La polizia di Prodi e Amato manganella i lavoratori Alitalia
I dipendenti dell'Atitech Napoli protestano per la minaccia di licenziamenti di massa

Mentre il balletto mediatico sulla svendita e totale privatizzazione di Alitalia va avanti, dopo oltre 10 anni di scelte industriali disastrose e devastanti ristrutturazioni, sommate alle gravissime responsabilità gestionali degli strapagati manager che si sono avvicendati alla guida e alle responsabilità politiche dei governi che si sono succeduti sia di "centro-destra" che di "centro-sinistra", i lavoratori Alitalia e i lavoratori dei servizi a terra, trattati da zavorra nella trattativa in corso, hanno giustamente protestato in difesa del posto di lavoro. Per risposta hanno ricevuto sonore manganellate dalla polizia mandata da Prodi e Amato, che non vogliono intralci nell'oramai imminente de profundis della compagnia di bandiera.
In circa 500 il 18 marzo scorso sono arrivati con auto e pullman da Capodichino alla Magliana, al Centro direzionale Alitalia dove si svolgeva il primo incontro tra i vertici aziendali, gli amministratori delegati di Air France e i vertici sindacali: la maggior parte erano lavoratori dell'Atitech di Napoli, il centro di manutenzione pesante degli aerei, dove sono a rischio più di 1.000 posti di lavoro. Con bandiere dei sindacati, fischi, slogan e uova hanno iniziato la contestazione: "Noi siamo quelli del servizio di terra, quelli che nella vendita finiranno in mezzo alla strada o nel migliore dei casi tritati da un'azienda all'altra - spiega un lavoratore - sappiamo che Air France ha intenzione di scaricarci".
A fronteggiarli un cordone di polizia e carabinieri in assetto antisommossa. Ai primi lanci di uova è partita, brutale, la repressione con sonore manganellate che hanno mandato al pronto soccorso due lavoratori con naso e sopracciglio rotti. Ai lavoratori è vietato persino avvicinarsi. Neppure una delegazione può partecipare alla trattativa in corso: le "forze dell'ordine" scelbiane serrano le file.
"Non c'è un'informazione reale - denunciano i lavoratori dell'Atitech nell'assemblea chiesta e organizzata con i rappresentanti sindacali nella palazzina accanto - si parla di 1.600 esuberi ma sono le cifre che riguardano il personale Fly, ci sono altri 8.000 dei servizi che però stanno per essere tagliati. Questo è il risultato della divisione firmata nel 2004 dagli stessi sindacati che dovrebbero difenderci". I sindacati collaborazionisti cercano di difendersi ma i lavoratori sia di volo che di terra hanno pagato un prezzo altissimo in termini di occupazione, di flessibilità e carichi di lavoro, di perdita salariale con l'accordo sindacale del 2004 e ancor più col piano di ristrutturazione e di privatizzazione di Cimoli, sottoscritto sciaguratamente dai vertici sindacali di Cgil, Cisl e Uil, più il sindacato di destra Ugl, del settembre 2005. Un piano di lacrime e sangue con pesantissimi sacrifici per i lavoratori, che non garantisce loro un futuro occupazionale e non salvaguarda l'unicità e la natura pubblica dell'azienda. Un piano che ha spezzettato l'Alitalia in Az Fly e in Az Service, per attuare massicce esternalizzazioni e soprattutto per tagliare complessivamente 3.700 posti di lavoro.
E pensare che l'hangar dell'Atitech di Napoli, legata a Az Servize, dove si svolge la manutenzione pesante degli aerei Md-80 e A320 è un centro di eccellenza e all'avanguardia in Europa, realizzato con i soldi pubblici, con lavoratori in media di 35 anni con alta professionalità. Atitech e Az Service rappresentano una parte importante per il rilancio dell'Alitalia ma né governo né amministratori Alitalia sembrano interessati a salvaguardarli: non sono certo rassicuranti le parole di Maurizio Prato, presidente della compagnia che afferma: "Non sono previsti licenziamenti, ma solo soluzioni non traumatiche".
I sindacati condannano l'operato della polizia e si impegnano a non accettare "una trattativa al buio, né operazioni di spezzettamento in una logica meramente ragionieristica o in quella ancora peggiore del prendere o lasciare", come, purtroppo, è già avvenuto.
I lavoratori non demordono e giustamente chiedono: "È arrivata l'ora che il governo si assuma le proprie responsabilità. Non è possibile che siamo venuti qui per prendere mazzate". Hanno perfettamente ragione, a loro va tutta la nostra solidarietà militante.

26 marzo 2008