Milanese (PDL) è accusato di corruzione, associazione a delinquere e rivelazione di segreti d'ufficio
Ordine di arresto per il consigliere di Tremonti, al quale pagava la casa
La Finanza divisa in due cordate. Una risponde a Berlusconi, l'altra a Tremonti
L'assistente di Tremonti è indagato dalla procura di Roma anche per finanziamento illecito al PDL

Marco Milanese, l'ex ufficiale della Guardia di Finanza (GdF), eletto deputato del Pdl nel 2008, braccio destro e consigliere politico del ministro dell'Economia Giulio Tremonti dal 2004 con l'incarico fra l'altro di membro del consiglio di gestione dell'Agenzia delle Entrate e di organismi di vigilanza sulla Rai, le Ferrovie, l'Alitalia e Finmeccanica nonché membro del Comitato per la Politica economica del Pdl; lo stesso Marco Milanese che appena qualche settimana fa è stato il "prezioso testimone" della procura di Napoli che indaga sulla P4 del piduista Bisignani e il "grande accusatore" del generale della Guardia di Finanza, capo di Stato maggiore, Michele Adinolfi nell'ambito dell'inchiesta, è il destinatario di un ordine di arresto spiccato dalla Procura partenopea il 7 luglio che lo accusa di corruzione, associazione per delinquere e rivelazione di segreto.
Secondo il Pubblico ministero (Pm) Vincenzo Piscitelli, Milanese deve essere arrestato perché è un corrotto che ha usato il suo potere per ottenere almeno un milione di euro in contanti, viaggi a New York, Ferrari, gioielli pieni di brillanti e orologi "Patek Philippe" da Paolo Viscione, titolare della società assicurativa Eig a cui Milanese ha rivelato notizie riservate e offerto interventi per rallentare le indagini della GdF sulle attivita di Viscione ottenendo da questi a più riprese favori e denaro fra cui la disponibilità di una Ferrari Scaglietti e di una Bentley più 500 mila euro nel 2004, più altri 450 mila euro e un viaggio a New York per sé e per la sua compagna, Manuela Bravi, portavoce di Tremonti, nel 2009.
Non basta, l'assistente del ministro Tremonti è accusato anche di avere incassato somme ingenti in cambio delle nomine nelle società controllate da Via XX Settembre fra cui spiccano Ferrovie, Alitalia, Rai e Finmeccanica.
Mazzette, regali e favori che Milanese avrebbe diviso con alti ufficiali delle fiamme gialle ancora da identificare.

Il sodalizio con Tremonti
Nella richiesta di arresto inoltrata al parlamento per l'autorizzazione, il Giudice per le indagini preliminari (Gip) Amelia Primavera metteva in rilievo che Milanese è legato da "rapporti assolutamente poco chiari" di natura finanziaria e immobiliare con il ministro dell'Economia Tremonti e che pertanto non può godere del beneficio dei domiciliari in quanto "le dimissioni presentate il 28 giugno scorso dal Milanese non fanno venir meno il pericolo, tuttora concreto ed attuale, di inquinamento probatorio". Domiciliari che invece il Gip ha concesso agli altri due arrestati: il sindaco di Voghera di "centro-destra", Carlo Barbieri, e il commercialista Guido Marchesi, anch'egli di Voghera entrambi coinvolti in una torbida vendita di alcuni immobili posseduti da Milanese in Francia e entrambi poi nominati rispettivamente nei collegi sindacali di Ansaldo Breda, Oto Melara, Ansaldo Energia, Sogin e Sace) e nel consiglio di amministrazione di Ferservizi Spa) probabilmente, sospettano gli inquirenti, dietro pagamento di mazzette a Milanese.
"Le numerose incongruenze relative a tale compravendita - precisa la Procura - hanno consentito di ritenere che Milanese avesse favorito l'attribuzione di incarichi per Barbieri e Marchese in diverse società controllate dal ministero dell'Economia, quali Ferrovie dello Stato, Ansaldo Breda ed Otomelara".

Sovrafatturazioni e finanziamento illecito
Milanese è coinvolto anche nell'inchiesta per finanziamento illecito ai partiti del Gip di Roma Anna Maria Fattori che, il 7 luglio, su richiesta del Pm Paolo Ielo che indaga sullo scandalo delle nomine Enav, ha emesso due ordini di custodia cautelare: uno in carcere per l'imprenditore Tommaso Di Lernia (titolare della Print Sistem e responsabile della Eurotec, già agli arresti per corruzione e fatturazione di operazioni inesistenti nell'inchiesta sugli appalti dell'Enav assegnati a Selex sistemi integrati) e uno ai domiciliari per Massimo De Cesare, amministratore delegato di Eurotec, società che si occupa della costruzione di opere civili. Gli arresti si riferiscono all'indagine sulla vendita a Eurotec di un magnifico yacht, un "Dolphin 64" di 20 metri della Mochi Craft, acquistato in leasing (20mila euro al mese) da Milanese.
Si dà il caso che la Eurotec non è una società qualsiasi. È al centro dell'inchiesta su Marco Milanese della Procura di Napoli e, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la vendita dell'imbarcazione, a un prezzo maggiorato rispetto al suo valore, sarebbe stata la contropartita richiesta da Milanese per la nomina, decisa dal cda di Enav su sua indicazione, dell'ex consigliere di amministrazione dell'ente nazionale di assistenza al volo, Fabrizio Testa, a presidente di Technosky, controllata di Enav.
Testa si sarebbe rivolto a Lorenzo Cola "consigliere globale di Finmeccanica", braccio destro del presidente Pier Francesco Guarguaglini, già finito in carcere lo scorso anno per la vicenda dei fondi neri "Digint", che avrebbe incaricato Di Lernia di occuparsi del compito. Quest'ultimo avrebbe quindi contattato De Cesare che avrebbe concluso l'acquisto della barca pagandola circa 1,9 milioni di euro contro un valore stimato di 1,4 milioni.
A Milanese, scrive il Gip, sarebbero arrivati 224 mila euro "pari al valore della sopravvalutazione dell'imbarcazione, più le spese di gestione e manutenzione fino alla cessione del bene".
Davanti al Pm Milanese ha negato qualsiasi "interessamento nella nomina di Testa" dicendo che era il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, a sponsorizzarla. Ma nel provvedimento di custodia cautelare si parla anche di "un 'sistema' che attraverso il meccanismo della sovrafatturazione o della fatturazione per operazioni in tutto o in parte inesistenti garantiva la creazione di fondi neri da destinare a coloro che erano in grado, per le funzioni svolte, ovvero per la veste politica loro conferita dagli esiti elettorali e da incarichi governativi così assunti di decidere sull'affidamento degli appalti per opera ed attività".
Dalle carte dell'inchiesta emerge che "Sul conto Eurotec risultano disposti n. 11 bonifici, il primo in data 4 dicembre 2008 l'ultimo il 21 maggio 2010 per importi unitari di 15.000 ( complessivi euro 165.000 ) in favore della Fondazione Casa della Libertà sul conto di cui quest'ultima è titolare presso la Cassa di Risparmio di Rieti con sede a Roma, piazza Montecitorio".

La casa del ministro
Ma l'emblema del consolidato sodalizio politico-affaristico instauratosi negli anni fra Milanese e Tremonti è rappresentato dalla scandalosa vicenda inerente la lussuosa casa sita in via Campo Marzio a Roma, a due passi dalla Camera dei deputati, di proprietà del Pio Sodalizio dei Piceni, concessa in locazione a Milanese per un canone mensile di 8.500 euro ma di fatto utilizzato dal Ministro Tremonti, il quale, a sua volta, risulta aver emesso, nel febbraio 2008, un assegno di 8.000 euro in favore del Milanese. Non solo. Nello stesso appartamento, secondo le ricostruzioni della Procura, sarebbero stati eseguiti lavori di ristrutturazione per circa 200mila euro, che però Milanese non ha mai pagato alla società che se n'è occupata. Come mai? Forse perché ad effettuare i lavori, per cui tra l'altro non risulta alcuna documentazione, è stata la Edil Ars, di Angelo Proietti, ossia la stessa società che subito dopo essere finita nel mirino della stessa GdF per alcuni accertamenti, improvvisamente ha cominciato a ottenere lauti appalti dalla Sogei.
In quest'ambito il Pm Piscitelli ha ordinato anche il sequestro di cinque cassette di sicurezza situate presso un istituto romano e appartenenti a Milanese ma il cui contenuto sarà visionabile solo se e quando la Camera voterà a favore della richiesta di autorizzazione per la perquisizione.
Là dentro, sospettano gli inquirenti, si nascondono le prove della corruzione. Un sospetto supportato dalle dichiarazioni della dottoressa Fabrizia La Pecorella, alto funzionario di via XX Settembre che ha riferito: "Sì, Milanese era l'uomo di raccordo tra Sogei e il Ministero".
Il verminaio ministeriale è stato denunciato da Viscione che ad un certo punto ha deciso di non sottostare più alle continue richieste di denaro e regali di Milanese e ha deciso di denunciare tutto alla magistratura raccontando fra l'altro di avere comprato 3 orologi per 44 mila euro, uno dei quali (un "Patek Philippe") sarebbe stato destinato a Giulio Tremonti. In compenso Milanese sarebbe intervenuto sul presidente della Banca Popolare di Milano, Massimo Ponzellini, per favorire il salvataggio della società assicurativa di Viscione e la vendita del gruppo a Gianni Lettieri, candidato sindaco del Pdl a Napoli.
Gli investigatori intendono ora "accertare i collegamenti all'interno della Guardia di Finanza che hanno consentito a Milanese di accedere a notizie coperte dal segreto di indagine nonché per ricostruire l'origine delle disponibilità economiche di Milanese ed altri connessi episodi corruttivi".

La faida interna alla GdF
Nell'inchiesta si segnala tra l'altro un inquietante intreccio con l'indagine sulla cosiddetta P4 dei Pm Woodcock e Curcio. In entrambi i casi le indagini hanno svelato una vera e propria guerra per bande combattuta senza esclusione di colpi all'interno della stessa GdF tra le due cordate che fanno capo, una al presidente del Consiglio Berlusconi e l'altra al ministro dell'Economia Tremonti, che nell'immediato si contendono la nomina del nuovo Comandante Generale del corpo.
È questo lo scenario più preoccupante dell'inchiesta che i giudici napoletani intendono chiarire dopo le affermazioni sui loschi rapporti esistenti tra Milanese, il faccendiere piduista Luigi Bisignani e il generale della Finanza Michele Adinolfi fatte dello stesso Tremonti durante l'interrogato del 17 giugno scorso in qualità di persona informata sui fatti davanti ai Pm John Woodcock e Francesco Curcio, titolari dell'inchiesta sulla P4. Quel verbale, debitamente depositato dai Pm, è stato passato per conoscenza anche all'indagine portata avanti da Piscitelli sul conto di Milanese a proposito del quale il Gip Primavera scrive: "Sotto diverso profilo, ed a conferma di quanto sia ancora poco chiaro il contesto dei rapporti con i vertici della Guardia di Finanza - nel cui ambito è necessario un approfondimento di indagine - va segnalato il contenuto delle dichiarazioni rese, come persona informata sui fatti, dal Ministro Tremonti, il quale ha riferito in merito all'esistenza di 'cordate' esistenti all'interno del Corpo e costituitesi in vista della prossima nomina del Comandante Generale, precisando come alcuni rappresentanti di quel Corpo siano in stretto contatto con il Presidente del Consiglio". Non è tutto: "Soprattutto, per quel che interessa in questa sede - continua il Gip - Tremonti ha riferito come il Milanese sia tuttora in stretto contatto con quei vertici, avendo appreso dagli stessi quanto riferito poi al Ministro ed oggetto del colloquio tra lo stesso ed il Presidente del Consiglio Berlusconi".
Insomma un vero e proprio regolamento di conti interno alla GdF confermato anche dalle dichiarazioni del capo di Stato maggiore della GdF, Michele Adinolfi che al Pm Curcio ha riferito: "Berlusconi mi ha mandato a chiamare dicendomi che il ministro Tremonti gli aveva fatto una 'strana battuta' allusiva paventando il fatto che io tramassi ai suoi danni. In tale occasione ho chiamato Tremonti davanti a me e lo ha rassicurato".
Tremonti era stato già ascoltato il 16 dicembre 2010 dai Pm napoletani che fra l'altro lo avevano informato delle indagini in corso e dei reati contestati a Milanese. Come mai non ha mosso un dito contro il suo braccio destro che invece è rimasto tranquillamente al suo posto e ha continuato a brigare fino a pochi giorni fa nonostante egli stesso avesse già ammesso pubblicamente di aver ricevuto "regali" da alcuni imprenditori?
Se è vero, come ha dichiarato ai giudici di non aver mai ricevuto orologi, regali e soldi da parte di Milanese, perché Tremonti non denuncia il suo consulente per calunnia?
Come mai il ministro non ha ritenuto opportuno lasciare la lussuosa residenza presa in affitto e pagata da Milanese coi soldi delle mazzette e ha traslocato solo quando lo scandalo è diventato di dominio pubblico?
E perché, di fronte all'esplosione dello scandalo, Tremonti intima a Berlusconi di "Non usare con me il metodo Boffo" in riferimento alla guerra di potere in atto nelle Fiamme Gialle?

13 luglio 2011