Continua la protesta per il lavoro e l'ambiente
Minatori sardi barricati per 8 giorni a 373 metri di profondità
Governo e Regione promettono di salvare la Carbosulcis

Dopo otto giorni di occupazione dei pozzi di Nuraxi Figus, a Gonnesa, nel Sulcis, a 373 metri sotto il livello del mare, i 120 minatori della Carbosulcis che dal 27 agosto avevano intrapreso una dura e coraggiosa battaglia contro il governo e la Regione Sardegna per impedire la chiusura della miniera e salvaguardare il posto di lavoro e l'ambiente, hanno ottenuto una prima, importante vittoria.
Al termine di una lunga e partecipata assemblea nella quale si è valutato l'esito dell'incontro avuto venerdì scorso a Roma presso il ministero dello Sviluppo, il 3 settembre i minatori hanno deciso di sospendere l'occupazione dei pozzi e per il momento incassano la parziale vittoria ottenuta.
Ma la mobilitazione continua. I combattivi minatori, infatti, continueranno a presidiare gli accessi alla discarica di ceneri e gessi, bloccando il passaggio dei camion con i residui di lavorazione prodotti dalla vicina centrale Enel di Portovesme per ottenere garanzie certe sul rilancio della miniera e, in particolare, sul progetto carbone-centrale Sulcis che il governo ha chiesto alla Regione di rimodulare per renderlo sostenibile sul piano economico.
La lotta dei minatori dunque prosegue e andrà avanti fino a quando il parlamento non metterà nero su bianco la proroga della scadenza prevista dalla legge 99 del 2009 per il bando di affidamento della concessione e prolungare il lavoro nella miniera. L'attività, in questo modo, non terminerà a fine anno ma, secondo quanto promesso dal sottosegretario allo Sviluppo Claudio De Vincenti: "si potrebbero anche ottenere delle proroghe di sei mesi fino, al massimo, ad un anno", la miniera "non subirà la paventata interruzione dell'attività al 31 dicembre" e il progetto del "carbone pulito" potrebbe aprire nuove prospettive alla vertenza che prevede un finanziamento da 200 milioni di euro in collaborazione con l'Enel per realizzare nell'impianto un deposito di stoccaggio per l'anidride carbonica.
Mentre "La Regione - ha promesso il governatore PDL Ugo Cappellacci - intende fare un'operazione di accompagnamento della realtà esistente verso il futuro... non solo salvare la miniera, ma creare un polo avanzato coerente con la politica di sostenibilità ambientale".
Il progetto integrato con la centrale di stoccaggio dell'anidride carbonica nel sottosuolo è indispensabile, sottolineano i minatori, non solo perché verrebbe garantita la produzione senza rischio di inquinamento, ma perché potremmo incrementare notevolmente la stessa passando dalle attuali 300.000 tonnellate alle 800.000 previste. Questa sarebbe un'ottima soluzione che permetterebbe la produzione a costi ridotti dell'energia elettrica. Ne trarrebbero vantaggio le stesse aziende che attualmente rischiano la chiusura definitiva a causa dei costi elevati dell'energia. È inspiegabile che il governo non si attivi per rendere praticabile questa soluzione. In realtà si tratterebbe di applicare la normativa prevista per la produzione delle energie rinnovabili, come l'eolico o il fotovoltaico.
La dura lotta dei minatori sardi è cominciata con un blitz intorno alle 22.30 di domenica 26 agosto: da quel giorno i minatori, a turno, comprese quattro donne, si sono asserragliati nei pozzi e hanno minacciato di far esplodere i pozzi con la dinamite utilizzata per aprire i varchi nelle gallerie, quasi 700 chili di esplosivo più 1.200 detonatori sotto chiave nella cosiddetta "riservetta", un deposito blindato nel ventre della terra.
Nei giorni caldi dell'occupazione dei pozzi si è sfiorata anche la tragedia: un minatore davanti a giornalisti, fotografi e tv, convocati a -373 metri per una conferenza stampa, si è procurato un taglio a un avambraccio ed è stato bloccato dai suoi stessi compagni. Qualche giorno dopo altri due minatori avevano raggiunto il fondo del pozzo, sfondando quota -400 metri sfidando condizioni proibitive (40 gradi, umidità al 100% e carenza di ossigeno). Per farli desistere c'era voluta l'opera di convincimento delle squadre di soccorso interne alla Carbosulcis, poi la risalita in barella e la corsa all'ospedale.
I combattivi minatori sardi, a cui va la nostra calorosa solidarietà di classe, hanno dimostrato ancora una volta a tutti i lavoratori che senza una dura e prolungata lotta di classe contro il padronato e il governo la classe operaia non può far valere i propri diritti e rispondere all'offensiva capitalista contro le sue condizioni di vita e di lavoro e lo stesso posto di lavoro.
 
5 settembre 2012