Il neo-presidente della Confindustria in sintonia con la destra berlusconiana
Marcegaglia attacca il contratto nazionale dei lavoratori
E chiede la revisione della legge sulla sicurezza e la detassazione degli straordinari
Cremaschi: "la nuova Confindustria è reazionaria"

I padroni son padroni e perseguono sempre i loro interessi individuali e di classe. Emma Marcegaglia, eletta di fresco alla carica di presidente della Confindustria, in sostituzione di Luca Cordero di Montezemolo, che piace ai partiti di "centro-sinistra", indicata da essi come "imprenditore aperto e illuminato" non fa eccezione, anzi! Nella sua prima conferenza stampa, del 23 aprile scorso, illustrando le linee che intende perseguire nel corso della sua presidenza, ha mostrato un piglio antioperaio, antisindacale e persino reazionario davvero rimarchevole. Del tutto in linea con le posizioni arroganti e autoritarie espresse negli ultimi tempi dal suo predecessore e con il manifesto confindustriale in 10 punti presentato in campagna elettorale in sostegno della terza repubblica.
Colpisce il tono usato, duro, quasi minaccioso. Marcegaglia, senza giri di parole, ha messo in fila gli obiettivi: depotenziare il contratto nazionale dei lavoratori; modificare le relazioni sindacali in modo più favorevole alle esigenze aziendali; non ridurre e caso mai aumentare le flessibilità contrattuali; detassare gli straordinari; alleggerire le sanzioni previste per le imprese nel nuovo testo di legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro; varare il federalismo fiscale. Ha espresso la sua soddisfazione per l'esclusione dal parlamento della "sinistra radicale", definita "interdizione eretta a sistema".
Le nostre priorità, specifica il neo-presidente della Confindustria sono "nuove relazioni sindacali e modifica degli assetti contrattuali: serve un contratto nazionale più leggero sia economicamente che normativamente, e un deciso decentramento verso i contratti aziendali, individuali". "Chiediamo al sindacato di cambiare profondamente - continua - chiediamo al sindacato di negoziare con noi subito un forte alleggerimento economico e normativo del contratto nazionale; chiediamo di semplificare drasticamente il numero e contenuto dei contratti di primo livello e di cambiare le regole di impiego del lavoro che sono troppo rigide e scoraggiano gli investimenti". "Se questa volta non sarà possibile chiudere - aggiunge minacciosa - vorrà dire che sapremo trarre le conseguenze, e decideremo noi come procedere". Con atti unilaterali o con accordi separati con chi ci sta, fa capire.
Insomma, lo schema proposto da Marcegaglia per il nuovo modello contrattuale è: meno contratti di categoria, attraverso massicci accorpamenti, riduzione drastica della contrattazione collettiva nazionale in favore di quella aziendale, meglio se individuale. Si tratta di una proposta estremamente deleteria per i lavoratori e per gli stessi sindacati perché riduce il loro potere contrattuale, perché presuppone una politica salariale subordinata alla produttività e ai profitti dei capitalisti, perché porta a una riduzione generalizzata dei salari e a una paurosa differenziazione dei trattamenti (gabbie salariali). Conseguenti a questo schema sono altre richieste della Marcegaglia. "Siamo fortemente a favore - ha detto - della detassazione degli straordinari e dei premi variabili". Detassazione che sicuramente sarà adottata dal prossimo governo visto che Berlusconi l'ha promessa in campagna elettorale.
Gli operai muoiono nei luoghi di lavoro, nei modi più atroci e intollerabili, con una media di 3-4 al giorno, ma gli imprenditori al di là di frasi di circostanza non ci vogliono mettere altro. Di più, vogliono l'impunità anche di fronte a colpe evidenti e provate di inosservanza delle misure di prevenzione stabilite per legge. Il neo-presidente della Confindustria lo afferma apertamente senza vergogna. "Chiederemo al nuovo esecutivo di modificare il Testo unico sulla sicurezza del lavoro, perché troppo sbilanciato sul fronte delle sanzioni: vorremmo che fossero ridotte". Secondo Marcegaglia "nella maggior parte degli infortuni non c'è contrapposizione tra impresa e lavoratore" nel senso che ambedue sono colpiti nella stessa maniera (sic!).
Alle arroganti pressioni del neo-presidente della Confindustria i segretari di Cgil, Cisl e Uil hanno risposto sull'attenti, siamo pronti! Nel senso che hanno definito una loro proposta unitaria sulla "riforma" del modello contrattuale, al momento né discussa né approvata dai direttivi e dagli iscritti delle rispettive confederazioni, che accoglie il grosso delle pretese padronali: modifica la cadenza del contratto nazionale da quattro a tre anni, cancellando però i due bienni salariali; riduce drasticamente il suo ruolo al solo recupero salariale dell'inflazione "realisticamente prevedibile" (sic!); sposta ampiamente il baricentro della contrattazione sul livello aziendale e lega gli aumenti economici agli incrementi della produttività.
Del tutto diversa la dichiarazione del leader di "Rete28aprile" nella Cgil. "Se il sindacato, come dice la nuova presidente della Confindustria, è conservatore - ha scritto Cremaschi in un comunicato - la linea adottata dagli industriali è reazionaria. L'attacco al contratto nazionale svela infatti la sua reale intenzione: eliminare la contrattazione collettiva o ridurla a un simulacro, per lasciare mano libera alle discriminazioni salariali e all'autoritarismo sulle condizioni di lavoro. Non c'è niente di moderno nel voler ritornare al cottimo integrale e alle gabbie salariali, è puro riavvolgimento all'indietro della storia sociale del paese. È poi scandaloso - ha concluso - che si chieda, mentre continua la strage nei luoghi di lavoro, di rendere più lassista il sistema delle sanzioni per chi viola le leggi sulla sicurezza del lavoro".

7 maggio 2008