Paghe di fame, niente diritti e bestiali condizioni di vita e di lavoro
I migranti schiavi di lavoro nero e caporalato in agricoltura

Le campagne italiane diventano sempre più il regno dei caporali. Secondo una recente indagine della Flai-Cgil nel solo comparto agricolo sono oltre 400 mila i lavoratori, principalmente migranti, reclutati dai caporali e almeno 60 mila quelli che vivono in condizioni da schiavitù con paghe da fame, ammassati, senza acqua e vitto adeguato, in alloggi di fortuna privi di luce e servizi igienici. Un fenomeno quello del caporalato che vive in simbiosi col lavoro nero, che ha un'incidenza del 90% nelle regioni del Mezzogiorno, del 50% in quelle del Centro e del 30% in quelle del Nord e che ha una diffusione oggi sempre più capillare in tutta la penisola, persino in regioni che ne erano esenti, come l'Emilia-Romagna, il Veneto, il Trentino.
Il caporale è un intermediario illegale tra il lavoratore e il "datore di lavoro". La sua funzione è di rastrellare manodopera giornaliera e condurla, senza contratto, nei campi o nei cantieri edili abusivi, controllarne il lavoro e riaccompagnarla a fine giornata nei paesi d'origine, distribuendo le paghe da fame dopo aver trattenuto il 50-60% dei soldi consegnati dal padrone. La funzione del caporale comporta un controllo ricattatorio e spesso violento sulla manodopera. Spesso armi in mano sorveglia gli operai, decide le "pause", raziona l'acqua, impone i suoi ritmi. Più i lavoratori riescono a raccogliere, più il caporale guadagna: secondo recenti stime un lavoratore guadagna 3,50 euro per raccogliere un cassone di pomodori da 300 kg; ne guadagna 2,50 se è clandestino. Se va bene il bracciante riesce a portare a casa non più di 20/25 euro al giorno, il resto della paga è trattenuta dai caporali. Emblematico rimane era lo sfruttamento selvaggio della manodopera femminile nelle campagne pugliesi che ha provocato negli anni diverse vittime tra le giovani lavoratrici: nel 1980 tre ragazze di Ceglie Messapica, in provincia di Brindisi, persero la vita in un autobus dei caporali.
Oggi le vittime principali del caporale sono i migranti senza permesso di soggiorno. Quanto più deboli e ricattabili sono i lavoratori, tanto più cadranno nelle grinfie del caporale che ne farà degli schiavi.
Nel gennaio 2010 i lavoratori extracomunitari di Rosarno in Calabria organizzarono una serie di manifestazioni contro i caporali, che sfociarono in durissimi scontri, ma che ebbero come conseguenza nell'aprile successivo l'arresto di 30 caporali.
Ma c'è voluto lo sciopero di Nardò, in provincia di Lecce, dell'estate 2011, dove, secondo dati della Flai-Cgil, il 70% delle aziende agroalimentari si procura la manodopera utilizzando l'intermediazione illecita dei caporali e il 95,8% dei lavoratori stranieri non ha avuto alcun contratto di lavoro, per ottenere un abbozzo di legge sul tema. In realtà si tratta di un solo articolo, il n.12 dal titolo "Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro", del Decreto-Legge 13 agosto 2011, n. 138 "Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo". L'articolo integra il 603 del codice penale e recita: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque svolga un'attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, è punito con la reclusione da cinque a otto anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato".
La legislazione borghese arrivata in ritardo, non tiene peraltro conto in alcun modo della rete mafiosa che gestisce l'intero sistema sempre più lucroso del caporalato e dello sfruttamento della manodopera nelle campagne e il governo Monti non ha previsto, al pari del suo predecessore Berlusconi, concreti interventi per smantellare l'affare della compravendita di bracciati.
E non sembra essere sufficiente a dare un colpo al sistema il recente intervento, impropriamente definito "decreto anti-caporalato", con cui il governo Monti recepisce la normativa europea 2009/52 in materia di sfruttamento del lavoro. Il decreto si limita a dare al migrante taglieggiato dai caporali o imprenditori un permesso di soggiorno "per fini umanitari", rinnovabile fino ad un anno se il migrante denuncia i suoi sfruttatori. Ma come si può pensare che migranti schiavi delle reti mafiose che li prelevano dai paesi d'origine e li consegnano nelle mani di altre organizzazioni mafiose sul territorio italiano, taglieggiati, minacciati, privi di ogni diritto, massacrati fino a 15 ore al giorno, senza la conoscenza della lingua e delle leggi del Paese in cui arrivano, possano far valere il "diritto" contro i propri aguzzini?
Particolarmente pericolosa la norma voluta dal ministro della cooperazione internazionale e dell'integrazione Andrea Riccardi che prevede la possibilità di un "ravvedimento operoso" per il "datore di lavoro", permettendo allo stesso di adeguarsi in tempi congrui alla nuova disciplina, previo pagamento di una somma, per evitare sanzioni più gravi: un modo per derubricare il reato da penale ad amministrativo? Una sorta di condono dello schiavismo per consentire agli sfruttatori di "ripulirsi" e al governo di coprirsi con una foglia di fico?
Bisogna chiedersi poi cosa fanno i governatori in quelle regioni dove il fenomeno è particolarmente diffuso?
Cosa fanno le amministrazioni locali per alleviare le condizioni di vita di quei migranti-schiavi spesso ammassati in fatiscenti casupole nei centri storici del Sud o nei casolari abbandonati delle campagne?
Tutti i livelli amministrativi e di governo dello Stato borghese sembrano essere conniventi con il sistema mafioso del caporalato.
Sono in ogni caso le scelte politiche a monte quelle che hanno consentito al caporalato di assumere l'impressionante dimensione odierna e la qualità attuale di sfruttamento schiavistico del lavoro dei migranti. Per dare un colpo durissimo a tale fenomeno sono necessarie e non più procrastinabili l'abrogazione della Bossi-Fini e l'apertura delle frontiere ai migranti. Parallelamente bisogna abrogare tutte le normative che colpiscono i diritti dei lavoratori stagionali, in primo luogo quelli dell'agricoltura, e l'intera "riforma" Fornero, nonché le controriforme previdenziali e sul lavoro approvate negli ultimi anni. I braccianti agricoli italiani, che in questi mesi sono ripetutamente scesi in lotta, devono mettere con forza all'ordine del giorno la lotta al caporalato, pretendendo interventi governativi efficaci.
In ogni caso è il governo Monti che protegge e alimenta con i suoi interventi ultraliberisti il fenomeno del caporalato: liberiamoci dal governo della grande finanza, della UE e della macelleria sociale!

Firenze, 18 luglio 2012