Disdicendo tutti gli accordi sindacali alla Fiat
Marchionne impone il modello Pomigliano
Il nuovo Valletta, coperto dal governo Monti, marcia spedito verso le relazioni industriali mussoliniane. La FIOM indice lo sciopero dei metalmeccanici per il 16 dicembre
Per fermarlo occorre lo sciopero generale di tutti i sindacati

Il nuovo Valletta, il reazionario, il neofascista, Sergio Marchionne ha compiuto dunque quello che può essere considerato l'ultimo atto della sua strategia antioperaia, iperliberista e neofascista da quando prese l'incarico di amministratore delegato della Fiat e da quando due anni orsono, annunciò il suo fantomatico piano "Fabbrica Italia". Il 21 novembre ha inviato, o più esattamente ha fatto mandare da un suo scagnozzo, Giorgio Giva, una lettera a tutti sindacati metalmeccanici (FIM, FIOM, UILM, FISMIC, UGL) per disdire TUTTI gli accordi sindacali e contrattuali in vigore sia quelli di carattere nazionale che quelli aziendali in TUTTO il gruppo Fiat e per tutti i 72 mila lavoratori in esso occupati.
"In vista di un riassetto e di una armonizzazione delle discipline contrattuali collettive aziendali e territoriali - si legge - che si sono succedute nel tempo e nell'ottica di rendere coerenti e compatibili con condizioni di competitività e di efficienza (è chiaro il riferimento al contratto aziendale imposto alla Fiat di Pomigliano e poi esteso ad altri stabilimenti, ndr), Vi comunichiamo - prosegue - il recesso a far data dall'1.1.2012 da tutti i contratti applicati nel gruppo Fiat e da tutti gli altri contratti e accordi collettivi aziendali e territoriali vigenti, compresi quelli che contemplano la clausola di rinnovo automatico alla scadenza - per i quali la presente vale anche come espressa disdetta - nonché da ogni altro impegno derivante da prassi collettive in atto". La lettera si conclude con l'impegno a promuovere incontri con i sindacati "per valutare le conseguenze del recesso" e per predisporre nuove intese collettive aventi ad oggetto le tematiche sindacali e del lavoro di rilievo aziendale per "assicurare trattamenti individuali e collettivi analoghi o migliorativi" (sic!).

Un fatto senza precedenti
Per quanto fosse attesa, dopo che il nuovo Valletta aveva imposto a colpi di diktat (o accettate le mie condizioni a scatola chiusa, o chiudo le fabbriche e porto all'estero le produzioni) il modello Pomigliano prima alla fabbrica napoletana, poi alla Mirafiori e quindi alla Bertone di Grugliasco, dopo che aveva annunciato a Emma Marcegaglia l'uscita del gruppo del Lingotto da Confindustria a partire dal 1 gennaio del 2012, la decisione del recesso unilaterale di tutti gli accordi sindacali resta un atto gravissimo, senza precedenti nella storia repubblicana del nostro Paese e che richiama caso mai il ventennio mussoliniano. Un atto carico di conseguenze pesantemente negative non solo per i lavoratori direttamente interessati, non solo per la FIOM che è uno degli obiettivi di Marchionne, ma per tutti i sindacati per la loro agibilità nei luoghi di lavoro, per le libertà sindacali che ne escono fortemente lese.
Il vertice del Lingotto vuole le mani libere, non vuole alcun condizionamento politico, sindacale e contrattuale, vuole che nelle sue fabbriche imperi un regime di supersfruttamento, di assenza della democrazia sindacale e di repressione del conflitto dove le uniche relazioni industriali permesse siano quelle collaborative, corporative. Insomma il contratto aziendale di Pomigliano da estendere a tutti gli stabilimenti Fiat: da Cassino a Melfi e Atessa, da Iveco alla Cnh, a quelli di Serra Pratola e della componentistica Magneti Marelli, oltre ai suddetti Mirafiori e Bertone.

Cosa prevede il modello Pomigliano
Cosa prevede questo modello? Ricordiamolo in breve. La cancellazione del contratto nazionale come aspetto generale. L'instaurazione di relazioni industriali di stampo mussoliniano. L'attività lavorativa organizzata su 3 turni di 8 ore al giorno, a rotazione per 6 giorni lavorativi alla settimana. In totale sono 18 turni nella settimana. 120 ore di straordinario obbligatorio (15 sabati) 80 in più delle 40 previste nel CCNL. Taglio delle pause alla catena, invece di due di 20 minuti al giorno, 3 di 10 minuti. Spostamento della pausa pranzo (30 minuti) alla fine del turno. Ma in caso di bisogno può saltare per lavoro straordinario. Meccanismi di "raffreddamento dei conflitti", concretamente limitazioni all'esercizio del diritto di sciopero. Clausola di garanzia, ovvero, tutte le parti sono vincolate al rispetto totale dell'accordo pena sanzioni per i lavoratori giudicati non ottemperanti e ai sindacati in termini di permessi sindacali e altro ancora. Cancellazione delle RSU (Rappresentanze sindacali unitarie aziendali) elette da tutti i lavoratori iscritti e non al sindacato e lo sostituzione con le RSA (Rappresentanze sindacali aziendali) nominate direttamente dalle burocrazie sindacali. Ma solo quelle che hanno sottoscritto l'intesa FIM, UILM, UGL, FISMIC, Quadri Fiat. Esclusa quindi la FIOM che non l'ha firmata e l'ha avversata pubblicamente. Alla quale verrebbe privato di eleggere propri rappresentanti e di agire in fabbrica in difesa dei propri iscritti e dei lavoratori che in essa si riconoscono. Ma c'è di più! La Fiat si arrogherebbe il diritto di interrompere la ritenuta sindacale nelle buste paga dei lavoratori iscritti alla FIOM con grave danno economico per la stessa.
La tempistica contiene due aspetti che meritano di essere sottolineati. Uno cinico, perché la disdetta coincide quasi totalmente con la chiusura della produzione e con l'abbandono definitivo dello stabilimento siciliano di Termini Imerese. L'altro è prettamente politico e riguarda il varo del governo della grande finanza e della UE Monti e il suo programma illustrato alle camere. In materia di lavoro le proposte di Monti, in particolare quelle sui licenziamenti facili, attraverso la messa in mora dell'art.18 dello Statuto dei lavoratori e sull'incentivazione della "contrattazione di prossimità", aziendale e territoriale, a danno di quella collettiva nazionale, in perfetta continuità col precedente governo Berlusconi e con quanto fissato nell'infame articolo 8 della manovra finanziaria di agosto, offrono allo strapagato Marchionne e alle sue nefandezze, copertura politica e sostegno giuridico.

La reazione della FIOM
La FIOM non ci sta e reagisce organizzando una vasta campagna d'informazione sui contenuti e le conseguenze del contratto aziendale di Pomigliano; attuando due ore di sciopero con assemblea nei giorni successivi all'annuncio del recesso degli accordi sindacali e la convocazione del Comitato centrale dove ha deciso all'unanimità di proclamare lo sciopero generale dei metalmeccanici di 4 ore con manifestazioni territoriali per il 16 dicembre prossimo. Dura la presa di posizione di Giorgio Cremaschi che del CC della FIOM è il presidente. Egli parla di "distruzione del contratto nazionale e di negazione delle più elementari libertà per i lavoratori". Parla di "sostanziale fascismo, perché non solo vogliono imporre condizioni di supersfruttamento ai lavoratori, ma si vuole anche impedire ad essi la libera azione sindacale e persino il libero voto per le proprie rappresentanze". Solo Mussolini osò sciogliere, con un atto d'imperio, le Commissioni interne per far posto a sindacati corporativi.
Maurizio Landini, segretario generale della FIOM, chiama in causa gli altri sindacati e li invita ad assumere una posizione critica e di opposizione. "Con la scelta di Fiat siamo davanti ad un precedente pericoloso: se il più importante gruppo italiano decide di disdire i contratti con il consenso della maggior parte dei sindacati, come potranno questi stessi sindacati dire di No a qualsiasi altra impresa che chieda la stesa cosa?". Ciò "apre una fase nuova e pericolosa che mette in discussione il ruolo stesso de sindacato". Imprime "una modifica delle relazioni industriali, una trasformazione della natura del sindacato che si appresterebbe a trasformarsi in corporazione". Landini chiama in causa anche il nuovo governo Monti. "Come fa a parlare - dice - di coesione sociale quando si cancellano i contratti nazionali? Come si fa a parlare di crescita quando si aumenta la cassa integrazione, si chiudono le fabbriche e non si danno informazioni sul piano industriale?".
Il modello Pomigliano "rappresenterà un peggioramento delle condizioni lavorative", puntualizza Landini, perché significa "taglio delle pause, non pagamento della malattia, limitazione del diritto di sciopero". Inoltre i lavoratori non avranno più il diritto di eleggere i propri delegati, poiché saranno nominati". Tutto questo significherà anche, "una limitazione delle libertà sindacali perché, secondo la Fiat, la CGIL non avendo firmato quell'accordo non avrebbe più diritto ad esistere". La Fiat, in un colpo solo, conclude Landini, vorrebbe cancellare sia il contratto nazionale che le libertà sindacali, violando lo Statuto dei lavoratori. La FIOM si opporrà con tutti i mezzi disponibili non escluso lo sciopero generale.

L'acquiescenza dei sindacati collaborazionisti
L'appello di FIOM e della CGIL indirizzato agli altri sindacati confederali, CISL e UIL in specie, perché abbiano un ripensamento delle posizioni portate avanti sin qui, di totale subordinazione e acquiescenza con quelle della Fiat allo stato attuale pare destinato a cadere nel vuoto. Per i vertici di questi sindacati non è successo nulla, anzi il recesso dagli accordi sindacali, compreso il contratto nazionale dei metalmeccanici sottoscritto nel 2009 in modo separato solo da FIM e da UILM, da parte del Lingotto era nella logica delle cose. Lo afferma il leader della CISL Bonanni senza fare una piega. "Lo sanno tutti - sostiene - che la Fiat ha fatto una scelta autonoma di non aderire più alla Confindustria e quindi chiederà a noi di fare un contratto nazionale dell'auto, e noi lo faremo. Con regole nazionali che valgono per tutti gli stabilimenti e regole aziendali specifiche in modo ad avere accordi che si adattino alle realtà dei vari territori". Sulla base del modello Pomigliano dovrebbe aggiungere questo imbroglione, servo dei padroni. In questa ottica neocogestionaria e neocorporativa, ovvio che non ha nessuna intenzione di chiamare allo sciopero. Sia pure formalmente meno sbracata, analoga è la posizione assunta dalla UIL. Accettazione come, fatto compiuto, della disdetta di tutti gli accordi sindacali, richiesta dell'apertura di un tavolo di trattativa per la definizione di un contratto auto da applicarsi al gruppo Fiat. "In nessun caso - afferma Rocco Palombella, segretario generale UILM, senza temere il ridicolo - il sindacato non permetterà un arretramento dello stato di diritto e di livello retributivo". Ma perché fin qui forse non avete fatto questo?
La posta in gioco è molto alta. Non riguarda solo i lavoratori del gruppo Fiat. Non riguarda solo la FIOM e la CGIL. E va ben oltre la stessa lotta sindacale. Bisogna fermare Marchionne. Occorre una risposta di lotta all'altezza dello scontro. L'iniziativa di lotta decisa dalla FIOM rappresenta una prima risposta. Ci vorrebbe però lo sciopero generale di tutti i sindacati per tutte le categorie di un'intera giornata. In assenza di una decisione del genere dovrebbe essere la CGIL a indire la mobilitazione generale, offrendo così l'occasione di scendere in piazza a un largo fronte sindacale, politico e sociale.

30 novembre 2011