Nonostante gli attacchi del sindaco di Firenze Renzi (PD) e degli altri reazionari
Il 1° Maggio vive nelle piazze d'Italia
La manifestazione nazionale a Marsala, presente una delegazione del PMLI diretta da Schembri. La Camusso accoglie l'appello di Napolitano per "ritessere" l'unità sindacale. A Milano e Torino contestati Cisl e Uil. All'Isolotto di Firenze tradizionale appuntamento che dura da 28 anni. Il "Concertone" Cgil-Cisl-Uil all'insegna del nazionalismo: cantato per 3 volte di seguito l'inno di Mameli. Sciopero del commercio a Firenze, Roma, Milano e in altre città per impedire l'apertura dei negozi nella festa dei lavoratori. Molto partecipato il Mayday a Milano. Il PMLI presente alla manifestazione di Londra
Calore attorno al PMLI che invita all'unita' per abbattere il nuovo Mussolini

All'insegna della religione cattolica, del consumismo, del qualunquismo e del nazionalismo patriottardo: questo aveva programmato il regime neofascista per il Primo Maggio 2011. Dalle ordinanze dei vari neopodestà con in testa Renzi (PD), Moratti (PDL) e Alemanno (PDL) per l'apertura dei negozi nelle grandi città, alla kermesse di stampo medioevale dedicata a papa Wojtyla, lo scopo era di attenuare e stravolgere il significato, la visibilità e la forza della giornata internazionale dei lavoratori.
Sulla scia del Vaticano, ci voleva provare anche Berlusconi ad occupare gli schermi televisivi, a modo suo: avrebbe voluto concludere la giornata in trionfo con i tifosi del suo Milan. Perché non dimentichiamolo: sfruttare la "religione" calcistica come arma politica per il rafforzamento della dittatura fascista, è una delle tante cose che ha imparato dal suo maestro Benito Mussolini.
Tutti costoro, comunque, hanno fatto male i conti, perché le radici di classe, proletarie, antifasciste, antimperialiste, rivoluzionarie, del 1° Maggio, sono ancora ben radicate nei lavoratori e nel popolo italiani e anzi più vive e attuali che mai. Come è scritto nell'editoriale del numero scorso de "Il Bolscevico": "La Giornata internazionale dei lavoratori ha sempre rappresentato e tutt'oggi rappresenta una delle più importati ricorrenze per il proletariato e per le masse popolari sfruttate e oppresse di tutto il mondo. È bene ribadirlo, esso non ha un carattere interclassista, cioè non è la festa di tutti, di operai e di padroni (camuffati da produttori)". E così è stato anche quest'anno: dal Nord a Sud il proletariato, i lavoratori, i disoccupati, i precari, i pensionati italiani sono scesi in piazza contro gli "omicidi bianchi", il lavoro nero, il precariato e i licenziamenti, nonché per rivendicare le dimissioni del governo della macelleria sociale, della guerra imperialista e del supersfruttamento. Ovunque era presente il PMLI i manifestanti più avanzati e combattivi si sono raccolti con calore attorno ai marxisti-leninisti che invitavano all'unità per abbattere il nuovo Mussolini.

Le manifestazioni
Quest'anno Cgil, Cisl e Uil hanno organizzato la manifestazione nazionale dal titolo "Primo Maggio 2011, il lavoro per unire il paese" a Marsala, in provincia di Trapani. Per Marsala è stata una giornata storica, coronata da una buona affluenza, circa diecimila manifestanti della classe operaia e delle masse popolari provenienti da tutte le province della Sicilia. Il PMLI era presente con una qualificata e combattiva delegazione diretta dal compagno Sesto Schembri, che è riuscita, non senza ostacoli, a portare fin sotto al palco degli oratori un grande ritratto di Marx: "un fatto storico" si è vivamente complimentato con i compagni siciliani il Segretario generale del PMLI, Giovanni Scuderi.
I tre sindacati confederali hanno spiegato che avrebbero scelto Marsala "perché è da questo posto che iniziò la grandissima spedizione dei Mille condotta da Garibaldi e che condusse il popolo dello stivale verso l'Unità d'Italia". Certo è che tra le righe degli interventi dal palco di piazza della Repubblica dei segretari nazionali, Camusso, Angeletti e Bonanni, si sono intraviste ben altre motivazioni per questa scelta. In primo luogo il servilismo della Segretaria della Cgil nei confronti del nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, e del suo invito a "ritessere" l'unità sindacale, da realizzarsi non sulle scottanti battaglie del lavoro, del sottosviluppo sempre più grave del Mezzogiorno e neanche sul fronte unito da realizzare urgentissimamente per affossare il governo Berlusconi, bensì sui temi dell'"unità nazionale" e del patriottismo nazionalista, che, nelle intenzioni del presidente guerrafondaio, serve ad alimentare e in qualche modo a giustificare la criminale aggressione imperialista alla Libia. Ed è stato forse questo il motivo per cui nel suo discorso Camusso ha evitato accuratamente i temi che "dividono", a cominciare dalla fascistizzazione del lavoro in fabbrica e dai piani antioperai di Marchionne per Termini Imerese, Pomigliano d'Arco, ex Bertone nonché dal precariato di massa dilagante a seguito delle infami leggi sulla "concertazione". Evidentemente aveva concordato solo "argomenti condivisi", che si sono tradotti in generici accenni ai tagli alla scuola pubblica e al recupero della gigantesca evasione fiscale. Certo ha ragione la leader riformista della Cgil a dire che "l'unità è preziosa" e che "divisi si è più deboli", ma dimentica di dire che se l'unità è senza principi, diventa un male, un male mortale per i lavoratori.
In secondo luogo ci sono motivazioni più prosaiche, ossia la necessità per Angeletti e Bonanni di sfuggire alle previste contestazioni nelle grandi città e il malcelato intento di lasciare in qualche modo "campo libero" alla mobilitazione della Chiesa a Roma.
Un altro grande corteo di oltre 10mila manifestanti si è svolto a Milano. È partito da Porta Venezia e ha sfilato per le vie del centro fino a piazza della Scala. Qui sono stati sonoramente contestati i dirigenti, venduti ai padroni e al governo, di Cisl e Uil, difesi dal segretario della Camera del Lavoro della Cgil, Onorio Rosati, anch'egli contestato.
Il PMLI con le sue rosse bandiere e i cartelli era in prima fila e ha preso parte attiva alla contestazione dei crumiri, affiancato dagli operai licenziati e cassintegrati delle tante aziende in crisi, metalmeccaniche e non solo, con i quali si è invocato all'unisono lo sciopero generale con manifestazione sotto Palazzo Chigi, da organizzare subito dopo l'importante sciopero proclamato dalla Cgil per venerdì 6 maggio.
Non è stato gradito dai manifestanti l'invito delle istituzioni in camicia nera a cancellare lo sciopero del commercio, tanto che quando dal palco l'assessore milanese al Commercio, Giovanni Terzi, ha portato il saluto del sindaco Letizia Moratti, moltissimi i lavoratori che hanno iniziato a fischiare. Ha preso la parola Massimo Scibona, che lavora in un grande negozio di Corso Buenos Aires: "Solo 4 lavoratori su 56 - ha raccontato - erano disponibili a lavorare oggi e quindi il negozio è rimasto chiuso. Non lavorare il Primo maggio - ha spiegato - significa che i nostri diritti non sono in vendita". Un gruppo di partecipanti ha protestato in corso Vittorio Emanuele con i fischietti e distribuendo volantini di fronte al negozio multicenter della Mondadori, aperto durante la giornata festiva.
Nel pomeriggio, sempre nel capoluogo lombardo, al grido di "nativi e migranti uniti" si è svolta l'11ª edizione del "MayDay dei Precari di S. Precario", organizzata da studenti, giovani dei centri sociali e "sindacati di base". La manifestazione ha visto una drastica riduzione del percorso e un divieto di passare dal centro, per ordine della questura di Milano. Oltre diecimila manifestanti sono partiti intorno da piazza XXIV maggio, hanno proseguito per via Torino, lambito piazza Duomo passando per via Dante, piazza Cadorna fino a viale Alemagna, per poi fermarsi in viale Milton, accanto a parco Sempione, dinanzi alla Triennale, dove la festa per il Primo Maggio è proseguita con musica e concerti. Lungo tutto il percorso è stato invocato lo "Sciopero generale dei precari". Non mancavano gli striscioni come "Expo mafia che avanza" e "Bossi, Maroni e Berlusconi for da le ball". Tantissimi i giovani, soprattutto studenti-lavoratori e immigrati. Il 1° Maggio dei precari si è svolto anche a Palermo, L'Aquila, Viterbo e Napoli.
La mobilitazione è stata l'occasione per il lancio del primo sciopero precario, che "coinvolgerà tutti i lavoratori interinali, a progetto, a tempo determinato, a chiamata e tutti coloro che lavorano senza sindacato e senza garanzie".
A Bergamo i marxisti-leninisti hanno manifestato con l'effigie di Marx sul cartello, molto apprezzato e fotografato dai manifestanti.
Anche a Torino grande partecipazione. Lo spezzone della Cisl sarebbe stato buttato fuori dal corteo e costretto a raggiungere il concentramento finale in Piazza S. Carlo passando per una via laterale. I contestatori scandivano il coro "e Bonanni non parla più". Nella piazza davanti al bandierone ufficiale dei sindacati "Italia unita dal lavoro", i manifestanti hanno esposto uno striscione con la scritta "Crisi-nucleare-guerra e politici schifosi. Cacciamoli tutti" con le immagini di Silvio Berlusconi, Raffaele Bonanni e Sergio Marchionne. Sul palco è riuscito a salire anche un manifestante con una ghigliottina in gommapiuma con la scritta "Bertone sulla lama e Fiat new company nel manico". Alla fine dei comizi alcuni giovani precari vicini ai centri sociali hanno occupato il palco, bruciando le bandiere della Cisl e della Uil mentre una parte della piazza, ancora piena, batteva le mani al grido: "Da Pomigliano a Mirafiori, siete il sindacato dei traditori".
"Sono nemici dei lavoratori e dell'unità sindacale", è stata la reazione del segretario regionale del PD, Gianfranco Morgando, che ha definito il gesto: "un comportamento fanatico e antidemocratico e un fatto politicamente molto grave" accusando gli autori di "attentare all'unitarietà del Primo Maggio". Anche il neopodestà di Torino, Sergio Chiamparino (PD), ha definito i contestatori "provocatori". Al neopodestà e ai falsi oppositori di governo e padroni ha risposto la Fai, la Federazione Anarchica di Torino in un comunicato, che denuncia che il loro spezzone del corteo sarebbe stato attaccato "dal servizio d'ordine degli squadristi democratici del Pd che ha assaltato il furgone d'apertura degli anarchici, spaccando il parabrezza".
Dal punto di vista dell'unità con i lavoratori della Cisl e della Uil, il rogo delle bandiere dei loro sindacati ci sembra controproducente, più produttivo è rivendicare, come hanno fatto in varie città i marxisti-leninisti (spesso insieme ai lavoratori della Fiom, ma anche della Fim e della Uilm), le dimissioni immediate di Bonanni e Angeletti, per ottenere la cancellazione dei vergognosi accordi separati con governo, Confindustria e Federmeccanica e per la proclamazione dello sciopero generale unitario di 8 ore di tutte le categorie con manifestazione a Roma per liberarci di Berlusconi e del suo governo di guerrafondai, antioperai e antisindacali, piduisti e mafiosi. Meritatissimi e sacrosanti sono stati i fischi e i "vergogna, vergogna" destinati alla dirigenza dei sindacati gialli e a Chiamparino, noto anche per rivendicare la privatizzazione dei servizi idrici e il boicottaggio dei referendum, e che per la prima volta nel capoluogo piemontese ha autorizzato l'apertura dei negozi. Risultato? I piccoli commercianti non hanno riposto all'appello mentre i grandi centri commerciali ne hanno approfittato per ricattare i dipendenti e massimizzare i profitti, con in prima fila la Rinascente.
A Biella i marxisti-leninisti hanno portato in piazza le bandiere dei Maestri e del Partito e il cartello con il manifesto ad hoc ed hanno intonato con i manifestanti l'"Internazionale", "Bandiera Rossa" e la "Canzone del 1° Maggio".
Il 1° Maggio di Firenze, ha visto un corteo, dopo ben vent'anni, che ha sfilato da piazza Santa Croce a piazza della Repubblica, ha dovuto sfidare la bile antipopolare, antiproletaria ed anticomunista del neopodestà Matteo Renzi il quale, ospite della trasmissione "In mezz'ora" di Rai3, condotto dalla rinnegata Lucia Annunziata, a nome anche dei colleghi (Moratti, Chiamparino, Vincenzi, Alemanno, Iervolino, Cammarata), ha difeso la decisione di tenere aperti i negozi a "fini turistici" e ha attaccato le manifestazioni del 1° Maggio con velenose menzogne degne dell'odio di classe di un Berlusconi e di un Marchionne qualunque.
Renzi, esattamente come il fascio-leghista Borghezio, vuole cancellare 25 Aprile e 1° Maggio, mentre non perde occasione per difendere la memoria del filosofo del fascismo e della fascistizzazione della scuola, Giovanni Gentile.
La Cgil regionale e cittadina, in una nota in cui si esprime soddisfazione per il "fallimento della rottamazione del Primo Maggio in Toscana", fa sapere che la manifestazione nel capoluogo toscano, è stata "molto partecipata, 2.500 le presenze e c'erano tutti, i tre sindacati, i lavoratori del commercio, rappresentanti di Pd, Udc, Idv, Sel, consiglieri comunali". Commesse e commessi non solo hanno aderito allo sciopero regionale contro le aperture dei negozi ma alcuni di loro al termine del corteo hanno raccontato le loro dure e inaccettabili condizioni di lavoro. "Nel commercio - sottolinea ancora la Cgil - chi poteva scioperare ha scioperato" con adesioni "pari all'80% in Coin, Billa, Edison". "Un successo" anche quello perché "l'obiettivo prioritario era mettere in garanzia le commesse che volevano riprendersi la festa". Presenti come sempre con bandiera e cartello i marxisti-leninisti che tra l'altro anche quest'anno non si sono risparmiati nel collaborare con il Comitato Promotore per il successo del tradizionale appuntamento del 1° Maggio, che dura ormai da 28 anni, nel quartiere dell'Isolotto. Nella piazza addobbata di rosso spiccava sotto il palco lo striscione "Giù le mani dal 1° Maggio". Un ordine del giorno contro l'apertura dei negozi imposta dal sindaco Renzi è stato approvato dai partecipanti all'iniziativa che hanno anche dato vita ad un vivace e colorato corteo.
A Prato in piazza c'era il PMLI mentre le compagne e i compagni della provincia di Firenze hanno tenute ben alte le bandiere e le insegne del Partito, nonché quelle dei Maestri, a Fucecchio, a Pontassieve, dove solo il Partito ha portato in piazza la falce e martello, simboli storici della classe operaia, e a Vicchio, dove eravamo l'unico Partito ufficialmente presente.
A Forlì i marxisti-leninisti hanno tenuto alte le bandiere del PMLI e i manifesti sul 1° Maggio, diffondendo i volantini e un buon numero di copie de "Il Bolscevico" n. 15. Anche a Sant'Arcangelo di Romagna (Rimini) i marxisti-leninisti hanno partecipato al corteo con le bandiere del Partito e il cartello con il manifesto del 1° Maggio. A Modena i marxisti-leninisti hanno partecipato alla contestazione della piazza nei confronti del segretario della Cisl e insieme ai manifestanti hanno intonato L'Internazionale e subito dopo Bandiera Rossa in risposta agli organizzatori che avevano fatto partire le note dell'inno di Mameli. A Padova il volantino del Partito sul 1° Maggio è andato a ruba. Una diffusione è stata organizzata dall'Organizzazione locale del PMLI a Bari, dove tutti i partiti della "sinistra" borghese e i sindacati avevano deciso di ignorare questa ricorrenza. A Lecce i marxisti-leninisti hanno tenuto ben alte le bandiere dei Maestri e del Partito, distribuendo numerosissimi volantini. Anche a Parma è stato diffuso il volantino sul 1° Maggio, questa volta dai simpatizzanti locali del Partito. A Napoli i marxisti-leninisti hanno preso in pugno l'iniziativa per celebrare degnamente la giornata, diffondendo diverse copie de "Il Bolscevico"e partecipando con le bandiere al concerto di Piazza Dante.

Il concertone
A Roma centinaia di migliaia di giovani hanno partecipato al consueto concerto in Piazza San Giovanni. Numerosi sono stati gli artisti che hanno contestato l'organizzazione del grande live musicale - patrocinato dai sindacati Cgil Cisl e Uil - accusati di aver preteso prima dello spettacolo la firma di una liberatoria molto dettagliata: un impegno che, di fatto, "metteva la sordina a cantanti e attori" sui temi importanti dei referendum del 12 e 13 giugno (acqua, nucleare e scudo giudiziario), delle vergognose crociate della Chiesa e delle elezioni prossime, segno che ormai i metodi del regime neofascista non conoscono confini. Non tutti si sarebbero piegati alle regole imposte, come hanno fatto i qualunquisti Paoli, Dalla e De Gregori.  Di particolare rilievo l'esibizione di Ascanio Celestini che per aggirare la censura ha dovuto cantare l'inno della Repubblica romana del 1849: "A Roma i Papi non li vogliamo" e quella di Caparezza che, con le sue incalzanti rime rappate, dense di denunce sulla condizione economica, politica, sociale ed ambientale in cui versa il popolo italiano, ha riscosso grandi ovazioni. Il cantante di Molfetta è stato l'unico ad avere il coraggio di attaccare esplicitamente il premier con il pezzo dal titolo "Non siete Stato voi".
Particolarmente subdola è stata l'operazione patriottarda e nazionalista imbastita dagli organizzatori del "concertone" in serata che aveva lo scopo di tentare di fare passare nella testa delle masse giovanili "l'Inno di Mameli", riarrangiato per l'occasione dal compositore Ennio Morricone mixato con il "Va Pensiero" di Verdi. L'inno di Mameli è stato cantato tre volte, in tre forme diverse e in tre momenti diversi. La prima volta, cantato da Eugenio Finardi, nell'anteprima del "concertone", è stato ripetuto per 3 volte di seguito.
I giovani presenti in piazza, nonostante i reiterati tentativi anche del presentatore, Neri Marcorè, di pubblicizzare l'inno in tutte le salse, non ne hanno voluto sapere e hanno decretato ancora una volta e in maniera inequivocabile che l'inno che è nel cuore del popolo italiano, degli anziani come dei giovani, è la canzone degli eroici partigiani: "Bella Ciao", che ha risuonato in ogni corteo, da un capo all'altro della Penisola. Nella versione dei "Modena City Ramblers" ha letteralmente infiammato piazza S. Giovanni, altro che messe in latino e canti gregoriani che tanto piacciono a Ratzinger e alle sette di San Pio X.
Per "La Repubblica" invece i giovani sono "tutti pazzi per l'inno". Il pennivendolo e rinnegato Michele Serra addirittura straparla di "una impressionante conferma di una vera e propria svolta nella cultura di massa e nella cultura politica di questo paese". Con tutto il rispetto per i pellegrini polacchi accorsi a migliaia per la beatificazione di Wojtyla occorre dire che l'evento di Piazza S. Pietro si è svolto all'insegna dell'opportunismo e della provocazione. Ratzinger e la gerarchia vaticana sono alla ricerca di denaro e della visibilità mediatica mondiale, esattamente come lo è la monarchia inglese. L'annuncio della santificazione in tempi record durante la giornata internazionale dei lavoratori è stata anche una provocazione, perché non si può dimenticare che Giovanni Paolo II è stato un anticomunista attivo e un amico dei dittatori fascisti sudamericani, come Pinochet, nonché dei franchisti dell'Opus Dei che divenne sotto il suo Pontificato addirittura sua prelatura personale.
Piazza S. Giovanni ha anche ospitato tanti gazebo per i referendum del 12-13 giugno. Mentre è stato censurato il "forum italiano dei movimenti per l'acqua". Da registrare che anche a Roma diverse centinaia di studenti, precari e immigrati hanno osato sfidare l'"ordine pubblico" di Alemanno, sfilando in corteo e invitando le commesse e i commessi a chiudere i negozi.

Le altre manifestazioni
Circa diecimila i lavoratori e i pensionati che hanno dato vita al corteo di Trieste, sul tradizionale percorso da campo San Giacomo a piazza Unità, mentre a Cervignano (Udine) circa quattromila persone hanno sfilato, come di consueto, assieme ai trattori della Confederazione italiana agricoltori. Circa un migliaio i manifestanti a Gradisca d'Isonzo (Gorizia) e a Pordenone. Manifestazioni organizzate dalla Cgil anche a Catania, Bologna, Venezia, Como, Genova. Niente affatto condivisibile la decisione dei dirigenti confederali di Napoli e della Campania di sostituire il tradizionale corteo con un innocuo spettacolo serale di musica e comicità in Piazza Dante.
A Piana degli Albanesi (Palermo) la Cgil ha commemorato le dodici vittime della strage di Stato e atlantica di Portella della Ginestra che il 1° Maggio 1947 manifestavano contro il latifondo. Forte sdegno per la presenza provocatoria nel cimitero del sindaco, Gaetano Caramanno. Il neopodestà accusa i manifestanti di averlo assalito. Secca la smentita della Cgil, che nega qualsiasi aggressione. "Avevamo già espresso al sindaco - spiega il segretario della Cgil di Palermo Maurizio Calà - l'inopportunità di ricordare la strage di Portella della Ginestra assieme a una amministrazione che riteniamo abbia snaturato la memoria di quell'evento proponendo di inserirne una commemorazione durante la festa dei cannoli" ed alla quale sarebbe stato invitato anche il fascista dichiarato e noto pappone del regime, Lele Mora. "È una provocazione inqualificabile che offende non solo la memoria delle vittime ma anche le persone perbene - dicono i familiari delle vittime, riuniti nell'associazione 'Ginestra' - Portella per noi è memoria dei morti caduti mentre il cannolo è una festa". Vergogna!
Alla grande manifestazione che si è svolta a Londra era presente la Cellula "Stalin" locale del PMLI. I compagni hanno distribuito centinaia di copie del volantino "Uniamoci per liberarsi di Berlusconi", scritto in italiano e inglese, attirando l'attenzione di moltissimi manifestanti con la bandiera con l'effigie di Mao.

4 maggio 2011