Alla Fiat di Pomigliano D'Arco
Marchionne prima caccia poi confina gli operai reintegrati dal giudice
Con la complicità di Cisl e Uil
Come se fossimo ancora sotto Mussolini

L'arrogante capitalista Marchionne, il nuovo Valletta della Fiat, non ha digerito la sentenza di ottobre della Corte d'appello di Roma che imponeva alla Fabbrica Italia Pomigliano (Fip) di riassumere subito i 19 operai della Fiom (gli altri 126 entro metà aprile) nello stabilimento di Pomigliano. Il 27 gennaio scorso ha fatto finta di reintegrarli ma li ha di fatto confinati fuori dai reparti, in inutili corsi di formazione, guardati a vista da sorveglianti, per tenerli lontani dalle linee di produzione e dagli altri lavoratori. Il 4 febbraio, finiti i "corsi" dovevano rientrare in reparto ma appena si sono presentati ai tornelli sono stati scortati in sala formazione e poi cacciati dalla fabbrica dai tirapiedi del manager, mandati a casa, senza nessuna comunicazione scritta, anche se pagati per non lavorare. La stessa cosa accaduta ai tre operai iscritti Fiom, alla Fiat di Melfi, mai tornati a lavoro nonostante l'azienda sia stata condannata per comportamento antisindacale.
"La Fiat ha annunciato che ci farà passare tutti in Fga (Fiat Group automobiles) e poi ci metterà in cassa integrazione per un anno, a marzo 2014 se ne riparlerà. A casa mia - dice Andrea Miglio, uno dei 19 operai - questo si chiama licenziamento politico. Forse non lo è formalmente, ma nei fatti questo è". Ed è così. Le bugie di Marchionne hanno le gambe molto corte e dopo aver detto di aver "sbagliato" progetto (aver costituito Fip con la benedizione del governo Berlusconi, nel marzo del 2010), utilizzato, invece, per sottomettere i sindacati collaborazionisti e costringere i lavoratori ad accettare il famigerato nuovo contratto sbandierando illusoriamente nuova occupazione e investimenti, ora ci riprova impunemente attraverso il trasferimento di ramo d'azienda da Fip a Fga. In questa nuova e unica società dal 1° marzo, dovrebbero confluire tutti gli operai e questa, secondo il giudizio positivo dei sindacati collaborazionisti Fim ed Uilm firmatari dell'accordo famigerato, per il momento, sarebbe la soluzione per "sanare" tutte le controversie. Quali? Quella antisindacale e fascista contro gli operai iscritti Fiom, quella con i lavoratori ancora in attesa di contratto, o la procedura unilaterale avviata da Fiat per licenziare i 19 operai assunti al posto degli "epurati" Fiom e, infine rinviare il licenziamento per gli oltre 1.400 lavoratori del sito campano, ai quali scade la cassa integrazione il 14 luglio 2013?
Come si può credere al nuovo Valletta e padrone delle moderne ferriere quando, contemporaneamente a tale proposta, ha chiesto un anno di cig per ristrutturazione per tutti i lavoratori allontanando di nuovo nel tempo la verifica di tali promesse e quando ciò non garantisce la presenza nello stabilimento di iscritti e delegati della Fiom?
Infatti, nell'accordo suddetto sono stati definiti i criteri, non di occupazione e nuovi investimenti ma di rotazione della cassa integrazione. Anche in questo l'arroganza dell'azienda emerge prepotentemente; invece di dare l'opportunità a tutti i lavoratori oggi a zero ore, di poter ruotare nella cig, una possibilità fino ad oggi non praticabile a causa della presenza di due realtà societarie ben distinte, continua a confinare gli operai più "scomodi" o inopportuni nei reparti punitivi, come se fossimo sotto Mussolini. "Una messa in scena, non è cambiato nulla - spiega Andrea Amendola, segretario generale della Fiom di Napoli -. Ora il segmento che lavora la Panda (A) fa solo 2 mesi di cig all'anno; quello dello stampaggio (B) 15 giorni al mese (ma gli operai Fiom sono in cig fissi); il terzo (C) non ha una missione. Lì probabilmente finiranno gli indesiderati, in cassa 30 giorni su 30".
I 19 "confinati" hanno dichiarato che parte dei soldi che percepiranno in più, rispetto allo stipendio da cassaintegrato, serviranno per la "cassa di resistenza", istituita per continuare la lotta. Perché è questo che occorre fare.

20 febbraio 2013