Migliaia in corteo contro il massacro sociale
La polizia di Berlusconi e Maroni manganella la protesta davanti a Montecitorio

Mercoledì 14 settembre, mentre a Montecitorio si recitava stancamente il copione del voto di fiducia per l'approvazione definitiva della manovra del massacro sociale, nella piazza antistante la Camera si faceva sentire la rabbia di coloro che quella manovra sono chiamati a pagarla e quel massacro a subirlo: studenti, precari, lavoratori e pensionati, convocati in piazza Montecitorio dai "sindacati di base", dai comitati in difesa dei beni comuni e da altri movimenti di lotta per gridare la protesta e il disprezzo delle masse popolari al governo e al parlamento nero: istituzioni queste mai così isolate e odiate dal Paese reale, al punto da sembrare sempre più come un fortino assediato dalla marea montante della collera popolare, tenuta a bada solo da un uso sempre più massiccio e violento delle forze repressive dello Stato.
Lo si è visto clamorosamente il 14 dicembre 2010, con lo storico assalto di massa di studenti e precari della scuola al parlamento nero degli inquisiti e dei venduti che riconfermava la fiducia al governo neofascista e stangatore di Berlusconi; ma lo si è visto anche in questa giornata di lotta, sia pure in dimensioni certamente inferiori, ma con un identico significato politico.
Era dal lunedì che i manifestanti presidiavano Montecitorio, dopo aver già assediato il Senato e subìto le cariche della polizia davanti a Palazzo Madama, durante il primo voto di fiducia alla manovra. Nella vicina piazza del Pantheon si svolgeva anche una manifestazione della CGIL, con la Camusso che si limitava a definire "iniqua, depressiva e sbagliata" la stangata da 54 miliardi tutta sulle spalle dei lavoratori e pensionati, e che alle 17 si affrettava a far togliere il presidio, prima che a Montecitorio iniziassero le votazioni. Intanto in piazza Montecitorio l'ex ministro delle Politiche comunitarie, l'autore della famigerata legge abolita dal referendum sull'acqua pubblica, il fascista Andrea Ronchi, recentemente uscito da FLI e ritornato nell'ovile del neoduce, si rendeva autore di uno squallido show contro i manifestanti protetto dalle sue guardie del corpo. Un manifestante gli ha gridato: "Io guadagno in un anno quel che tu guadagni in un mese, non ti vergogni"? Al che l'ex ministro è andato su tutte le furie e si è messo a provocare i manifestanti, ma sommerso dai fischi e colpito anche da uno schizzo d'acqua in faccia, ha dovuto battere in ritirata, profferendo insulti sguaiati mentre veniva portato via di peso dai suoi gorilla.
Verso le 19, alla notizia che nell'aula erano cominciate le dichiarazioni di voto, la protesta è esplosa in tutta la sua forza, al grido di "dimissioni, dimissioni!" e col lancio di ogni sorta di oggetti: fumogeni, fuochi artificiali, uova, palloncini di vernice, ortaggi, monetine, e perfino frattaglie di animale, tra cui sembra anche un cuore, forse di maiale, a ricordare beffardamente il "cuore sanguinante" di Berlusconi per aver appena sfiorato i redditi dei più ricchi. A questo punto è partita, violentissima, la carica della polizia di Berlusconi e Maroni, inseguendo e bastonando a sangue chiunque si trovasse davanti, tanto da rovesciare parecchi motorini parcheggiati nella piazza con i corpi degli studenti e dei precari travolti nella carica, diversi dei quali sono rimasti a terra feriti e contusi.
Dopo essersi riuniti e riorganizzati presso il Pantheon, dando prova di un'ammirevole combattività, i manifestanti hanno però dato vita ad un corteo che dietro lo striscione della rete "Roma bene comune" e al grido di "le nostre vite non sono in debito", si è messo in marcia nel centro della capitale; mentre le "forze dell'ordine", polizia, carabinieri e guardia di finanza, bloccavano l'accesso a tutti i palazzi del potere, dal Senato a Palazzo Grazioli. Il corteo si è diretto quindi da Largo Argentina verso Piazza Venezia e i Fori imperiali, lanciando slogan contro il governo e Berlusconi, per terminare sotto il Colosseo in oltre 2000 manifestanti. Per tutti l'appuntamento è stato dato al 15 ottobre, sempre a Roma, per la giornata di lotta europea contro le politiche antipopolari per far pagare la crisi ai popoli.
Bisogna prendere esempio da questo tipo di lotte, abbandonando ogni illusione legalitarista, costituzionalista, pacifista ed elettoralista, senza rinunciare ad alcuna forma di lotta, pacifica o violenta a seconda dei casi e delle necessità poste dalla lotta di classe, purché siano lotte di massa e non avventuriste e di piccolo gruppo. Solo con un nuovo 25 Aprile e sollevando la piazza sarà possibile infatti liberarsi del nuovo Mussolini e della sua politica di massacro sociale.

21 settembre 2011