A Messina, Napoli, Cosenza e Bari i più grossi cortei
In 7 piazze con la Cgil per il Mezzogiorno
In 150 mila sfilano per le strade delle maggiori città del Sud chiedendo interventi immediati contro la crisi
Il PMLI presente a Messina, Napoli, Bari e Chieti

Il Mezzogiorno soffocato dalla politica antimeridionale del governo Berlusconi ha reagito in maniera forte e decisa il 28 novembre e in 150 mila lavoratrici e lavoratori, operai, pensionati, disoccupati, precari, studenti del Sud sono scesi in piazza, partecipando alle sette manifestazioni regionali che si sono tenute in altrettante città del Sud e indette dalla Cgil nazionale sulla base della parola d'ordine "Lavoro, sviluppo, legalità al Mezzogiorno per dare futuro all'Italia". Ogni regione era gemellata con una regione del Nord.
Nella manifestazione dell'Abruzzo, gemellato con il Friuli, svoltasi a Chieti, hanno sfilato in oltre 5mila. I manifestanti hanno sfidato la pioggia battente per chiedere investimenti per il lavoro, l'economia, l'istruzione, l'occupazione femminile. In Abruzzo è, infatti, emergenza lavoro per un tessuto economico messo in ginocchio dalla crisi e dal terremoto. I dati della Cgil sono drammatici: le ore di cassa integrazione al 31 ottobre sono state oltre 27 milioni, con una crescita del 597% rispetto al 2008. I lavoratori in mobilità sono 5.209 con un più 11,5%; la cassa integrazione ne ha colpiti 14.427 con un aumento del 68,5%; infine sono 5.897 i precari licenziati nel corso del 2009. In corteo sono state cantate anche "Bella Ciao" e "Bandiera Rossa" (vedi cronaca a parte).
Nella manifestazione della Basilicata, tenutasi a Potenza e gemellata con le Marche, hanno sfilato per chiedere lavoro in una regione che nel solo 2009 ha avuto diverse migliaia di cassintegrati. Il corteo è stato aperto da una folta presenza di donne operaie, lavoratrici e pensionate.
A Campobasso, dove si è raccolto tutto il Molise, gemellato con l'Umbria, hanno manifestato in diverse migliaia contro il disinteresse del governo nazionale nei confronti dei problemi delle masse molisane, in primo luogo le conseguenze della crisi agricola, le migliaia di cassaintegrati in un anno, le centinaia di lavoratori interinali, gli altissimi livelli di emigrazione giovanile.
Le maggiori manifestazioni si sono avute in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia dove sono scesi in piazza decine di migliaia di lavoratori. Nella manifestazione di Napoli che raccoglieva tutta la Campania, gemellata con il Piemonte, hanno sfilato oltre 30mila lavoratori di aziende campane (vedi cronaca a parte).
A Bari (vedi cronaca a parte) ha sfilato la Puglia gemellata con l'Emilia-Romagna. In 40 mila hanno portaTo in piazza tutte le vertenze in corso nella regione. Cospicua la delegazione della Capitanata, che ha organizzato oltre trenta pullman e migliaia di presenze.
A Cosenza, ha sfilato la Calabria gemellata con la Toscana. In 40mila hanno partecipato alla manifestazione "In lotta con la Calabria che non si rassegna" organizzata dalla Cgil per richiamare l'attenzione sulle decine di migliaia di licenziati, cassintegrati, precari, disoccupati, immigrati, pensionati, famiglie, giovani, studenti dal futuro incerto. Il corteo ha raggiunto le vicinanze di Palazzo dei Bruzi, sotto la sede del Comune, dove dal palco si sono susseguiti gli interventi di vari lavoratori ed esponenti sindacali. Si è trattato di un corteo colorato e festoso, che ha chiesto con fermezza e combattività la tutela per il lavoro e l'apertura di un tavolo per la Calabria.
A Messina una grande manifestazione regionale della Sicilia (vedi cronaca a parte) gemellata con la Lombardia. In 30 mila hanno sfilato giunti da ogni parte dell'isola con pullman, treni, auto. Presenti gli operai della Fiat e indotto di Termini Imerese in lotta, lavoratori, pensionati, studenti che hanno reso visibile con un lungo e colorato corteo il disagio sociale che vive la Sicilia, la disoccupazione che incombe, la povertà che avanza nella regione. Una manifestazione quella della Sicilia dedicata agli abitanti di Giampilieri, di Scaletta Zanclea e di tutti i comuni del messinese colpiti il 1° ottobre scorso dall'alluvione e ancora in attesa di risposte. Popolazioni che vogliono "uscire dal fango" come recitava lo striscione portato in corteo. Presenti anche gli studenti in lotta contro la distruzione del sistema pubblico di istruzione, della scuola, dell'università e della ricerca.

La partecipazione del PMLI
Il PMLI è stato presente a Messina, Napoli, Chieti e Bari, con altrettante delegazioni composte da militanti, simpatizzanti e amici del Partito. Ovunque la presenza del PMLI è stata accolta con favore e interesse dai manifestanti. A Chieti i numeri 42 e 43 de "Il Bolscevico" sono andati letteralmente a ruba, insieme al volantino "Creiamo un largo fronte unito per il lavoro, lo sviluppo e l'industrializzazione del Mezzogiorno" a firma della Commissione per il Mezzogiorno del CC del PMLI. La posizione del Partito ha generato discussioni e riflessioni sulla necessità della "unità dei comunisti" con diversi compagni della base del Prc e del PdCI. A Bari l'Organizzazione cittadina del PMLI ha tenuta ben alta la bandiera del Partito. La delegazione campana, composta da compagne e compagni delle Cellule "Vesuvio Rosso" di Napoli e "25 Aprile 1945" di Melito, hanno tenuto con fierezza le rosse bandiere del Partito e il cartello con il manifesto con le parole d'ordine per il Mezzogiorno. La rossa e combattiva delegazione siciliana, composta da militanti e simpatizzanti delle province di Catania, Enna, Messina e Agrigento del PMLI è stata il nucleo combattivo della manifestazione, lanciando instancabilmente le parole d'ordine del PMLI sul Mezzogiorno, portando le bandiere dei Maestri e del Partito, diversi cartelli e diffondendo centinaia di volantini e "Il Bolscevico" n. 43.
In tutte le città e regioni in cui siamo stati presenti quella del PMLI è stata una partecipazione altamente qualificata da un punto di vista politico e chiunque sia venuto a conoscenza delle parole d'ordine del PMLI e della nostra analisi sulla Questione meridionale dovrà riflettere sul fronte unito che propone il Partito per strappare il Mezzogiorno al sottosviluppo e sulla strategia per risolvere la Questione meridionale.

L'intervento di Epifani
I giornali borghesi hanno del tutto oscurato questa grande protesta che ha portato in piazza decine di migliaia di lavoratori e volutamente hanno taciuto le forti rivendicazioni economiche e politiche che sono venute dal Mezzogiorno in piazza. Certo, un grosso favore è stato fatto al governo antimeridionale del nuovo Mussolini che ha avuto gioco facile a sorvolare sulle manifestazioni dei lavoratori meridionali, aiutato anche dalla scelta organizzativa della Cgil di effettuare solo delle manifestazioni regionali e di non concentrare la protesta in un unico corteo nazionale a Roma che coinvolgesse i lavoratori di tutta la Penisola contro le scelte economiche e sociali del governo. Tutto questo ha depotenziato il valore sindacale e politico della protesta, che comunque è rimasta un momento molto forte e ha mostrato che il Mezzogiorno può mettere in piazza una potenzialità di lotta in grado di fare tremare il governo del nuovo Mussolini. Un successo importante è stata la partecipazione alle manifestazioni dei lavoratori del Nord a dimostrazione che le masse lavoratrici italiane sentono che la Questione meridionale è questione nazionale.
Prima dell'intervento finale di Epifani, a Messina, i lavoratori che hanno preso la parola hanno ribadito che la tragedia degli alluvionati di Messina non dev'essere dimenticata. Chiesta anche la cancellazione del progetto del Ponte di Messina e una forte politica di opposizione alla criminalità organizzata. Nell'intervento finale Epifani ha centrato alcuni dei problemi come la mancanza di lavoro, il crollo dell'economia, il problema del precariato, la deindustrializzazione definendo, ad esempio, la vertenza di Termini Imerese, come "uno dei cuori della giornata di mobilitazione, come simbolo di ciò che va evitato, cioè la chiusura degli insediamenti produttivi che sono capaci di dare ai territori non solo tanta occupazione diretta e indiretta ma anche la possibilità di mantenimento di attività produttive di eccellenza". Ha poi continuato: "Termini, come l'Alcoa in Sardegna non devono chiudere. Ma un anno fa, quando il Governo ha dato i soldi per la rottamazione, perché non si è fatto garantire allora il mantenimento di Termini e Pomigliano? Oggi il governo è più debole e tutto è più difficile". In primo luogo non è vero che oggi il governo Berlusconi è più debole, anzi. In secondo luogo Epifani non ha voluto dire ai lavoratori del Sud, agli operai della Fiat, alle migliaia di operai in cassa integrazione delle fabbriche sull'orlo della chiusura che il governo sta invece intervenendo scientificamente per preservare il grande capitale, passando come un panzer sui diritti dei lavoratori. Le prime a pagare e a pagare più caro sono le masse lavoratrici del Mezzogiorno, con decine di migliaia di licenziati e cassintegrati, emigrati.
Epifani ha toccato il problema dei fondi Fas, fondi aree sottoutilizzate, che sono stati decurtati per andare a coprire gli "interventi anticrisi": "Bisogna finirla - ha giustamente specificato - col sottrarre risorse al Sud, non si possono utilizzare i fondi del Mezzogiorno per fare altro".
Sul problema del rapporto tra le massime istituzioni dello Stato borghese e le mafie, Epifani non ha detto nulla. Un segno brutto proprio in un momento in cui sembra che stiano ritornando alla ribalta vistosi segnali della compromissione delle più alte cariche nazionali e regionali con la criminalità organizzata.
Da Epifani non viene neanche la richiesta di cancellare definitivamente il progetto del Ponte sullo Stretto, come avevano chiesto a gran voce le masse lavoratrici siciliane e i calabresi in corteo: "Non rappresenta una priorità - si è limitato a dire - Bisogna prima mettere in sicurezza il territorio e dare ai cittadini la certezza di un lavoro. Poi eventualmente ci si potrà pensare". Anche su questo, il segretario generale della Cgil, è rimasto lontano dagli interessi e dal sentire dalle masse popolari del Sud.
Bisogna continuare la lotta per il lavoro, lo sviluppo e l'industrializzazione del Mezzogiorno, mettendo al centro la necessità di formare un largo fronte unito che lotti per il massimo dello sviluppo del Sud e dei diritti delle masse popolari del Mezzogiorno nel sistema capitalista. Intanto ribadiamo che "occorre muovere la piazza per mandare a casa il nuovo Mussolini".

2 dicembre 2009