Sbarrare il passo alla macroregione del Nord voluta dalla Lega

"Missione compiuta, adesso il Nord ha un governo forte, mentre quello di Roma sarà molto debole; si apre una fase nuova": così Roberto Maroni salutava trionfante la conquista del Pirellone all'indomani delle elezioni regionali in Lombardia, e a chi gli faceva notare l'altissimo prezzo che questa vittoria era costata, col dimezzamento del serbatoio nazionale di voti della Lega anche a causa dell'alleanza col PDL, il caporione leghista rispondeva: "Questo era ciò che la Lega voleva, dietro la mia elezione c'è il progetto strategico della macroregione del Nord; sapevamo che per raggiungere questo obiettivo dovevamo fare l'accordo con il PDL".
Queste parole descrivono esattamente quello che è il disegno politico attuale della Lega Nord, dopo il fallimento della strategia secessionista "istituzionale" tentata nel precedente decennio coi governi Berlusconi: prima attraverso il tentativo golpista, ex articolo 138, di controriforma costituzionale del 2005, tendente a far passare la secessione del Nord dietro il cavallo di Troia della "devoluzione", bocciato però dal referendum popolare del giugno 2006. Poi attraverso il federalismo fiscale varato nel 2009, rimasto però pressoché sulla carta perché molto costoso e quindi accantonato di fatto a causa della sopraggiunta crisi finanziaria e dei conseguenti tagli di bilancio. La caduta del governo Berlusconi a fine 2011 aveva poi messo una pietra sopra alle speranze leghiste, seppellendo con esso anche il suo tentativo farsesco di "decentramento" di alcuni ministeri nazionali al Nord.
Questo fallimento è coinciso poi con la profonda crisi di immagine e di consensi che ha colpito la Lega in seguito agli scandali che hanno coinvolto Bossi, la sua famiglia e i suoi fedelissimi, e che hanno portato Maroni a spodestare il vecchio e screditato leader. È a questo punto che, trovandosi a gestire un partito in forte crisi di identità e di consensi, insidiato dal movimento 5 stelle di Grillo, fuori dal governo e con il vecchio disegno strategico del federalismo ormai svuotato, Maroni ha cominciato a far balenare agli occhi del suo disorientato "popolo" il miraggio della macroregione del Nord. Non era più cioè il progetto ambizioso della "Padania", che mirava a staccare l'intero Nord dal resto d'Italia, dalle Alpi fino al Po, e che successivamente, con l'espansione elettorale della Lega culminata con le elezioni politiche del 2008, aveva incluso in questi confini anche l'Emilia-Romagna e la Liguria, e si era spinta perfino in Toscana. Con la macroregione del Nord, comprendente le tre regioni governate dalla Lega, Piemonte, Lombardia e Veneto, a cui eventualmente associare il Friuli governato dal PDL, la Lega di Maroni si propone un progetto forse meno megalomane della "Padania", se non altro per la ridimensionata estensione territoriale, ma non per questo meno pericoloso e distruttivo per l'unità del Paese.

Un progetto che si aggancia alla "macroregione alpina"
Sicuramente si tratta di un progetto più alla portata della sua attuale forza politica, dal momento che pur dimezzata elettoralmente la Lega ha già in mano il governo di queste tre importantissime regioni, dove si concentra il grosso delle capacità produttive e della ricchezza del Paese. E pertanto il pericolo, sebbene più circoscritto geograficamente, diventa ben più attuale e concreto dell'ormai anacronistico disegno secessionista "padano". Che comunque non viene certo ripudiato, ma solo accantonato perché non ci sono più le condizioni politiche favorevoli, ma potrebbe essere sempre ripreso in seguito una volta realizzata e consolidata la macroregione.
E come il secessionismo "padano" veniva contrabbandato dietro formule e progetti "istituzionali", come la devoluzione, il federalismo fiscale, il federalismo demaniale, così per dissimulare il carattere secessionista della macroregione e renderne più "istituzionale" il disegno lo si aggancia al più vasto progetto transnazionale europeo della "macroregione alpina", il cui primo nucleo è stato lanciata dal Land tedesco della Baviera il 29 giugno 2012 con un accordo firmato anche dai presidenti delle regioni del Nord Italia, della regione austriaca della Carinzia e della Slovenia.
Si tratta di un progetto ambiziosissimo, che da questo primo nucleo di regioni dovrebbe estendersi anche all'intera Austria, a tutta la Germania meridionale, alla Svizzera, all'Alsazia e alle regioni alpine della Francia e dell'Italia, fino ad includere anche Val D'Aosta e Liguria: una macroregione europea che includerebbe 49 regioni di 7 Stati, con 70 milioni di abitanti distribuiti su una superficie di 450 mila chilometri quadrati e un prodotto interno lordo pro capite annuo di 22.800 euro. Sarebbe in pratica l'area manifatturiera più importante d'Europa e del mondo, la cui locomotiva sarebbe rappresentata dalle due regioni meridionali tedesche della Baviera e del Baden-Wurttemberg, che da sole assommano 23 milioni di abitanti e producono un terzo del Pil della Germania.
Con la sua macroregione formata per adesso da Piemonte, Lombardia, Veneto più Friuli, il caporione leghista Maroni fa balenare alla grande borghesia del Nord l'idea ghiotta di potersi agganciare a questo ricco e potente treno, smettendo di pagare le imposte allo Stato italiano e tenendosi in casa tutta la ricchezza prodotta. Ovviamente in questo "sogno" cerca di tirare dentro anche la media e piccola borghesia imprenditrice, che forma ancora il grosso di quel che resta della sua base elettorale, approfittando della crisi che sta falcidiando la miriade di piccole imprese industriali e artigiane, col miraggio di entrare a far parte di un'altra "entità statale" dove si pagano meno tasse e dove i servizi sono di standard tedesco anziché italiano. Una sorta di secessione dall'Italia e di annessione alla Germania, quasi un ritorno a prima dell'unità d'Italia quando il "Lombardo-Veneto" era annesso all'allora impero Austro-ungarico: questa è l'idea che Maroni vuole spacciare per dare una prospettiva europea e una qualche base legale al suo progetto secessionista della macroregione del Nord.

Non sottovalutare il problema
Come quest'ultima si possa poi realizzare nella pratica è un percorso ancora tutto da definire, anche perché allo stato attuale occorrerebbe una modifica costituzionale, e anche le euroregioni che già si sono costituite, che pare siano oltre cento, mantengono le rispettive amministrazioni di appartenenza nazionale, e non prevedono nuovi livelli amministrativi. Ma non per questo si tratta di un puro espediente propagandistico che si considera irrealizzabile e da agitare solo in campagna elettorale: intanto si fa circolare l'idea e si crea il terreno politico favorevole, aumentando il distacco dal governo centrale e alimentando un crescente dualismo di potere, pronti a fare il passo della rottura definitiva non appena se ne presenterà l'occasione. Che data la situazione di caos politico e istituzionale in cui sono precipitati la classe dominante borghese e il regime neofascista potrebbe presentarsi anche molto presto. Il riferimento del caporione leghista al governo di Roma che non è mai stato tanto debole come in questo momento, mentre il potere della Lega nelle regioni del Nord non è mai stato così forte, suona a questo proposito oltremodo sinistro.
Per questo occorre non sottovalutare il problema - totalmente ignorato dai partiti della "sinistra" borghese - e mettere in guardia la classe operaia e le masse popolari italiane da questo criminale disegno secessionista, che mira a dividerle staccando quelle del Nord dal resto d'Italia, legandole al carro della borghesia locale e fomentando tra di loro il razzismo, il localismo esasperato, l'egoismo individualista e di gruppo, e il separatismo. Occorre invece sbarrare risolutamente il passo alla macroregione del Nord voluta dalla Lega neofascista del gerarca Maroni, contrapponendo alla sua propaganda secessionista, oggi più che mai, la lotta per l'Italia unita, rossa e socialista. Solo il socialismo può cambiare l'Italia e impedire la sua disgregazione territoriale, abbattere il capitalismo e la dittatura borghese e dare il potere al proletariato.

27 marzo 2013