A Roma sfilano in 500mila. Grandi manifestazioni in 87 Paesi. A Londra il "China Daily" di Pechino intervista un esponente del PMLI
Il capitalismo e Berlusconi nel mirino dei manifestanti
Il PMLI: un avvenimento storico, non intaccato dalle gravi, erronee e controproducenti provocazioni di via Cavour. L'interminabile corteo composto in stragrande maggioranza da giovani e giovanissimi. Asse tra il PMLI e le "Mamme Vulcaniche". I medici di un ospedale si oppongono all'identificazione dei feriti prima della cura. La delegazione del PMLI, diretta da Branzanti coadiuvato da Di Matteo, incita ad abbattere Berlusconi sollevando la piazza
Rimane da capire che l'unica e vera alternativa è il socialismo
 
Dal nostro inviato
Quella del 15 ottobre 2011 è una giornata che resterà negli annali della lotta di classe in Italia, perché, come ha rilevato tempestivamente il comunicato dell'Ufficio stampa del PMLI: "Mai dopo il Sessantotto e il Settantasette si è verificata in Italia una manifestazione di massa contro il capitalismo e il governo che ne cura gli affari, come quella di questo pomeriggio a Roma". Si è trattato di "Un avvenimento storico, che potrebbe segnare una svolta nella lotta di classe nel nostro Paese". La ricorderemo anche come l'ennesimo episodio di violenta repressione antipopolare da parte del governo neofascista di Berlusconi.
La manifestazione di Roma si è svolta in contemporanea a quelle per il "cambiamento globale" in più di 900 città di 87 paesi del mondo (senza risparmiare le cittadelle dell'imperialismo, come Stati Uniti, Giappone e Unione europea), dirette contro l'oligarchia finanziaria che giustamente viene sempre più percepita come nemica delle masse lavoratrici e popolari.
La manifestazione è stata molto partecipata e combattiva, da tutta Italia migliaia e migliaia di operai, lavoratori, precari, disoccupati, pensionati, studenti sono scesi in piazza con grande determinazione, per nulla impauriti dalla grancassa terroristica che preannunciava disordini. Di sicuro la straordinaria affluenza e la combattività dei manifestanti hanno fatto fischiare le orecchie del neoduce Berlusconi, dei suoi gerarchi e dei partiti della "sinistra" borghese che si sono trovati spiazzati davanti alla potente carica anticapitalista delle masse, e il grado di autonomia e di indipendenza che queste hanno raggiunto rispetto a loro.
La manifestazione ha infatti dimostrato che il livello di coscienza delle masse è cresciuto notevolmente, poiché hanno capito che il capitalismo e i governi che gli reggono il sacco sono i responsabili di questa crisi, ancora più grave di quella degli anni '20 del secolo scorso, e che quindi è necessario lottare contro di essi e contro gli strumenti dell'oligarchia finanziaria che governa il mondo speculando sulle spalle e sulle vite delle masse popolari, BCE e Banca d'Italia in testa.
Piazza della Repubblica è piena fin dalle 13, tanta è la partecipazione di massa. Il corteo si muove a partire dalle 14 imboccando via Cavour. Tante le realtà presenti: FIOM, "La Cgil che vogliamo", Cobas, Usb, No TAV, No Dal Molin, No Ponte, ARCI, Comitati per l'acqua pubblica, gli aquilani terremotati, i "Draghi ribelli", "Roma bene comune", "Uniti per l'alternativa", le "Mamme Vulcaniche", PRC, PdCI, SEL, Associazioni di ambientalisti e quelle di migranti, "Femministe indignate". Non mancano le Organizzazioni degli studenti partiti dalla Sapienza.
Fra i 500mila manifestanti l'entusiasmo, la combattività e la rabbia contro il capitalismo, il governo Berlusconi e "l'Europa delle banche" sono alle stelle. Alla partenza vengono applauditi i No TAV. Un significativo cartello recita: "Uno spettro s'aggira per l'Europa dal 1848" (data del Manifesto del Partito comunista di Marx ed Engels). "Non siamo merce nelle mani di politici e banchieri"; "Quando l'ingiustizia diventa legge, ribellarsi è un dovere"; "10, 100, 1000 Tahrir"; così recitano altri cartelli e striscioni. Su un cartello un grande ritratto a colori di Marx con sotto scritto "maestro unico". Domina la parola d'ordine "Noi il debito non lo paghiamo". Tante le bandiere rosse, anche giganti, che sventolano sopra i manifestanti, in stragrande maggioranza giovani e giovanissimi. L'opportunista leader dei radicali Marco Pannella, che cercava di infilarsi nel corteo, viene cacciato dai manifestanti.

Il PMLI
Il PMLI era presente a Roma con una delegazione nazionale diretta dal compagno Denis Branzanti coadiuvato dal compagno Franco Di Matteo e composta da compagne e compagni provenienti da Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia.
La combattiva, disciplinata e rossa delegazione portava cartelli contro il nuovo Mussolini e le bandiere rosse dei Maestri e del Partito, diffondendo copie de Il Bolscevico e volantini che invitavano ad abbattere il principale massacratore sociale Berlusconi. I marxisti-leninisti, super-fotografati e ripresi dalle telecamere, a più riprese dai megafoni hanno lanciato slogan e cantato Bandiera rossa e Bella ciao coinvolgendo i manifestanti vicini, in particolare l'energico spezzone delle "Mamme Vulcaniche" che stava loro davanti. Ricordando le comuni lotte a Napoli contro le discariche, in accordo con esse, abbiamo lanciato insieme lo slogan: "L'immondizia non va bruciata, raccolta, raccolta differenziata".
Esponenti del PMLI sono stati intervistati più volte, anche da La7, ma non ci risulta che siano andati in onda.
Nel corso del corteo i capetti di "Uniti per l'alternativa" hanno provocato verbalmente e fisicamente i nostri compagni, manovrando contro di essi anche il loro Tir, nell'evidente tentativo di emarginarci dal corteo. Ma non ci sono riusciti. Anche perché non tutti la pensavano allo stesso modo, come dimostra la solidarietà portataci dai tanti giovani che erano dietro lo striscione di quel partito. Resta pur sempre un atto gravissimo di rottura dell'unità anticapitalista e antifascista di cui Berlusconi andrebbe molto fiero.
Da segnalare lo "strano" comportamento de la Repubblica nei confronti del PMLI. Nel giorno stesso della manifestazione, in un grosso articolo dal titolo "Indignati, Roma blindata per il corteo dei 200mila" a tutta pagina, tramite il pennivendolo Corrado Zunino scrive "C'è il Partito marxista-leninista italiano". Il giorno dopo, nella cronaca della manifestazione, scritto dallo stesso Zunino, ha ignorato completamente la presenza del PMLI. Perché mai? A pensar male (bene) si potrebbe dire che quello che interessava unicamente all'organo ufficioso del "centro-sinistra" era suggerire alle "forze dell'ordine" di tenerci d'occhio.
Come di norma, tutti i media hanno celato la presenza del PMLI. Il direttore dimissionario de il manifesto trotzkista, Norma Rangeri, scrive "spuntano i maoisti". Ridicola!
Il PMLI ha partecipato anche alle mobilitazioni di Londra e di Edimburgo. A Londra i nostri compagni hanno rilasciato due interviste, una al China Daily di Pechino edito dal Partito comunista cinese revisionista e l'altra a National Public Radio. Successivamente sono stati attaccati, come gli altri manifestanti, dalla polizia che voleva cacciarli dalla piazza.
La Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI ha inviato un messaggio di ringraziamento ai membri della delegazione nazionale e alle Istanze di Londra e di Aberdeen nel quale si legge fra l'altro: "Avete rappresentato al meglio il nostro amato Partito e contribuito al successo delle suddette manifestazioni tenendo ben alte le insegne rivoluzionarie e anticapitaliste del PMLI.
"Voi, compagne e compagni, siete stati coprotagonisti di una grande e storica manifestazione anticapitalista (...) La coscienza anticapitalista delle masse è in pieno sviluppo, e ciò crea migliori condizioni per porre in maniera dialettica la questione che la vera e unica alternativa al capitalismo è il socialismo.
"Il vostro spirito di sacrificio, specie da parte dei compagni siciliani che hanno fatto il viaggio più lungo e disagiato, il vostro rispetto del centralismo democratico e della disciplina proletaria, la vostra combattività anticapitalista e antigovernativa e il vostro coraggio rivoluzionario, illuminano ed ispirano i dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi e questa Commissione".

Gli scontri
Il primo fumo nero lo si vede verso la fine di via Cavour. È la prima auto bruciata dai "black bloc", in realtà infiltrati di Stato e "ultrasinistri" che continuano imperterriti a sfondare vetrine delle banche e bruciare automobili anche nella successiva via Labicana. Vengono lasciati agire indisturbati dalle "forze dell'ordine", mentre i manifestanti li insultano al grido di "fuori, fuori", "fascisti, fascisti", gli lanciano bottiglie e si scontrano con loro nel tentativo di cacciarli dal corteo.
Alle 16,30 polizia e guardia di finanza entrano in azione in tenuta anti-sommossa, spaccando il corteo e sparando lacrimogeni e idranti. Nel giro di un quarto d'ora scatta la repressione violenta e indiscriminata dell'intera manifestazione. In particolare i manifestanti che erano riusciti a raggiungere piazza San Giovanni vengono circondati, soffocati da una pioggia di lacrimogeni e aggrediti selvaggiamente; alla violenza repressiva oppongono la violenza di massa, difendendosi come possono, erigendo barricate e lanciando sampietrini. Una camionetta dei carabinieri e uffici del ministero della Difesa vengono dati alle fiamme.
La furia repressiva delle "forze dell'ordine" è smisurata. Le camionette piombano a gran velocità nel bel mezzo del corteo, si susseguono i caroselli e un manifestante viene persino investito. Manifestanti inermi vengono aggrediti ovunque si trovino. Una ragazza a braccia conserte davanti alla polizia viene manganellata e ferita al volto. Il corteo si disperde definitivamente e anche i marxisti-leninisti sono costretti a lasciare le strade, sfuggendo per un soffio alla repressione, ma gli scontri si protraggono per ore. Il bilancio è di 135 feriti (in maggioranza appartenenti alle "forze dell'ordine") e 12 arresti.
A fine giornata partono i rastrellamenti per le vie di Roma e la caccia al manifestante persino, in certi casi, in attesa dei pullman nelle altre città.
Da segnalare il coraggio dei medici rifiutatisi di permettere alla polizia di identificare i manifestanti feriti prima che potessero ricevere le cure, e delle chiese (basilica di San Giovanni e S. Maria dei Monti) che hanno offerto rifugio e acqua ai manifestanti.
Indubbiamente l'azione degli infiltrati di Stato e degli inguaribili malati di avventurismo e terrorismo di piccolo gruppo, ha favorito enormemente la repressione poliziesca. Maroni e i suoi sgherri non aspettavano altro e hanno gravi e precise responsabilità. Non è da escludere una risonanza a lungo termine, con un inasprimento generale delle norme repressive fasciste, con l'agenzia AISI (informazioni e sicurezza interna) che afferma: "La mobilitazione del 15 segna un punto di non ritorno e lo snodo per le future dinamiche contestative".
In ogni caso va fatto un dovuto distinguo fra i provocatori che fin da subito non hanno fatto altro che sfasciare vetrine e auto, e i manifestanti che dopo l'inizio della repressione, dentro e fuori San Giovanni, si sono legittimamente difesi. Giustamente però non hanno partecipato alla successiva battaglia tra i cosiddetti "Black bloc" e le "forze dell'ordine".

Le reazioni dei partiti borghesi
"Bipartisan" l'elogio alle "forze dell'ordine" e la condanna della violenza. Tra tutti si è distinto Vendola il quale a l'Unità del 17 ha dichiarato: "Bisogna dar atto al ministero dell'Interno di aver proposto un racconto veritiero... Forse ci sono stati alcuni errori nella comprensione di quello che stava avvenendo. Ma nel complesso è stata una gestione responsabile. Non è stato un replay di Genova".
Il responsabile nazionale del PD per la sicurezza, Emanuele Fiano, sullo stesso giornale ha affermato: "Noi dobbiamo essere la diga contro ogni trasformazione della protesta in violenza. Il dissenso è il cuore della democrazia, la violenza il suo nemico e non la supporteremo mai, in qualsiasi forma o modo".
Sulla stessa lunghezza d'onda Liberazione che attraverso la penna di Eleonora Forenza, riconferma la linea pacifista del PRC: "la nostra scelta è e deve rimanere la non violenza, proprio perché è la forma radicalmente più alta della violenza del potere (quindi anche del potere del proletariato, ndr)". E per essere sicura di essere capita, aggiunge: "Le avanguardie non ci sono e non ci devono essere. Non ci sono più Palazzi d'Inverno" (alludendo alla Rivoluzione d'Ottobre)".
Per i partiti della "sinistra" borghese quindi il proletariato e le masse popolari e giovanili non hanno il diritto di ribellarsi, di difendersi e reagire alla violenza dei governi e delle istituzioni borghesi. È come dire: Berlusconi e Maroni, accomodatevi pure; quando saremo noi al governo useremo i vostri stessi metodi repressivi e liberticidi. Lo sappiamo: lo avete già fatto col governo Prodi. Noi invece lavoreremo affinché le masse capiscano sempre più che, come dice Mao, "È giusto ribellarsi contro i reazionari", usando tutti i metodi di lotta, compresa la violenza rivoluzionaria e le battaglie di strada purché siano di massa e mai di piccolo gruppo staccato dalle masse. La non violenza è la tomba della lotta di classe e l'elisir di lunga vita della classe dominante borghese.

L'unica e vera alternativa
La consapevolezza che bisogna farla finita col capitalismo è in continua crescita. Ne è una prova lampante la manifestazione del 15 ottobre. Ma non si ha ben chiaro come uscirne. Vecchi e nuovi volponi cavalcano l'onda del cambiamento affinché poi il cambiamento non avvenga. Lavorano nei movimenti di massa anticapitalisti per dar loro uno sbocco elettorale, parlamentare e governativo riformista per addolcire il capitalismo. I marxisti-leninisti vi devono invece lavorare praticando una larga politica di fronte unito per aiutarli a crescere in senso anticapitalista, antigovernativo, antistituzionale e rivoluzionario, per far loro comprendere, articolando e argomentando bene la nostra proposta, che l'unica vera alternativa di società non sono i governi della "sinistra" borghese, ma la lotta di classe, l'abbattimento del capitalismo e la conquista del socialismo, cioè il governo della classe operaia, che rappresenta anche l'unica vera via d'uscita dalle crisi economiche capitalistiche e dalle macellerie sociali che esse comportano. Come la storia dimostra, è impossibile che nel capitalismo e sotto un qualsiasi suo governo ci possa essere una vera democrazia e una vera libertà per le masse popolari.

19 ottobre 2011