Contestata la Commissione difesa del Senato in visita a Vicenza
La mobilitazione No Dal Molin non si arresta
Al corteo del 17 febbraio ci saranno i Comitati No Tav, No Ponte, No Mose, No Nuke. "A Vicenza referendum subito".
Gli Usa ringraziano per Vicenza e Kabul
Se il bugiardo e guerrafondaio Prodi si illudeva col suo editto bulgaro di chiudere d'imperio la vicenda del Dal Molin, e voltare pagina contando sul fatto compiuto e l'isolamento politico dei comitati popolari vicentini in lotta contro l'ampliamento della base americana, ha fatto male i suoi calcoli. La mobilitazione contro la concessione dell'area Dal Molin ai suoi alleati americani per fare di Vicenza il più grande avamposto militare Usa in Europa rivolto contro i popoli del Mediterraneo, del Medio Oriente e dell'Africa, non solo non si è arrestata ma sta prendendo nuovo slancio in preparazione della grande manifestazione nazionale indetta nella cittadina veneta per il prossimo 17 febbraio.
Una manifestazione che si annuncia già imponente, viste le adesioni che crescono di giorno in giorno da tutta la penisola. Particolarmente importante e significativa sarà la partecipazione dei comitati popolari di lotta di altre regioni, come il comitato No Tav della Val di Susa, il comitato No Ponte contro il progetto del ponte sullo stretto di Messina, il comitato No Mose a Venezia, il comitato No Nuke di Scanzano ionico contro il deposito di scorie nucleari, i comitati contro le basi Usa di Aviano e di Camp Darby, tutti scesi subito in campo in appoggio al comitato No Dal Molin, al quale hanno espresso solidarietà incondizionata per una lotta che è anche la loro lotta.
Nell'appello alla mobilitazione per la manifestazione del 17 febbraio lanciato dal Presidio Permanente istituito vicino al Dal Molin, che pubblichiamo integralmente su questo giornale, si denuncia il colpo di mano del governo e il diktat di Prodi, si ripercorrono le combattive e corali manifestazioni di protesta di questi giorni e si ribadiscono i motivi del No all'ampliamento della base americana, sottolineando anche il caloroso sostegno e l'immensa solidarietà arrivati da tutta Italia alla lotta del popolo vicentino: "Il nostro cammino è appena all'inizio. Nulla si è concluso con l'espressione del parere governativo", avverte il documento. Un chiaro monito al governo Prodi, ai partiti di entrambi gli schieramenti parlamentari, agli amministratori locali e al governo americano a non cercare di passare sopra la testa delle masse imponendo decisioni prese senza consultarle e contro i loro interessi e sentimenti.
Si sta facendo sempre più strada la richiesta di un referendum da tenersi subito contro la concessione dell'area Dal Molin ai militari Usa, che però non deve essere "consultivo", come vorrebbero certi partiti di governo non contrari a questa ipotesi, ma deve essere politicamente e operativamente vincolante, altrimenti avrebbe un valore puramente simbolico e di testimonianza, senza alcun effetto pratico sulle decisioni già prese. Al massimo porterebbe acqua al mulino di chi sta cercando di spostare il discorso dalla lotta per respingere la decisione del governo alla trattativa con le autorità americane per "attenuare l'impatto" sulla città della nuova base militare.
Una linea, questa, vergognosamente collaborazionista e compiacente verso le autorità militari Usa, che è portata avanti in prima fila dalla segretaria provinciale vicentina dei DS, Daniela Sbrollini, e dal capogruppo dei DS in Consiglio comunale Luigi Poletto, con l'appoggio diretto di Fassino, infischiandosene delle oltre 80 autosospensioni tra consiglieri, quadri dirigenti e iscritti della Quercia vicentina. Una linea che riecheggia, non a caso, nell'ipocrita quanto ridicola "raccomandazione" del rinnegato D'Alema alla Rice, che a nome degli Usa lo aveva ringraziato per il doppio regalo di Kabul e di Vicenza, di "tenere conto anche delle preoccupazioni da parte della popolazione di Vicenza sull'impatto urbanistico e ambientale della base".
Contro queste manovre congiunte a livello nazionale e locale, che mirano a far accettare alla popolazione il fatto compiuto concedendo solo la possibilità, peraltro illusoria, di trattare la "riduzione del danno" coi padroni americani, le masse vicentine e i comitati No Dal Molin devono stare bene in guardia, consapevoli che la posta in gioco non può essere che quella di andare fino in fondo nella lotta per far rimangiare al governo l'infame decisione presa sulla loro testa. Consapevolezza che hanno del resto ben espresso alla commissione Difesa del Senato che il 25 gennaio si era recata in visita al Dal Molin, e che è stata sonoramente contestata dai manifestanti del Presidio permanente con rumore di pentole, tamburi, fischi e grida di "vergogna, vergogna". La delegazione, guidata dal suo presidente, l'ex dipietrista Sergio De Gregorio, e di cui facevano parte tra gli altri l'ex generale Ramponi (AN) e la finta pacifista Lidia Menapace (PRC), è stata tallonata dai manifestanti fino all'ingresso dell'aeroporto, sbarrato da un nutrito cordone di polizia.
Assai istruttive, comunque, nella loro brutalità, le dichiarazioni fatte durante la visita da De Gregorio, secondo il quale "Prodi era a conoscenza dell'ampliamento della base Usa già dal suo insediamento a Palazzo Chigi". Quanto al referendum, ha aggiunto, "è bene sapere che non esiste alcun tavolo di confronto. La decisione è presa e non è modificabile". Secondo il presidente della commissione Difesa del Senato, infatti, per Prodi "è impossibile tornare indietro sul Dal Molin, anche perché sarebbe un atto ostile nei confronti degli alleati americani".
Ragione di più per dare a tutti e due - a Prodi e ai suoi amici Usa - una dura risposta con una grande partecipazione di massa alla manifestazione nazionale del 17 febbraio a Vicenza.

31 gennaio 2007