Presentato da Montezemolo alla vigilia delle elezioni
Il manifesto della Confindustria per la terza repubblica
Il presidente dei padroni invita gli industriali a candidarsi in tutte le liste elettorali
La Confindustria, ossia l'associazione nazionale degli industriali, è entrata prepotentemente nella campagna elettorale per le politiche del 13 aprile prossimo per dettare le sue ricette a livello economico, politico e istituzionale e per influenzare le forze in campo, in primis il PD di Veltroni e il PdL di Berlusconi. Lo ha fatto presentando un documento denso e articolato in 10 punti, illustrato dal presidente, Luca Cordero di Montezemolo, affiancato da Alberto Bombassei, Gianfranco Rocca e Maurizio Beretta, tutti facenti parte del vertice dell'associazione, il 3 marzo nella sede dell'Assolombarda.
Per i temi trattati e le soluzioni prospettate il documento della Confindustria è un vero e proprio manifesto politico, di più: un programma di governo per favorire l'avvento della terza repubblica. La filosofia che ispira le proposte concrete si basa sul presidenzialismo in luogo della repubblica parlamentare, sul federalismo in luogo dell'unitarietà territoriale dell'Italia, sul liberismo più spinto, sull'affermazione delle leggi del mercato e del profitto sopra ogni altra esigenza, ivi compresa quella della salvaguardia dell'ambiente, per non dire dei diritti dei lavoratori marginalizzati e comunque subordinati a quanto sopra. "Modernizzare l'Italia", è lo slogan del momento, non solo degli industriali ma anche delle forze politiche borghesi di destra e di "sinistra".

"Riforme istituzionali" e privatizzazioni
Che le cose stiano proprio così lo si capisce molto chiaramente sin dal primo punto del decalogo confindustriale denominato: "Governabilità, riforme, liberalizzazioni e privatizzazioni". Dove si trovano proposte che, dal punto di vista della classe operaia, fanno rizzare i capelli. Montezemolo e sodali vogliono: la "riforma" della seconda parte della Costituzione; il superamento del bicameralismo perfetto. Vogliono più poteri per il premier, a cominciare da proposta e revoca dei ministri, insomma il presidenzialismo di stampo ducesco; una nuova legge elettorale per ridurre i partiti e il numero dei senatori e dei parlamentari; l'abolizione delle province: meno regole, meno tasse, meno Stato in economia; liberalizzazioni e privatizzazioni a livello nazionale e nei servizi pubblici locali; privatizzazione del patrimonio immobiliare degli enti locali.
I padroni insomma propongono per prima cosa la "riforma" del sistema elettorale, del governo e dello Stato in senso presidenzialista e federalista. A loro interessa la "governabilità", ossia spostare il potere dalle assemblee elettive al potere esecutivo, interessa ridurre gli spazi democratici per il dissenso e il conflitto di classe a favore di "governi forti" capaci di prendere rapidamente e senza opposizione decisioni impopolari sul piano economico e sociale. Come la privatizzazione dei servizi pubblici locali, "un ricco patrimonio" fortemente ambito dai pescecani capitalisti.
Meno regole, meno tasse e meno Stato in economia: è il credo neoliberista proposto da Confindustria, non dissimile da quello applicato negli Usa e in Gran Bretagna da Reagan e dalla Thatcher, con risultati disastrosi per le larghe masse popolari e i ceti meno abbienti. Ma per procedere in questa direzione occorre avere i conti dello Stato in equilibrio. Perciò occorre (secondo punto) anticipare al 2010 la riduzione del debito pubblico sotto il 100% del Pil, occorre ridurre dal 39,6% del 2007 al 37% del Pil entro il 2010 la spesa corrente primaria risparmiando sulla spesa del personale e sugli acquisiti dei servizi.
Si tratta di "decisivi, drastici e impopolari tagli strutturali - si legge nel documento - alla spesa pubblica" in altre parole si tratta di una politica di lacrime e sangue in materia di pubblica amministrazione, dipendenti pubblici e servizi socio-sanitari.

Spesa pubblica e tasse
Tagliare la spesa pubblica e sociale per abbassare le tasse (terzo punto) in modo sostanzioso mica per i lavoratori e i pensionati a medio-basso reddito, che ne avrebbero ben diritto visto che per loro il prelievo fiscale è salito sistematicamente attraverso il fiscal-drag, ma per i capitalisti, per le loro aziende. Il vertice della Confindustria non si perita a chiedere: la riduzione dell'Ires di 3,5%; l'eliminazione del "costo del lavoro" dalla base imponibile; l'eliminazione delle addizionali regionali Irap; la riduzione di (altri) 5 punti del cuneo fiscale e contributivo. Difficile quantificare in termini monetari questi provvedimenti, nel caso che fossero adottati e applicati; solo per il taglio del cuneo fiscale la stessa Confindustria cita 9 miliardi di euro. Si può dire però con certezza che si tratterebbe di un nuovo gigantesco spostamento della ricchezza prodotta a favore dei padroni: una perdita rilevante per le entrate dello Stato già in difficoltà a sostenere la spesa pubblica e sociale.
Ma questo a Montezemolo e sodali non basta! Nel capitolo (sesto) dedicato a Lavoro, contratti, salari e produttività, pretendono anche la decontribuzione e la detassazione strutturale dell'intero importo dei premi di risultato; la detassazione degli straordinari. La Confindustria mira, a spese dello Stato, a incentivare la contrattazione di secondo livello a danno del contratto nazionale e incentivare l'allungamento della giornata di lavoro per aumentare la competitività e per alleggerire la pressione derivante dai bassi salari. Inoltre chiedono da un lato moderni ammortizzatori sociali "per il passaggio da un lavoro all'altro" dall'altro di semplificare le regole del processo del lavoro per favorire l'arbitrato. Non è detto esplicitamente ma vorrebbero mettere mano all'art.18 dello "Statuto dei lavoratori" per liberalizzare il licenziamento.
Sul tema della sicurezza sul lavoro, guarda caso non c'è alcuna proposta concreta. Il documento però tiene a rimarcare la contrarietà a un approccio basato sull'inasprimento delle sanzioni. Allora una rivendicazione c'è: quella dell'impunità, come confermato dalle critiche al (blando) decreto legge approvato dal governo dopo la strage di lavoratori a Molfetta.
Rigassificatori, nucleare, liberalizzazione dell'elettricità
Il programma degli industriali su "energia e ambiente" (sesto punto) è scatenato, senza remore. Cosa chiedono al prossimo governo? Investimenti per infrastrutture energetiche. Di che tipo? I rigassificatori, altamente inquinanti, costosi e pericolosi; un maggior utilizzo delle centrali a carbone fregandosene dell'alto impatto ambientale che esse hanno; il ritorno al nucleare, "di nuova generazione" per tranquillizzare sui grandissimi problemi che comporta questa forma sciagurata di fonte energetica mai risolti. Cosa chiedono ancora? Il completamento della privatizzazione del settore elettrico.
Citare l'attuazione del protocollo di Kyoto, senza dire una parola sulla necessità di ampliare fino ad almeno il 20% del fabbisogno di energia, la produzione delle fonti rinnovabili e pulite derivanti dal sole, dai venti e dall'acqua è una pura e semplice presa di giro. Fugace e generico il riferimento ai rifiuti industriali e alle metodiche per lo smaltimento. È un drammatico problema di cui i padroni preferiscono non farsi carico. Tanto poi li smaltiscono illegalmente, com'è emerso in modo clamoroso nel caso disgraziato della Campania.
Il documento è invece molto più preciso e dettagliato nell'indicare le infrastrutture da costruire (settimo punto) in termini di autostrade e tratte ferroviarie dell'Alta velocità. C'è anche il Ponte sullo Stretto di Messina per non farsi mancare niente. E si capisce perché: c'è da guadagnare e molto, ci sono appetitosi appalti pubblici miliardari; magari con il metodo del project financing di cui si chiede una nuova disciplina.

Scuola e università
Neoliberismo e privatizzazioni per Confindustria devono entrare in dose massicce nella scuola e nell'università (punto 8). La parola d'ordine è competitività tra le scuole "sia statali che paritarie" per "premiare le offerte migliori" e insieme "trasferire direttamente le risorse alle famiglie per ampliarne la libertà di scelta". Per l'università la Confindustria punta sul compimento del processo di autonomia e su una percentuale del 30% dei fondi pubblici da attribuire alle università in forma concorrenziale. Insomma, competizione, mercato e progressiva privatizzazione dell'insegnamento scolastico e universitario. In aggiunta rigidi criteri meritocratici per fermare i figli degli operai agli studi secondari e per selezionare i nuovi quadri della classe dominante borghese.
Ricerca e innovazione (nono punto). Ce n'è un gran bisogno. Ma per fare questo le imprese vogliono soldi pubblici, soldi dei contribuenti. Chiedono di elevare al 20% il credito d'imposta per la ricerca fatta all'interno dell'azienda; estendere ai "centri ricerca privati non profit" il credito d'imposta al 40%; continuità decennale agli incentivi fiscali e ai progetti di innovazione industriale. Di controlli sul reale impiego degli aiuti statali sui risultati ottenuti, non c'è traccia.
Quanto al Mezzogiorno, la Confindustria, si noti bene, lo ha collocato all'ultimo punto (il decimo) del suo programma. Di accettabile c'è il sostegno alla lotta al racket. Per il resto propone il potenziamento delle infrastrutture di cui si è già accennato, e di dare operatività al credito d'imposta e al bonus occupazionale, rafforzare la fiscalità compensativa a favore delle imprese e riportare i tempi di pagamento della pubblica amministrazione ai valori nazionali.

Un programma di destra proposto a PD e PDL
Montezemolo ha la faccia tosta di presentare le ricette confindustriali come il programma che il prossimo governo dovrebbe adottare indipendentemente da chi vince le elezioni. Perché le proposte avanzate "non hanno colore politico, non sono né di destra né di sinistra" Sono a suo dire, oggettive per il "bene comune del nostro Paese" cui tutti (forze politiche, economiche e sociali, padroni e operai) devono contribuire. Sono affermazioni senza fondamento. Sono le proposte del grande capitale chiaramente di destra, rispondono agli interessi della classe dominate borghese, sono finalizzate a rafforzare l'imperialismo italiano nella scena europea e mondiale. Non c'è una ragione valida perché gli operai debbano subirlo.
Certo è vero che tra il documento della Confindustria e i programmi del PD e del PdL ci sono impressionanti similitudini. Il presidente degli industriali infatti non indica alcuna preferenza tra lo schieramento di Berlusconi e quello di Veltroni e anzi auspica la presenza degli imprenditori in ambedue le liste elettorali.

19 marzo 2008