Rapporto Svimez
Il Mezzogiorno si spopolerà nei prossimi anni
Un giovane su quattro emigrerà. Tre donne su quattro non lavorano

Descrive uno scenario ancor più devastante di quello che si poteva immaginare qualche mese fa, il rapporto sull'economia del Mezzogiorno, pubblicato il 27 settembre dallo Svimez, l'Associazione per lo Sviluppo dell'Industria nel Mezzogiorno
In un Sud strangolato dalla crisi e dall'assenza di interventi politici di rilancio, sono i dati sulla disoccupazione, che cresce più velocemente al Sud che nel Centro-Nord, a destare la preoccupazione maggiore. Basti considerare che dei 533 mila posti di lavoro in meno, tra il 2008 e il 2010, ben 281 mila sono nel Mezzogiorno, ben oltre la metà del totale, nonostante nel territorio meridionale siano presenti meno del 30% degli occupati italiani. Su questa cospicua perdita di posti di lavoro incide notevolmente la crisi dell'industria nazionale, il conseguente spostamento di capitali verso altre zone, con la chiusura o "riallocazione" dei siti produttivi meridionali. Nell'industria meridionale si registra un calo di 120 mila addetti. Ai più conosciuti disastri della chiusura di Termini Imerese con la perdita di migliaia di posti di lavoro nella fabbrica, nell'indotto e nei servizi, in Sicilia, al rischio di chiusura di IRISBUS di Avellino in Campania, con i suoi oltre mille dipendenti, si aggiungono una miriade di medie e piccole imprese falcidiate dalla crisi.
E il rapporto ci illustra che sono soprattutto i giovani e le donne a subire gli effetti più pesanti di questa crisi, aggravata dalla mancanza di una strategia di rilancio dell'economia meridionale: il tasso di occupazione della fascia di popolazione tra i 15 e i 34 anni è sceso al Sud nel 2010 ad appena il 31,7%, segnando un divario di 25 punti percentuali con il Nord del Paese che si attesta sul 56,5%. Lo scarto diventa significativamente più grande se lo si considera rispetto al totale della popolazione attiva tra i 15 e i 64 anni.
Le giovani donne sono ancor più penalizzate. Nel 2010, il tasso di occupazione della fascia di popolazione femminile tra i 15 e i 34 anni raggiunge appena il 23,3%. Insomma, nel Mezzogiorno, lavora complessivamente meno di un giovane su tre e tra le giovani donne meno di una su quattro.
Il drammatico allarme lanciato dallo Svimez delinea uno scenario disastroso, nel giro di un ventennio il Mezzogiorno perderà un giovane su quattro. Significa che il Sud rischia di perdere il 25% della sua forza lavoro giovanile e di subire una vera e propria desertificazione economica, oltre che demografica.
Rischia di essere un fenomeno ben più pesante di quello verificatosi nell'immediato dopoguerra e negli anni del "boom" capitalistico quando emigrarono milioni di meridionali verso il Nord Italia.
Uno "Tsunami demografico" lo definisce lo Svimez, già in preparazione da diversi anni, da quando il Sud è entrato in una fase di spopolamento che si affianca e si intreccia con la crisi economica, la minore natalità, la minore incidenza delle emigrazioni dall'estero, gli spostamenti dei giovani meridionali con un maggiore livello di istruzione verso il Nord e l'estero. In sostanza, senza un intervento strutturale per il rilancio dell'economia meridionale e per risolvere l'ormai centenario problema della disoccupazione, soprattutto giovanile e femminile, al Sud, gli attuali 7 milioni di giovani sotto i 30 anni che vivono nelle regioni meridionali si ridurranno a meno di 5 milioni prima della metà del secolo.
Per arginare questa nuova devastante ondata di emigrazione è necessario creare al più presto in tutto il Mezzogiorno una struttura economica simile a quella che possiede il Centro-Nord, attraverso piani straordinari e la destinazione di ingenti finanziamenti pubblici e l'utilizzazione delle aziende pubbliche per lo sviluppo industriale, tecnologico e infrastrutturale, per il rilancio dell'agricoltura e il turismo, per il risanamento del degrado ambientale, rurale e urbano. Bisogna bloccare la desertificazione industriale del Mezzogiorno e piuttosto creare nuovi posti di lavoro stabili, a salario intero e a tempo pieno, secondo le condizioni sancite dal Ccnl, senza deroghe sui metodi di assunzione, l'orario di lavoro, le normative e i trattamenti salariali.
Certo è che il governo del neoduce ha delle pesanti responsabilità politiche verso le masse popolari del Sud. Con i suoi governi, tutti i problemi tradizionalmente legati alla Questione meridionale, compreso quello della disoccupazione, hanno subito un'accelerazione. E per porre un freno allo scempio economico e sociale del Mezzogiorno d'Italia, l'unica soluzione è sollevare la piazza per abbattere il massacratore sociale.
Consapevoli tuttavia che, essendo strutturali al capitalismo italiano, la questione meridionale e il dramma della disoccupazione potranno essere risolti soltanto con la conquista dell'Italia unita, rossa e socialista.

5 ottobre 2011