L'ultimo "regalo" del governo del neoduce Berslusconi
Il maxiemendamento sulla giustizia affossa il diritto di difesa
Manifestazioni e astensione degli avvocati a novembre e dicembre

Le ultime misure decise dal governo del nuovo Mussolini, pochi giorni prima delle sue dimissioni, e inserite nella manovra estiva, prima, e nella bozza di maxi-emendamento al ddl stabilità, poi, rappresentano l'ultimo "regalo" che affossa definitivamente ciò che rimane del diritto di difesa democratico-borghese. In generale le nuove normative colpiscono duramente le masse popolari e il loro bisogno di giustizia nei tribunali al punto da far letteralmente schizzare i costi da sostenere per i processi. Difatti, sul fronte meramente processuale aumenteranno del 100% il contributo unificato nei giudizi in Cassazione e del 50% in Appello, una misura volta a scoraggiare il prosieguo del contenzioso con l'obiettivo di ridurre l'arretrato. Nella stessa direzione si muove anche la previsione per cui i procedimenti civili pendenti davanti alla Corte di Cassazione, aventi ad oggetto ricorsi contro le pronunce pubblicate prima dell'entrata in vigore della legge 69/2009, e quelli pendenti davanti alle corti di Appello da oltre due anni prima dell'entrata in vigore della legge di stabilità in discussione, potranno proseguire solo su istanza di parte.
Nell'ottica di una liberalizzazione selvaggia rientra la controriforma degli ordini professionali: è ammessa la costituzione di società per l'esercizio dell'attività professionale anche con la partecipazione di soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento. Sparisce dunque la previsione dell'obbligo di minoranza per i non professionisti e anche il divieto di partecipare ad attività riservate e agli organi di amministrazione della società. Da qui, più spazio per le società di capitali che potranno divenire senza troppe limitazioni partner di professionisti iscritti ad albi; inoltre la società potrà essere costituita anche per l'esercizio di più attività professionali.
L'attacco si sposta anche agli avvocati come categoria operante con le tariffe professionali, stabilite per legge, che cessano di essere il riferimento da prendere in considerazione per i compensi del professionista. All'articolo 3, comma 5, lettera d), del decreto legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011 n. 148, infatti sono soppresse le parole: "prendendo come riferimento le tariffe professionali. È ammessa la pattuizione dei compensi anche in deroga alle tariffe". Di fatto viene svilito sia il momento professionale dell'avvocato, ma pone anche molti dubbi sull'applicazione corretta delle tariffe e di quanto dovrà sborsare il singolo per le prestazioni. Si pensi in ultimo che dopo otto anni di attesa, parcelle degli avvocati escluse, il conto per chi si rivolge alla giustizia borghese per ottenere un suo diritto, può superare i 13 mila euro di media!
Duri i commenti del Consiglio Nazionale Forense e degli organismi sindacali dell'avvocatura. Il presidente del CNF, Maurizio de Tilla, ha affermato chiaramente che si finisce così di fare "regali ai poteri forti" come l'abolizione delle tariffe minime e il via libera ai soci di capitale. Secondo de Tilla, infatti, la liberalizzazione delle tariffe non renderà il Paese più competitivo ma solo più precario il lavoro dei giovani, mentre l'ingresso dei soci di capitale apre la strada ai conflitti di interesse e al rischio di "infiltrazioni malavitose". Contraria all'ingresso dei soci di capitale anche la Cassa forense: "l'introduzione delle società di capitali è un attentato all'autonomia e all'indipendenza dell'avvocato e mette a rischio l'equilibrio stesso del sistema previdenziale, volto a garantire il diritto di tutte le generazioni a percepire i giusti trattamenti pensionistici".
Dura anche la reazione degli avvocati, soprattutto civilisti, che hanno annunciato manifestazioni e proteste ad oltranza, cominciando dalla settimana di astensione fino al 21 novembre, ma non mancheranno iniziative anche nel mese di dicembre per dire no alla cosiddetta mediazione obbligatoria anticipata al 1° gennaio 2012 anche per le liti in materia di condominio e sinistri stradali (era inizialmente prevista a partire dal 1° marzo 2012); all'abolizione sostanziale della c.d. Legge Pinto che risarcisce chi ha dovuto attendere più di tre anni per ottenere una sentenza definitiva o, comunque, la conclusione del processo; l'inappellabilità delle delicate controversie in materia di invalidità. Una serie di controriforme che vanno rigettate totalmente e che riducono a brandelli quel che resta della Costituzione democratico-borghese, e precisamente nell'art. 24, che dovrebbe sancire o, potremmo dire, garantiva, il diritto di difesa.

16 novembre 2011