Manifestavano contro i licenziamenti e la cassa integrazione
La polizia di Berlusconi carica e manganella gli operai Fiat di Pomigliano in lotta
I lavoratori picchiati e inseguiti sull'autostrada A1 con metodi da regime neofascista. Numerosi i feriti e sette denunciati, tra cui un sindacalista Fiom
Il PMLI condanna i vigliacchi attacchi delle "forze dell'ordine" e solidarizza con i manifestanti

Dal nostro corrispondente della Campania
Giovedì 5 febbraio si è consumata un'altra pagina nera del regime neofascista del neoduce Berlusconi ai danni degli operai Fiat che chiedono risposte concrete per il loro destino occupazionale.
Oltre mille e cinquecento operai della Fiat auto di Pomigliano d'Arco e della Ergom, hanno dato vita ad un'assemblea davanti alla sede dello stabilimento per denunciare la situazione di grande disagio che impedisce, di fatto, ai lavoratori di riprendere l'attività, anche a seguito del blocco della produzione e al licenziamento di 120 operai di un'azienda, la ASM di Avellino, collegata alla Fiat. Gli operai hanno voluto ribadire il loro No alla cassa integrazione che dura ormai da quattro mesi, per ottenere con forme di lotta dure e incisive un serio piano che comporti la riconversione e la reindustrializzazione del polo automobilistico di Pomigliano, che metta realmente al primo posto il diritto al lavoro e non la volontà dei padroni che è quella di tagliare oltre 5.000 posti di lavoro dello storico stabilimento Fiat alle porte di Napoli.
Infatti, l'amministratore delegato Sergio Marchionne ha attuato solo piani di ristrutturazione selvaggia, licenziamenti, cig, aumento dei ritmi e dei carichi di lavoro per migliaia di operai e lavoratori su cui i pescecani capitalisti della Fiat, governo e istituzioni locali vogliono scaricare il peso e tutti i costi della loro crisi.
Al termine dell'assemblea un pacifico corteo si è diretto verso l'ingresso dell'autostrada A1. Tutti dietro allo striscione blu di Fim-Fiom-Uilm con su scritto "Fiat Auto Pomigliano". Un combattivo corteo operaio che scandiva: "Pomigliano, Pomigliano, Non si tocca". L'obiettivo è occupare l'A1, l'autostrada più vicina per richiamare l'attenzione dei media e dell'opinione pubblica sulla grave situazione in cui versa Pomigliano. Lo schieramento di "forze dell'ordine" in assetto antisommossa è imponente. "Non siamo riusciti neppure ad avvicinarci allo svincolo Acerra-Afragola, afferma il delegato Fiom Mimmo Loffredo, che la polizia in tenuta antisommossa ha cominciato a caricare, usando pesantemente i manganelli tanto che alcuni operai sono rimasti contusi".
A questo punto, anche per evitare successive cariche, un gruppo di manifestanti si è disperso per i campi riuscendo così a raggiungere l'autostrada. Un elicottero dall'alto sorveglia e comunica le mosse dei manifestanti, la polizia torna a caricare. Molti operai sono colpiti dai manganelli, chi tenta di sottrarsi con uno slalom tra le auto in coda viene inseguito e picchiato, altri manifestanti si sono dispersi cercando rifugio dietro le auto rimaste bloccate. Qui la celere ha attuato un vero e proprio rastrellamento in stile fascista. Alla fine sette operai sono portati a forza al commissariato d'Acerra. Lì - scortati da una cinquantina di operai - saranno perquisiti e denunciati a piede libero. Altri vengono portati via in ambulanza e medicati. Immediata la presa di posizione di Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom: "non è con la polizia che si risolvono i problemi dello stabilimento di Pomigliano".
Questo è l'epilogo di una giornata di mobilitazione operaia, repressa nella maniera più vigliacca dal regime del nuovo Mussolini d'Arcore; ovvero caricati e picchiati in modo squadristico con manganelli e pesantissime cariche delle "forze dell'ordine" al comando del caporione fascio-leghista Maroni.
Ciò che è accaduto sull'A1 giovedì 5 febbraio è da regime neofascista e conferma che le istituzioni locali, tutte dirette dal "centro-sinistra", ne sono complici. Un'escalation di violenza squadrista, quella del governo del neoduce Berlusconi, che non risparmia nessuno: operai, studenti e tutte le classi sociali più deboli. Pertanto è necessario, come affermato dal Responsabile del PMLI per la Campania nel tempestivo comunicato di condanna delle cariche e di solidarietà agli operai repressi (pubblicato integralmente a parte), che "tutte le forze sindacali, sociali, culturali, religiose e democratiche diano una risposta decisa ed efficace ai governi locali e nazionali e al padronato".
La coraggiosa lotta iniziata dagli operai di Pomigliano, e in generale dai lavoratori Fiat di tutto il nostro Paese, si inserisce nel quadro delle battaglie e dei conflitti sociali contro la crisi e contro le misure "anti"crisi imposte dal governo Berlusconi. Misure antioperaie e antipopolari che servono solo ed esclusivamente per garantire e difendere i profitti del rapace capitalismo.

11 febbraio 2009