Alla vigilia delle xix olimpiadi
La mattanza di 40 anni fa a Città del Messico

Una manifestazione nella Plaza de las Tres Culturas allo Zocalo, a Città del Messico, ha ricordato il 2 ottobre la mattanza alla manifestazione promossa dagli studenti, che chiedevano la democratizzazione del regime e la liberazione di tutti i prigionieri politici, perpetrata 40 anni fa alla vigilia delle XIX olimpiadi dall'allora governo di Gustavo Diaz Ortaz. I partecipanti hanno chiesto in particolare al governo Calderon di aprire tutti gli archivi relativi alla strage e di porre fine all'impunità dei responsabili.
Il 2 ottobre 1968 il Consiglio nazionale di lotta degli studenti aveva indetto la manifestazione per le cinque del pomeriggio nella Plaza de las Tres Culturas a Tlatelolco, alla quale avevano dato la loro adesione anche alcune organizzazioni dei lavoratori che avevano dichiarato il loro appoggio alla lotta del movimento studentesco. Circa 20 mila manifestati erano radunati per ascoltare gli interventi dei delegati di scuole e facoltà di fronte all'edificio Chihuahua dove erano stati piazzati gli altoparlanti. Nei due mesi precedenti numerosi erano stati gli scontri tra studenti e polizia, responsabile di sequestri di manifestanti, pestaggi e torture.
La repressione scatenata dal governo di Ortaz si era intensificata con l'avvicinarsi dei giochi olimpici. Dieci gironi dopo sarebbe iniziata la XIX Olimpiade, la prima in un paese del terzo mondo, che avrebbe acceso i riflettori sul paese; il presidente Díaz Ordaz voleva avere le carte in regola per presentare un Messico "ordinato", non teatro di lotte di piazza come in altre parti del mondo e di denunce contro il suo regime repressivo.
Per stroncare la lotta studentesca e impedire che estendesse anche tra gli operai, il regime messicano organizzò la mattanza alla manifestazione del 2 ottobre. L'esercito accerchiava la piazza piena di manifestanti mentre agenti di un corpo speciale si infiltravano in borghese fra gli studenti e sparando verso i soldati fornirono il pretesto per la strage.
I mandanti e principali responsabili della strage furono il presidente Díaz Ordaz e il suo ministro degli Interni Luis Echeverría Alvarez che nel 1970 divenne a sua volta presidente. Fu lo stesso Gustavo Díaz Ordaz ad assumersi "la responsabilità storica" dell'accaduto prima di lasciare la presidenza.
Il numero preciso dei caduti nella piazza di Tlatelolco non sarà mai reso noto, secondo varie stime sarebbero più di trecento. In ogni caso molti di più della ventina di morti dichiarati dalle prime versioni ufficiali. Gli echi della strage saranno presto dimenticati nel mondo, come voleva il regime messicano.
La memoria della strage è invece rimasta viva nel popolo messicano grazie anche al lavoro di denuncia a partire dalla ricostruzione di cosa accadde in piazza fra gli altri di un'apposita Comisión de la verdad. L'ultimo prova del piano repressivo del regime messicano è emersa nel 2002 con una serie di foto recapitate anonimamente nel 2002 a Sanjuana Martinez, corrispondente a Madrid di una rivista messicana, in cui si documentava chiaramente l'esistenza dei militari in borghese utilizzati come provocatori per scatenare il massacro.
Nonostante le prove prodotte, i responsabili governativi sono rimasti impuniti; l'ex presidente Luis Echeverría è stato messo solo agli arresti domiciliari. Nel 2000 Fox, una volta eletto presidente, promise di fare i conti con il passato, con la strage di Tlatelolco e tutto il processo di eliminazione fisica di guerriglieri e oppositori fra gli anni '60 e '80; non successe nulla fino alla fine del suo mandato, nel 2006. La richiesta di fare chiarezza sul massacro e la punizione dei responsabili passa adesso al nuovo governo del presidente Calderon.

15 ottobre 2008