Alla mostra di Parma "Mai dire Mao"
Un Mao a uso commerciale


Svoltasi dal 22 al 30 settembre scorsi a Parma nell'ambito della 26ª edizione di "Mercanteinfiera", l'annuale rassegna internazionale di modernariato, antiquariato e collezionismo la mostra "Mai dire Mao" ha ottenuto successo di pubblico e visibilità su stampa e tv nostrane.
Nella presentazione ufficiale del curatore Gherardo Frassa già si leggeva come "Mai dire Mao" fosse "Una rassegna ironica, ma non irriverente, che non riprende il profilo storico e né il ruolo politico di Mao ma la sua natura di icona pop". Non per niente come testimonial è stato chiamato il comico presentatore Piero Chiambretti che campeggia nei panni di Lin Biao anche nel manifesto ufficiale della rassegna.
Circa 170 artisti, italiani e stranieri, per un totale di oltre 250 opere esposte nella sezione dedicata a coloro che hanno lavorato sulla figura di Mao in chiave moderna, ma la sezione più pubblicizzata e acclamata è stata senz'altro quella dedicata ai materiali originali provenienti dalla Cina, artatamente messi in vendita a prezzi elevatissimi. Un Mao insomma ad uso esclusivamente commerciale. Alcuni esempi: una fascia da braccio originale da guardia rossa 8 euro, una bandiera della rivoluzione culturale 400 euro, una giubba da guardia rossa 80 euro, giaccone dei militari al confine con la Russia sul fiume Ussuri 300 euro, statuette in ceramica raffiguranti Mao e l'esperienza socialista in Cina dai 100 ai 1.000 euro.
Del resto nella stessa Cina dal 1993, anno del centenario della nascita di Mao, ha preso il via una corsa all'accaparramento dei pezzi originali della Rivoluzione culturale proletaria da parte dei collezionisti con il conseguente lievitare del loro valore sul mercato. Altresì il ritrovato interesse per gli oggetti della propaganda socialista ha generato una rinascita della produzione, con i vecchi artigiani che hanno riaperto le botteghe e oggi si arricchiscono realizzando ogni sorta di gadget.
"Grazie all'immagine del presidente mi sono comprato la casa e la macchina nuova " dice Dong Zhongchao, mercante ed esperto antiquario che a Pechino ha messo su una fortuna raccogliendo e vendendo manifesti, spille e distintivi, libretti rossi, statuette e gadget del periodo 1966-1976.
Nonostante l'ininterrotta campagna denigratoria condotta su scala mondiale dalla borghesia e dall'imperialismo sulla figura e l'opera di Mao, è evidente come l'immagine del grande maestro del proletariato internazionale continui a illuminare le menti e scaldare i cuori degli sfruttati e degli oppressi, che gelosamente intendono custodirla. Un interesse in cui il capitalismo cinese, e non solo, ha visto la possibilità di lauti profitti e non ci ha pensato due volte a fare un uso sfacciatamente commerciale di Mao. Insomma da una parte lo si attacca e lo si dipinge a fosche tinte, trattamento del resto riservato a tutti e cinque i grandi Maestri del proletariato internazionale, e, dall'altra, si specula commercialmente sulla sua figura contrabbandandone un'immagine irreale e folcloristica e trattandola alla stregua di un volgare marchio capitalistico.

3 ottobre 2007