare di "fallimento" della "riforma" è fuorviante in quanto per la borghesia che l'ha promossa si è trattato di un successo che, dal suo punto di vista, migliora l'università, mentre per le masse studentesche, lavoratrici e popolari è un autentico mostro da abbattere.
Comunque il problema centrale dell'università è quella del governo. Secondo noi gli attuali organismi di governo devono essere sostituiti con nuovi organi con poteri vincolanti senza la partecipazione di alcun soggetto privato, dove gli studenti detengano la maggioranza ed il personale docente e non docente è presente come minoranza; tutti i membri devono essere eletti dalle rispettive assemblee generali con i metodi della democrazia diretta.

Elaborare una piattaforma rivendicativa nazionale
Più che limitarsi ai progetti di autoriforma, che restano pericolosamente vicini alla dimensione istituzionale, il movimento studentesco deve osare pensare, osare parlare, osare agire ponendosi obiettivi anche difficili e audaci, ma che vadano alla radice dei problemi. Occorre in particolare elaborare e discutere dal basso una piattaforma rivendicativa nazionale sulla base della quale unire il movimento e rilanciare e sviluppare la lotta.
Riteniamo che questa piattaforma debba avere i seguenti punti chiave:
1) combattere l'istruzione e la cultura borghesi, contrastando la sottomissione dell'università alle necessità economiche della classe dominante borghese;
2) abrogazione della "riforma" Gelmini;
3) lotta per l'università pubblica, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti;
4) lotta contro tutte le nuove controriforme dell'università e rivendicazione del ritiro di quelle precedenti;
5) nuovi organismi di governo con poteri vincolanti nei quali gli studenti abbiano la maggioranza;
6) ricercare la massima unità con le lotte operaie, con la Fiom, la Cgil e i "sindacati di base", nonché con gli studenti medi, i ricercatori, i docenti, i lavoratori dell'università e le altre forze sociali in lotta per la salute, per l'ambiente e così via.
Gli studenti e gli operai devono unirsi assieme alle altre forze politiche, sociali, culturali e religiose anticapitalistiche e antifasciste per scatenare un nuovo 25 Aprile per abbattere il nuovo Mussolini, Berlusconi, responsabile della macelleria sociale in atto e demolitore dell'istruzione pubblica. Facciamo pressione affinché la Cgil e i "sindacati di base" proclamino subito congiuntamente lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi.

Il coinvolgimento e l'organizzazione del movimento studentesco
Occorre incentivare al massimo la partecipazione e il protagonismo delle studentesse e degli studenti, sia nelle lotte immediate (contro i tagli, contro la "riforma", ecc.) sia in quelle a più lungo termine, sia alle lotte politiche, sociali e sindacali come quella in corso contro l'accordo separato di Mirafiori che ha restaurato le relazioni industriali mussoliniane. Per fare ciò occorre organizzare il movimento sulla base della democrazia diretta: i suoi dirigenti devono essere eletti, con diritto di revocabilità in qualsiasi momento, dalle assemblee generali studentesche, le quali detengano poteri vincolanti e definiscano congiuntamente gli indirizzi politici, programmatici e organizzativi.
Il metodo delle assemblee generali può assicurare al movimento una lunga e proficua vita e continuità, mettere le studentesse e gli studenti al centro e renderli protagonisti tanto delle lotte quanto dell'elaborazione, assicurare al movimento maggiore efficacia, rappresentanza e autonomia. Inoltre le assemblee generali non impediscono affatto la partecipazione dei collettivi e delle altre organizzazioni studentesche, piuttosto permette di compattare al meglio il movimento sulla base delle rivendicazioni comunemente stabilite.

* Responsabile del CC del PMLI per il lavoro giovanile

5 gennaio 2011