Nemmeno Mussolini era arrivato a tanto
Maroni rimuove il prefetto di Roma
"Colpevole" di non essere in linea col razzismo anti-immigrati del sindaco fascista Alemanno e del governo
Non ha avuto pace, il ministro dell'Interno Maroni, finché non ha avuto la testa del prefetto di Roma, Carlo Mosca, "colpevole" di aver opposto resistenza alle deportazioni sommarie dei rom e agli sgomberi violenti dei senza casa decretati dal neopodestà fascista Alemanno, ma soprattutto per essersi rifiutato di applicare la direttiva nazista del prelievo delle impronte digitali ai bimbi rom, voluta dal piccolo Himmler della Lega insediato al Viminale.
Dopo quattro mesi di tensioni e di sgarberie col prefetto di Roma, Maroni l'ha finalmente avuta vinta, ottenendo dal Consiglio dei ministri del 13 novembre l'approvazione della sua rimozione dall'incarico, liquidando la questione in poche righe nel comunicato diramato da Palazzo Chigi al termine della riunione, in cui si sottolineano ipocritamente "le alti doti di responsabilità, professionalità e senso dello Stato che hanno caratterizzato l'intera carriera del prefetto Mosca".
Per questo palese provvedimento punitivo non si è aspettato nemmeno il consueto valzer di nomine di fine anno, di cui ogni governo approfitta per rimuovere e trasferire i prefetti non graditi e sostituirli con quelli più ligi all'esecutivo, generalmente attraverso il meccanismo formale della "promozione" ad altro incarico. Mosca infatti è stato rimosso senza nemmeno aver deciso ancora quale sarà la sua futura destinazione, se non un vago accenno a un suo futuro impiego nel Consiglio di Stato. Di certo c'è solo che al suo posto è stato nominato Giuseppe Pecoraro, capo dipartimento dei vigili del fuoco. Nemmeno Mussolini aveva osato spingersi fino al punto in cui si è spinto Maroni, preferendo sempre la mediazione con i prefetti, anche quando non completamente asserviti, piuttosto che mettersi contro il potente apparato dei funzionari prefettizi, di cui si servì anzi per controllare capillarmente ogni provincia del Paese.
"Avrei voluto continuare a fare il prefetto di Roma, non me lo hanno consentito", ha commentato amareggiato Mosca, ora in attesa di conoscere la data dell'avvicendamento, che probabilmente avverrà il 1° dicembre, a soli 14 mesi dal suo insediamento. "Ingiustizia è fatta", ha commentato il suo predecessore Achille Serra, osservando che Mosca ha fatto da "capro espiatorio" per essersi trovato a spiegare al sindaco di Roma e al governo che "certi provvedimenti non potevano essere applicati semplicemente perché il diritto non lo consentiva".
Il fascista Alemanno non ha neanche cercato di dissimulare la sua soddisfazione per il provvedimento, congratulandosi subito col nuovo prefetto e "dimenticandosi" (salvo rimediare alla gaffe solo dopo diverse ore) di ringraziare il prefetto uscente. Evidentemente non ha perdonato a Mosca certi "sgarbi", come le sue cautele di fronte alle pressioni del neopodestà per procedere senza indugi agli sgomberi forzati di campi rom e stabili occupati dai senza casa nella capitale, perché prima - sosteneva il prefetto - "bisogna trovare una soluzione per le famiglie che ci abitano". Come non ha perdonato il suo rifiuto di prendere le impronte digitali ai bimbi rom perché da lui giudicata misura anticostituzionale, e sostituita con le sole foto ai bambini sotto i 14 anni. Cosa che ha fatto infuriare l'ideatore di questa misura nazista, Maroni, che se l'era legata al dito e che da allora non si è dato più pace finché non ha ottenuto la testa del prefetto di Roma. C'è poi la storia della "cabina di regia" prevista dal "patto per Roma sicura" (firmato, ricordiamolo, da Veltroni con il predecessore di Maroni, Amato), che Alemanno avrebbe voluto togliere a Mosca per affidarla al generale Mori, ricevendone il netto rifiuto del prefetto.
Insomma, ce n'era più che abbastanza per provocare il suo siluramento da parte del governo neofascista, non ultima la perplessità mostrata da Mosca nei confronti del proclama mussoliniano del premier che invocava il pugno di ferro contro le manifestazioni degli studenti e le occupazioni di scuole e università, quando il prefetto aveva osservato invece che "il dissenso fa parte della democrazia". Il settimanale Famiglia cristiana, che ultimamente ha scelto una linea di forte allarme nei confronti degli aspetti fascisti, razzisti e xenofobi della campagna del governo sulla "sicurezza", ha sottolineato che il prefetto Carlo Mosca è stato "destituito" per il solo fatto di aver attuato il provvedimento sulla schedatura dei rom almeno in modo "più umano e civile".
In effetti anche l'epurazione di Mosca si inscrive nel quadro della campagna leghista e governativa contro i migranti, i rom, i barboni e i "diversi" in generale che adesso si concentra in una raffica di emendamenti ulteriormente peggiorativi al ddl sulla sicurezza in discussione al Senato. Tra questi ci sono delle vere e proprie "perle" di stampo nazista, come le "classi ponte", veri e propri ghetti da apartheid per gli immigrati, lodate anche da Berlusconi come "una cosa assolutamente logica, direi doverosa a loro vantaggio"; come l'obbligo di denuncia dei "clandestini" da parte dei medici che prestino loro assistenza, misura bollata come anticostituzionale dalle stesse organizzazioni di rappresentanza dei medici; come le ronde di volontari vigilantes nelle città per affiancare le "forze dell'ordine" nella caccia ai migranti e ai "diversi"; e come le liste di proscrizione per schedare gli emarginati e i senza fissa dimora. Oltre alla galera invocata dal neoduce per i pittori clandestini di murales e chi scrive sui muri.

26 novembre