1883 - 14 marzo - 2002. 119° Anniversario della morte del grande maestro del proletariato internazionale
ISPIRARSI A MARX NELLA LOTTA DI CLASSE DEL PROLETARIATO CONTRO LA BORGHESIA

Il proletariato attraversa diversi gradi di evoluzione. La sua lotta contro la borghesia incomincia colla sua esistenza.
Dapprima lottano i singoli operai ad uno ad uno, poi gli operai di una fabbrica, indi quelli di una data categoria in un dato luogo contro il singolo borghese che li sfrutta direttamente. Essi non rivolgono soltanto i loro attacchi contro i rapporti borghesi di produzione, ma li rivolgono contro gli stessi strumenti della produzione; essi distruggono le merci straniere che fanno loro concorrenza, fanno a pezzi le macchine, incendiano le fabbriche, tentano di riacquistare la tramontata posizione dell'operaio del medioevo.
In questo stadio gli operai formano una massa dispersa per tutto il paese e sparpagliata dalla concorrenza. Il loro raggrupparsi in masse non è ancora la conseguenza della loro propria unione, ma è dovuto all'unione della borghesia, che per raggiungere i suoi propri fini politici deve mettere in moto tutto il proletariato ed è ancora in grado di farlo. In tale stadio i proletari non combattono dunque i loro nemici, ma i nemici dei loro nemici, gli avanzi della monarchia assoluta, i proprietari fondiari, i borghesi non industriali, i piccoli borghesi. Tutto il movimento storico è così concentrato nelle mani della borghesia; ogni vittoria così ottenuta è una vittoria della borghesia.
Ma con lo sviluppo dell'industria il proletariato non cresce soltanto di numero; esso si addensa in grandi masse, la sua forza va crescendo, e con la forza la coscienza di essa. Gli interessi, le condizioni di esistenza all'interno del proletariato si livellano sempre più, perché la macchina cancella sempre più le differenze del lavoro e quasi dappertutto riduce il salario a un eguale basso livello. La crescente concorrenza dei borghesi fra di loro e le crisi commerciali che ne derivano rendono sempre più oscillante il salario degli operai; l'incessante e sempre più rapido perfezionamento delle macchine rende sempre più precarie le loro condizioni di esistenza; i conflitti tra singoli operai e borghesi singoli vanno sempre più assumendo il carattere di conflitti fra due classi. è così che gli operai incominciano a formare coalizioni ("Trades' Unions'' nell'edizione inglese del 1888) contro i borghesi, riunendosi per difendere il loro salario. Essi fondano persino associazioni permanenti per approvvigionarsi per le sollevazioni eventuali. Qua e là la lotta diventa sommossa.
Di quando in quando gli operai vincono, ma solo in modo effimero. Il vero risultato delle loro lotte non è il successo immediato, ma la unione sempre più estesa degli operai. Essa è agevolata dai crescenti mezzi di comunicazione che sono creati dalla grande industria e che collegano tra di loro operai di località diverse. Basta questo semplice collegamento per concentrare le molte lotte locali, aventi dappertutto eguale carattere, in una lotta nazionale, in una lotta di classe. Ma ogni lotta di classe è lotta politica.
(...) Il movimento proletario è il movimento indipendente dell'enorme maggioranza dell'interesse dell'enorme maggioranza. Il proletariato, che è lo strato più basso della società attuale, non può sollevarsi, non può innalzarsi, senza che tutta la sovrastruttura degli strati, che costituiscono la società ufficiale, vada in frantumi.
Sebbene non sia tale per il contenuto, la lotta del proletariato contro la borghesia è però all'inizio, per la sua forma, una lotta nazionale. Il proletariato di ogni paese deve naturalmente farla finita prima con la sua propria borghesia.
Tratteggiando le fasi più generali dello sviluppo del proletariato, abbiamo seguito la guerra civile più o meno occulta entro la società attuale fino al momento in cui essa esplode in una rivoluzione aperta, e col rovesciamento violento della borghesia il proletariato stabilisce il suo dominio.
Ogni società finora esistita ha poggiato, come abbiamo già visto, sul contrasto tra le classi degli oppressori e degli oppressi. Ma per poter opprimere una classe, bisogna che le siano assicurate condizioni entro le quali essa possa almeno vivere la sua misera vita di schiavo. Il servo della gleba ha potuto, continuando a esser tale, elevarsi a membro del Comune, così come il borghigiano dell'assolutismo feudale, ha potuto diventare un borghese. L'operaio moderno, al contrario, invece di elevarsi col progresso dell'industria, cade sempre più in basso, al di sotto delle condizioni della sua propria classe. L'operaio diventa il povero, e il pauperismo si sviluppa ancora più rapidamente della popolazione e della ricchezza. Appare da tutto ciò manifesto che la borghesia è incapace di rimanere ancora più a lungo la classe dominante della società e di imporre alla società, come legge regolatrice, le condizioni di esistenza della sua classe. Essa è incapace di dominare perché è incapace di assicurare al suo schiavo l'esistenza persino nei limiti della sua schiavitù, perché è costretta a lasciarlo cadere in condizioni tali, da doverlo poi nutrire anziché essere nutrita. La società non può più vivere sotto il suo dominio, cioè l'esistenza della borghesia non è più compatibile con la società.
La condizione più essenziale dell'esistenza e del dominio della classe borghese è l'accumularsi della ricchezza nelle mani di privati, la formazione e l'aumento del capitale; condizione del capitale è il lavoro salariato. Il lavoro salariato si fonda esclusivamente sulla concorrenza degli operai fra di loro. Il progresso dell'industria, del quale la borghesia è l'agente involontario e passivo, sostituisce all'isolamento degli operai, risultante dalla concorrenza, la loro unione rivoluzionaria mediante l'associazione. Lo sviluppo della grande industria toglie dunque di sotto ai piedi della borghesia il terreno stesso sul quale essa produce e si appropria i prodotti. Essa produce innanzi tutto i suoi propri seppellitori. Il suo tramonto e la vittoria del proletariato sono ugualmente inevitabili.
(Brani tratti da "Marx Engels - Manifesto del Partito Comunista'', Piccola biblioteca marxista-leninista n. 4, pagg.36-37, 38-39)


Marx è attuale

Quando nel febbraio 1848 fu stampato a Londra il "Manifesto del Partito Comunista'', nessuno immaginava, né l'Associazione internazionale degli operai, la Lega dei Comunisti, che aveva incaricato Marx ed Engels di redigere quel programma di partito e né i suoi due autori che pure vi lavorarono a lungo e ne curarono la stesura di ogni frase, nella consapevolezza di porre mano a uno straordinario documento storico, la dirompente carica rivoluzionaria che avrebbe prodotto questo libro nella storia dell'umanità. Solo la Bibbia ha avuto una diffusione e una portata paragonabile alla sua, ma mentre la prima si limitava a supplicare un'improbabile conciliazione delle classi nell'attesa di una messianica liberazione del genere umano a opera di una divinità a esso superiore ed estranea, il secondo annunciava l'irrompere nella storia della prima classe radicalmente, conseguentemente, costituzionalmente e "veramente rivoluzionaria'', il proletariato, non una nuova classe subalterna ansiosa semplicemente di avvicendarsi e sostituirsi alle vecchie classi sfruttatrici, com'è accaduto alla stessa borghesia, ma la prima classe sfruttata che rivendica il potere come classe generale in grado di emancipare se stessa solo emancipando l'intera società. E lo annunciava non come un nuovo credo e la prefigurazione utopistica della società ideale ma in nome del socialismo scientifico, ossia della nuova scienza del proletariato che non lasciava in piedi niente delle vecchie concezioni e della vecchia società e gli si contrapponeva nella misura più profonda e generalizzata.
Quantunque fatto proprio e impugnato, quando apparve, da una ristrettissima minoranza di operai costituita da quell'avanguardia che aveva aderito al socialismo scientifico di Marx ed Engels, da allora niente è più come prima e il corso storico ne è rimasto sconvolto. Il Manifesto ha squarciato le tenebre che ottundevano le coscienze degli sfruttati e degli oppressi rileggendo l'intera storia dell'umanità da un punto di vista assolutamente inedito, che nessuno aveva mai avuto la capacità e il coraggio di avanzare. Alle idee dominanti, ossia alle idee delle classi dominanti borghesi, contrappone la nuova concezione proletaria del mondo, che demolisce tabù e pregiudizi secolari inculcati dalle classi sfruttatrici come verità eterne e assolute e smaschera gli interessi di classe che stanno dietro a quelle idee dominanti.
"La storia di ogni società sinora esistita (eccetto le comunità primitive, preciserà in seguito Engels) è storia di lotte di classe''. Questa celeberrima frase apre il primo capitolo del Manifesto e con tale definizione s'inizia l'esposizione avvincente, brillante e viva della nuova concezione del mondo che Marx ed Engels negli anni successivi avranno modo di precisare e articolare, completare e correggere, migliorare e arricchire a seguito delle nuove esperienze rivoluzionarie acquisite nel frattempo dal proletariato, Comune di Parigi in testa, ma che per l'essenziale è racchiusa come in uno scrigno in questa loro opera fondamentale. Si tratta di parole inequivocabili che fischiano come pallottole all'indirizzo della borghesia e delle classi sfruttatrici, sostenitrici della rassicurante concezione metafisica e idealista secondo cui la storia, intesa come il ripetersi infinito di trasformazioni eternamente immutabili, la fanno gli eroi, i geni, le grandi personalità, siano essi magnati industriali e finanziari, alti governanti e parlamentari, papi e imperatori. E in poche pagine il Manifesto tratteggia magnificamente l'ininterrotto conflitto tra oppressori e oppressi che a partire dalle società schiavistiche dell'antichità, attraverso il Medioevo, ci ha portato all'attuale società borghese, e la porterà al tramonto. Un conflitto che ha ridotto in polvere imperi sterminati come quello romano e potenti monarchie assolutiste investite da un potere che addirittura volevano divino. è la lotta di classe e non il succedersi di circostanze storiche fortuite, caotiche e oscure a muovere il processo di origine, di sviluppo e di decadenza di qualsiasi società umana.
(...) Quando noi marxisti-leninisti invitiamo a riscoprire - o a scoprire per la prima volta, specie se si tratta di giovani - il ricco patrimonio di insegnamenti presenti nel Manifesto e a emulare lo spirito pionieristico di Marx ed Engels non vogliamo certo dire che la storia del proletariato internazionale deve essere riscritta per intero ripartendo da zero, come vanno cianciando i cosiddetti "rifondatori del comunismo''. No, il proletariato ha una storia gloriosa e vittoriosa, esso è stato capace non solo di rovesciare la borghesia e di conquistare il potere ma di edificare magnificamente il socialismo finché sono stati vivi Lenin e Stalin in Urss e Mao in Cina. Al Manifesto sono seguite altre opere marxiste-leniniste fondamentali che hanno punteggiato questo suo cammino e condensano meglio di ogni altra questo prezioso patrimonio marxista-leninista: Lenin, Stato e rivoluzione; Stalin, Principi del leninismo e Questioni del leninismo; Mao, Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo.
Se il proletariato ha subìto il presente rovescio storico lo deve non al fallimento del comunismo ma al fallimento dei rinnegati e traditori revisionisti e più in generale di quelle correnti socialiste a parole ma borghesi e controrivoluzionarie nei fatti contro cui si erano scagliati gli stessi Marx ed Engels nel terzo capitolo del Manifesto. Solo dunque dopo un serio e approfondito bilancio critico e autocritico dell'intera esperienza del movimento operaio nazionale e internazionale, esso potrà chiarirsi le idee, riorganizzarsi, rimettere in moto la lotta di classe e far tornare a vincere il socialismo E potrà dare tutta la sua fiducia ed energia al PMLI.

(Brani tratti dal documento dell'Ufficio politico del PMLI "Un'opera fondamentale per trasformare il mondo e se stessi. In celebrazione del 150° Anniversario della pubblicazione del `Manifesto del Partito Comunista' di Marx ed Engels'' prefazione a "Marx Engels - Manifesto del Partito Comunista'', Piccola biblioteca marxista-leninista n. 4, pagg. 5-6, 9)