Maroni, il padre delle ronde fasciste e razziste
Il ministro dell'Interno, ex Democrazia proletaria, tredici anni fa reclutava le "Guardie padane"

Quello che più di tutti ha voluto a tutti i costi la legalizzazione delle ronde fasciste e razziste inserite nella legge sulla "sicurezza" appena approvata alla Camera, e cioè il ministro dell'Interno Maroni, è lo stesso che tredici anni fa, come "portavoce del Governo provvisorio della repubblica federale padana" reclutava volontari per le formazioni paramilitari della "Guardia nazionale padana" e delle "Camicie verdi".
È quanto emerge da alcuni documenti che il sito di Repubblica.it ha pubblicato il 12 maggio scorso pescandoli tra le numerose carte del processo che il procuratore di Verona Guido Papalia aveva istruito a carico di alcuni dirigenti della Lega Nord, tra cui Bossi, Calderoli e lo stesso Maroni. Il processo è tuttora pendente presso il Gip di Verona in attesa che la Corte costituzionale si pronunci su un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato riguardo l'uso di alcune intercettazioni di parlamentari leghisti negli atti dell'inchiesta.
L'indagine del procuratore Papalia riguardava il progetto di secessione portato avanti dai vertici della Lega (per "la loro intenzione di sciogliere l'unità dello Stato") e la costituzione di ronde ("aventi all'evidenza caratteristiche paramilitari") sotto il nome di "Guardia nazionale padana" e di "camicie verdi" (tuttora esistenti anche se travestite da associazioni onlus). Così come la costituzione 14 settembre 1997 a Venezia di un "Governo della padania", da allora mai disciolto, il cui presidente del consiglio risultava appunto Maroni.
Tra i documenti pubblicati da Repubblica.it c'è infatti una lettera del 7 ottobre 1996, inviata a tutte le sezioni della Lega nord e firmata da Maroni in qualità di portavoce del "Governo provvisorio", in cui l'attuale ministro di polizia lanciava una "campagna di reclutamento di volontari in tutte le province della padania" per arrivare entro la fine del mese alla costituzione di 50 compagnie provinciali della "Guardia nazionale padana" . Che "riveste carattere strategico per il futuro della padania", si sottolineava . Nella lettera si raccomandava di inviare le domande di adesione via fax al Governo provvisorio, sottolineando che "nessuna scheda deve essere conservata all'interno della sezione". Una precauzione chiaramente dettata dal carattere illegale, clandestino e paramilitare di queste formazioni.
Circostanza questa che emerge anche dal facsimile di scheda di adesione (da tenere segreta), dove si chiede espressamente se il volontario possiede o no il porto d'armi. Una richiesta a dir poco strana, a leggere una delle clausole dello Statuto della Gnp (pubblico), dove si legge che tra i principi ispiratori dell'organizzazione c'è "il rifiuto di ogni attività che implichi, anche indirettamente, il ricorso all'uso delle armi o della violenza". Ma perfettamente comprensibile, se letta alla luce di un altro passaggio in cui, tra le finalità da perseguire, si propone quasi con noncuranza "l'esercizio del tiro a segno come momento di pacifico riferimento storico (sic), come attività sportiva, di svago e motivo di aggregazione sociale".
Dunque le ronde fasciste e razziste non sono un pallino nato solo ora nella mente malata dell'ex Democrazia proletaria trasformatosi nel più accanito emulo di Himmler, Roberto Maroni, ma un progetto che in tutta evidenza viene da lontano e che ha sempre caparbiamente coltivato. Quando la Lega non era al governo e si preparava per la secessione le organizzava clandestinamente per sostenere anche militarmente le sue spinte separatiste. Ora che è al governo e comanda in materia di ordine pubblico e politiche sull'immigrazione, è riuscita addirittura a legalizzarle, cosicché Maroni e Bossi possono completare il loro nero progetto eversivo alla luce del sole e in tutta tranquillità. In questo modo, inoltre, Maroni si mette anche al riparo dal processo che lo vede ancora imputato, dal momento che le "Camicie verdi" diventano perfettamente in regola con la nuova legge fascista, razzista e xenofoba sulla "sicurezza".
È un sospetto, questo, che ha messo in allarme perfino alcuni sindacati di polizia, che hanno chiesto spiegazioni al loro ministro sulle circostanze rivelate da Repubblica. Flebile e del tutto inadeguata, invece, la reazione della "sinistra" borghese a queste gravi rivelazioni. Il ministro dell'Interno "ombra" del PD, Minniti, intervenendo alla Camera sul voto di fiducia posto dalla maggioranza sul ddl "sicurezza", si è limitato infatti a fare solo un tiepido accenno ironico ai trascorsi di Maroni come capo delle "Guardie padane", affrettandosi a concludere che comunque non si tratta di "niente di grave, sono cose del passato".

27 maggio 2009